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Panorama

Destinazione vino ... dalla Petite Arvine aostana all’Aglianico del Taburno, passando per strepitosi lambruschi e prosecchi briosi, 20 scommesse di “Panorama” da scoprire al Vintaly ... Il criterio è lo stesso buono per una visita al Louvre Anziché sfiancarsi e frastornarsi cercando di vedere il possibile e l’impossibile, arrivare con un’idea precisa e una mappa circostanziata e uscirne freschi e soddisfatti con la certezza di avere sfruttato al meglio tempo e forze. in occasione del Vinitaly (25-28 marzo), Panorama ha scelto un itinerario attraverso una selezione di vini originali e inconsueti, interessanti per il rapporto tra qualità e prezzo. Un itinerario che, in più, può costituire la prima tappa di un progetto destinato a occupare piacevolmente ore di ricerca e assaggio nel corso dell’anno.
Vini non banali, tendenzialmente poco noti se non nel giro degli addetti ai lavori; vini che, tranne qualche rara eccezione, non si fregiano di particolari premi o riconoscimenti, che non provengono di vitigni internazionali, ma che, ciascuno nella propria denominazione, sono provvisti di una propria storia, particolarità e identità significativa nel panorama del vino italiano contemporaneo. Vini godibili subito, di stile classico, di stile più moderno e sperimentale, qualcuno “naturale”, dal biologico al biodinamico; vini di prezzo abbordabile che difficilmente si trovano nella grande distribuzione e che vale la pena assaggiare e dandosi da fare con l’aiuto di enoteche di fiducia o con un pellegrinaggio nelle cantine dei produttori. Il consiglio, girando per il Vinitaly, è tenere in tasca questa lista di 20 etichette, scelte in un ideale giro d’Italia dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, come un vademecum per cercare, sperimentare e capire quali sono le tipologie di vini che piacciono da mettere in cantina o da bere subito. Non è detto che ci siano tutti, ma la segnalazione resta valida.
Il pellegrinaggio inizia dall’universo dei bianchi, compagni ideali dei piatti che vengono dall’Oriente, a cui si aggiungono le incursioni delle spezie esotiche nella nuova cucina italiana. Se c’è una regione della quale si può dire che i suoi vini sono nati dalla volontà e dalla caparbietà che ha rubato”della montagna pochi metri di terrazze coltivate, questa è la Valle d’Aosta, E pure la vocazione di alcuni vitigni autoctoni a bianchi profumati di grande qualità è una delle belle scoperte di questi ultimi anni. In particolare per la vivacissima “petite arvinet, della quale Elio Ottin, che da quattro anni ininterrotto la tradizione familiare del conferire le uve alla cooperativa locale per produrre in proprio, si è rivelato un eccellente interprete. La sua Petite Arvine 2010 (da 13 euro) è fresca, profumata, morbida e piacevolmente acidula. Tutt’altra storia per il Piemonte dove però, mentre abbondano i paralleli con la Borgogna per i rossi di grande carattere, non esiste un vitigno di livello tale da avvicinarsi ai suoi mitici Chardonnay. Tuttavia una bella denominazione, semisconosciuta eppure da annoverare tra i bianchi migliori, è l’Erbaluce, di cui Benito e Camillo Favaro danno una versione d’autore con Le Chiusure 2010 (da 8 euro), ricco, dinamico, capace sia di dare profondità a un risorto sia di accompagnare un fitto di pesciolini di lago. Al confine tra Piemonte e Liguria il Cortese, vitigno ricco di personalità, è interpretato in maniera moderna ma aderente alla sua denominazione storica e nobile da Stefano Moccagatta con il suo Cavi del Comune di Cavi Monterotondo Villa Sparina (da 29 euro), un bianco originale che vale il suo prezzo: aguzzo, vivace con una nota finale quasi piccante. La Lombardia è un podio importante e affollato per le bollicine, ma cambiando versante, a Sirmione, sul Garda, a Cà dei frati da più di quarant’anni si concentrano le energie sull’espressività del Lugana. Il Brolettino 2009 (da 12 euro), elevato in botti di rovere, verdolino, leggermente vanigliato, promette di reggere bene a parecchi anni di invecchiamento. Campione di magnifici vini bianchi fruttati, dove dominano la rosa e il lychee, l’Alto Adige ha in Manni Nòssing un protagonista audace, innovativo, sensibile alle tendenze del mercato, come quella di diminuire la carica alcolica, preservando il carattere ma aumentando la bevibilità. Il Valle Isarco Kerner 2010 (da 12 euro) trasmette la personalità in vigna e in cantina del suo produttore che non si siede su una generica piacevolezza ma tocca una elegante aromaticità. Non cede al luogo comune della piacevolezza al femminile neppure il Moscato rosa Athesis 2008 (da 14 euro) di Kettmeir, i cui vigneti risalgono le colline intorno al Lago di Caldaro, benedette da un’esposizione che sviluppa un colore coiposo e una dolcezza mai stucchevole che gli permette di accompagnare non solo i dolci di frutta ma anche formaggi, fegato grasso, risotti. Le bollicine più accattivanti per il pubblico giovane sono quelle cedevoli del Prosecco che ha la sua zona d’elezione sulle colline di Valdobbiadene: ci sono aziende fondate a fine Ottocento, oggi con centinaia di ettari di terreno come Bisol, e chicche nate da poco con qualche ettaro di vigneto come Bianca Vigna che fanno un Prosecco superiore brut brioso (da 9 euro) con rinfrescanti note di mentuccia, adatte all’ora e agli sfizi dell’aperitivo. In una grande terra di vini bianchi come il Friuli, i vitigni tradizionali sono sempre stati un fiore all’occhiello di artigiani del vino piccoli per numeri ma grandi per ispirazione. Tra questi merita un posto speciale Dario Raccaro con il Vigna del Rolat, un cm di Tocai friulano impiantato all’inizio del secolo scorso dalla quale nascono le 27 mila bottiglie dell’esaltante bianco 2010 (da 14 euro) da procurarsi direttamente in cantina.
Tra i vini ideali per accompagnare l’universo ittico, dal fitto ai brodetti, svetta il Verdicchio dei Castelli di Jesi classico riserva Villa Bucci (da 30 euro), un riferimento per capire le potenzialità del Verdicchio, capace di aumentare di incisività invecchiando. Un balzo verso Sud per approdare in Irpinia a Montefalcione, vicino ad Avellino, in un vigneto di Piano le cui uve sostano a lungo in botticelle di acacia anziché del classico rovere per un capriccio del produttore, che poi imbottiglia senza filtrare. Ne esce l’affascinante bianco da invecchiamento Vino della Stella 2009 di Joaquin (da 24 euro), solo 3.300 bottiglie destinate a chi le merita avendo avuto la costanza di cercarle per assaggiare qualcosa di diverso dai Fiano modaioli e stracotti. A vignaiolo temperamentale e creativo fa giusto contrasto il Cerasuolo 2010 di Valentini (da 29 euro), la più antica cantina abruzzese, vinificato secondo la vecchia tradizione magnifico per colore e ricco di una verve che lo rende ideale sui salumi e piatti di pasta con sughi di pesce. L’universo dei rossi si apre con,il profumo “fine di viola” che caratterizza il Gattinara, una docg limitata al territorio della provincia di Vercelli dove la famiglia Travaglini, dopo avere fatto parte degli apripista dei vini italiani, continua a rinnovarsi come immagine “qualità del lavoro artigianale Il Gattinara 2007 (da 19 euro), vino base della casa, è la dimostrazione di come grandi numeri, prezzo e qualità possano andare d’accordo. La sua profondità accompagna magnificamente i piatti piemontesi invernali. Poi, naturalmente, c’è il Bararesco, con tutto ciò che rappresenta tra i vitti piemontesi di culto, eppure capace di proporsi in interpretazioni nuove in termini di eleganza, freschezza, elasticità, come nel Barbaresco 2007 (da 28 euro) Rizzi. Le uve, privilegiate per terreno ed esposizione, sono lavorate in modo classico, ma senza puntare a una severità e a una concentrazione oggi superate. Cambiano i vitigni ma non il feeling dalla parte opposta dell’arco alpino, verso il Friuli, dove si esercita l’arte di dare carattere al Pinot. Erano determinati a riuscirci Flavio Basilicata e sua moglie quando trent’anni fa acquistarono un casale con pochi ettari di vigna a Prepotto, vicino a Udine. Adesso il loro Pinot nero 2009 Colli orientali del Friuli (da 22 euro). Le Due terre è il migliore d’Italia con un bouquet ispirato, naturale, capace di rinnovare il palato sorso dopo sorso con tannini sottili. Ma anche vini a lungo considerati minori hanno fatto passi da gigante. Quelli per esempio che quando sentono parlare di Lambmsco immaginano solo merende studentesche sui colli bolognesi, e quando sentono nominare la Barbera vedono una partita a scopa tra pensionati in una piola piemontese. Invece nella zona di Sorbara la Cantina Paltrinieri produce un invitante Lambrusco di Sorbara Radice (da 6 euro) fermentato in bottiglia di strepitoso rapporto qualità-prezzo. Sorsi vivi, euforizzanti, in cui si ritrova la freschezza dei frutti rossi immersa in una frizzantezza sottile. Per i toscani e per la sua parte più rude, la Maremma, la triade “divina” è costituita da bistecca, pane sciocco e un bicchiere di Sangiovese come quello del Montecucco riserva Lombrone 2007 (da 29 euro) di Collemassari, un’azienda con circa 80 ettari di vigneti fra i meglio esposti sulle colline di Montecucco. Una cifra equa per un vino che costituisce un classico nell’enologia della zona con le note speziate e i tannini che rilanciano il palato. Ci sono vini per i quali la scaraffatura è un gesto puramente scenografico, ma per il Montepulciano d’Abruzzo 2008 di Emidio Pepe, vignaiolo tradizionalista tutto d’un pezzo, è una necessità. Solo dopo avere riposato e respirato perde quelle “puzzette” che si ritrovano anche in certi Barolo d’antica fattura, e rivela il suo tessuto profondo e damascato, adatto a robusti piatti di carne. La profondità aumenta giungendo a Sud sulle pendici del Monte Péntine, in provincia di Benevento, dove Nifo Serrapochiello da oltre 10 anni coltiva 12 ettari dì sua proprietà con il regime biologico. Fiano e Falanghina sono ottimi bianchi, ma l’Aglianico del Taburno d’Erasmo riserva 2007 (da 14 euro) è stato classificato il migliore dell’anno dalla Guida dei vini de L’Espresso. Scendendo ancora, verso Gioia del Colle si incontra il Primitivo 17 Polvanera (da 17 euro), dove 17 indica una gradazione alcolica dalla quale i vini pugliesi hanno cercato di emanciparsi, ma che nell’interpretazione di questa cantina moderna ed evoluta assume il significato di una testimonianza che affascina con la sua avvolgenza i palati anglosassoni, che apprezzano i vini da meditazione, da sorseggiare in modo parco su agnelli e capretti. Per chiudere, il meno “meridionale” dei rossi siciliani per le sue noti fruttate senza pesantezza: il Cerasuolo di Vittoria classico 2009 di Valle dell’Acate (da 10 euro), piccola e nobile denominazione siciliana che nel bicchiere racconta cosa possono esprimere i vigneti dell’isola nelle mani della nuova generazione di vignaioli giovani e capaci.

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