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“Pane per Gaza”, donare un’ora di lavoro per garantire cibo ai civili sotto assedio

I sindacati del settore agroalimentare Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil lanciano una raccolta fondi tra i lavoratori per Emergency e Save The Children

In un momento storico segnato da una delle più gravi emergenze umanitarie del nostro tempo, anche il mondo agroalimentare italiano sceglie di non restare in silenzio. Con un gesto corale e concreto, lavoratrici, lavoratori, imprese e organizzazioni sindacali del settore si uniscono per sostenere la popolazione palestinese martoriata dalla guerra e dalla fame. Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil, nei giorni scorsi, hanno annunciato così il lancio dell’iniziativa “Pane per Gaza” che rappresenta, non solo un atto di solidarietà, ma anche una presa di posizione etica e civile: il lavoro e la produzione alimentare si trasformano in strumenti di giustizia e speranza, in risposta a una tragedia che interroga la coscienza collettiva. Con questo progetto, infatti, il settore agroalimentare italiano si unisce per sostenere concretamente la popolazione palestinese, promuovendo una raccolta fondi a favore delle attività umanitarie del Patriarcato latino di Gerusalemme, Emergency e Save the Children. In particolare, l’iniziativa invita lavoratori e imprese a donare l’equivalente di un’ora di lavoro, in un gesto collettivo di solidarietà.
I sindacati ricordano l’aggravarsi della crisi nella Striscia, dove oltre 64.000 civili, tra cui migliaia di bambini, hanno perso la vita e meno del 5% dei terreni agricoli è oggi coltivabile.
Alessandro Manno, responsabile Paese Emergency per i territori occupati, sottolinea l’urgenza di un intervento immediato per fermare la catastrofe, mentre Giancarla Pancione, fundraising, marketing & brand director Save the Children, denuncia l’uso della fame come arma di guerra e il dramma dei bambini, sempre più spesso desiderosi di cibo e persino della morte.
“Pane per Gaza” è “un gesto concreto di solidarietà, giustizia e umanità, un segnale forte contro l’indifferenza delle istituzioni internazionali”, concludono i sindacati dell’agroindustria.

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