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ATTUALITÀ

Primi segnali positivi per il vino sfuso nel 2024: crescono i bianchi e gli acquisti dagli Usa

World Bulk Wine Exhibition: il 2023 è stato un anno difficile per le spedizioni dei grandi quantitativi, ma adesso ci sono nuove opportunità
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Segnali positivi per il vino sfuso, soprattutto per i bianchi

Il 2024 potrebbe essere l’anno del riscatto per quanto riguarda l’import e l’export di vino? Cautela, in primis, perché dopo un 2023 per certi aspetti complicato, e con delle problematiche non ancora risolte, dall’inflazione alle tensioni geopolitiche internazionali fino al cambiamento dei consumi, non è arrivato ancora il momento di sbilanciarsi in previsioni, così come quello delle alte aspettative. Ma dei segnali, positivi, ci sono e meritano di essere evidenziati in un 2024 che, al momento, almeno per il vino italiano, ha mostrato un’incoraggiante inversione di marcia per quanto riguarda l’export. Facendo un passo indietro, come riporta la “World Bulk Wine Exhibition” (evento di settore la cui edizione n. 16 si terrà ad Amsterdam il 25 e 26 novembre 2024) a detta di tutti, il 2023 è stato un anno commerciale difficile per le spedizioni dei grandi quantitativi di vino, con la maggior parte dei principali Paesi importatori che hanno registrato un calo a volume e valore degli acquisti. Tuttavia, per il 2024, stanno arrivando alcuni segnali positivi che si possono tradurre in nuove opportunità, grazie alla crescita dei vini bianchi, al mutamento della situazione australiana ed agli acquisti dagli Usa.
I principali sette Paesi importatori di vini sfusi al mondo, ad eccezione della Germania (+5% in volume, ma -1% in valore), vedono tutti dati in calo nel 2023. In Germania, che è il primo Paese importatore di vini sfusi al mondo, la Spagna detiene il 40% del totale delle importazioni in volume, seguita dall’Italia con il 33%, che supera di gran lunga Francia (6%) e Sud Africa (5,5%). Nella seconda nazione importatrice di sfusi, il Regno Unito, si assiste ad un completo rimpasto “geografico”, con una netta preferenza per il Nuovo Mondo: l’Australia è in testa, con il 33% delle importazioni totali (sfusi e bag in box), pari a 4.630.000 ettolitri (-7%), seguita da Cile (13%), Sud Africa (13%), Stati Uniti (11,5%) e Nuova Zelanda (6,5%). Al contrario, la Francia, terzo Paese importatore di vini sfusi, si rifà ad un modello europeo più “tradizionale”: qui la Spagna detiene una quota dominante del mercato (74%), ma le importazioni di vino sfuso sono diminuite del 4% lo scorso anno, raggiungendo i 4,4 milioni ettolitri. Dall’altra parte dell’Atlantico, anche gli Usa hanno acquistato meno vino sfuso (bag in box compreso) nel 2023, con un calo significativo del 18% a 4,08 milioni di ettolitri e valori in crollo (-25,5%). Le spedizioni bag-in-box verso il principale Paese consumatore mondiale hanno sofferto, con un calo del 13,5%, anche se le vendite a valore hanno resistito (+5,5%). A parte l’Italia, che ha seguito una tendenza simile e ha ridotto le sue importazioni di prodotti sfusi del 14,5% (nel Belpaese la Spagna è leader tra gli importatori degli sfusi con il 91%), sempre lo scorso anno, un altro mercato in calo degno di nota è stato quello della Cina. Qui nel 2023 le importazioni di vino sfuso sono crollate del 18% in volume a 910.000 ettolitri e del 32% in valore: il fornitore principale è il Cile con una quota del 79%, il resto è suddiviso tra Francia, Spagna, Sud Africa e Australia.
Il commercio di vino sfuso, come del resto tutto il commercio globale del vino, è stato senza dubbio condizionato, lo scorso anno, dagli stessi trend negativi che hanno interessato l’intero mercato mondiale del settore. La contrazione della spesa al consumo, la spirale dei costi, l’incertezza economica prevalente dovuta alle tensioni geopolitiche e la tendenza di fondo verso un consumo di alcol più moderato hanno avuto un impatto negativo sulle spedizioni. In questo contesto, gli acquirenti hanno agito per soddisfare solo le loro esigenze immediate ed a breve termine. Ma sembra comunque emergere un barlume di speranza. Nel suo ultimo rapporto mensile, la società di brokeraggio internazionale Ciatti Company, uno dei big player mondiali del segmento, ha spiegato che “il mercato globale del vino sfuso arriva alla metà del 2024 con livelli di attività apparentemente più sani rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso”. Due i fattori principali citati: il relativo equilibrio tra domanda e offerta di vino bianco generico, che nei principali Paesi produttori ha consentito ai fornitori di compensare, almeno parzialmente, i cali dei vini rossi; e la rimozione da parte della Cina, a marzo, delle tariffe “punitive” sull’Australia e che ha, di fatto, ridato vigore alle spedizioni di vino rosso australiano. A ciò va aggiunto che le spedizioni globali di prodotti sfusi verso gli Stati Uniti sono aumentate del 6% in volume e del 20,5% in valore nel primo trimestre di quest’anno. Le tendenze negative del mercato non si invertiranno da un giorno all’altro, ma questi segnali positivi potrebbero rafforzare la fiducia degli acquirenti. Inoltre, come sottolinea Ciatti, “l’abbondanza di vino sfuso a prezzi accessibili, dalle qualità standard a quelle premium offre opportunità per nuovi marchi e innovazione di prodotto”.

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