Il cambiamento che diviene elemento costante del settore, così come la sua resilienza; un futuro che non può fare a meno, perché così è sempre stato, della scienza e dell’apprendimento. Ed ancora, variabili come produzione e consumo che si sono mostrati in continua evoluzione, l’influenza del cambiamento climatico con gli impatti che si stanno accumulando in un comparto che è parte integrante del commercio internazionale e che deve avere uno sguardo a lungo termine; l’influenza della globalizzazione e dell’export. Sono dei temi che abbracciano l’analisi retrospettiva delle tendenze mondiali nel vino pubblicata dall’Oiv, l’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino, un “viaggio” lungo cento anni e che mette insieme i dati raccolti da 79 Paesi produttori di vino. I primi risultati - il prossimo anno sarà a disposizione il report completo con l’uscita di una pubblicazione speciale - sono stati presentati dal direttore generale John Barker, tra gli eventi del centenario dell’Oiv, fondata nel 1924, insieme alle stime produttive della vendemmia 2024.
Qual è stata l’evoluzione del settore? A livello di superficie vitata, se nel 1924 il totale del vigneto mondiale superava i 6 milioni di ettari, nel 2023 si è andati oltre 7 milioni, meno comunque del “boom” verificatosi a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta del Novecento quando furono superati i 10 milioni (il 1978 è stato l’anno “top”). Da quel momento è iniziato il declino, in termini quantitativi, del vigneto europeo che si è dimezzato scendendo (nel 2023) sotto i 4 milioni di ettari.
Oscillazione è il termine che può essere utilizzato anche per la produzione di vino, che era inferiore ai 200 milioni di ettolitri nel 1924, e si è attestata a quasi 250 milioni di ettolitri nel 2023. Nel 1979 venne toccato il punto più alto, 385 milioni di ettolitri, di questi oltre 300 milioni si producevano nel Vecchio Continente, sceso, nel 2023, a poco più 150 milioni di ettolitri. Osservando il grafico della produzione mondiale di vino 1924-2023, Nord America, Sud America e Oceania sono cresciuti considerevolmente, e lo stesso si può dire dell’Asia, che, però, nell’ultimo decennio è in forte calo.
Un secolo che ha quindi visto nascere nuovi Paesi produttori e caratterizzato dal fenomeno delle esportazioni. L’Europa è sempre stata leader per quanto riguarda i consumi di vino, ma se nel 1924 questi superavano i 150 milioni di ettolitri, nel 2023 sono andati sotto questa soglia. A livello mondiale la stima è superiore ai 230 milioni di ettolitri, e se in Nord America un secolo fa erano praticamente a “zero”, lo scorso anno hanno toccato i 40 milioni di ettolitri. Nei consumi l’Europa ha perso, in parte, il proprio peso pur essendo saldamente in testa: nel decennio 1924-1933 questi provenivano per il 90,9% dal Vecchio Continente, nel decennio 2014-2023 sono scesi al 60,1%. Cresce il Nord America arrivato al 16,8%, bene anche l’Asia (9,7%), e tutti gli altri continenti sono comunque con il segno positivo rispetto ad un secolo fa. Ma il trend generale appare in calo: a livello mondiale nel 1974-1983 si erano raggiunti consumi per 292 milioni di ettolitri, nel 2014-2023 il dato parla di 237 milioni di ettolitri.
L’export per il mondo del vino, poi, spiegano in numeri Oiv, rappresenta un fattore sempre più determinante. E se era quasi marginale nel 1924 (sotto i 20 milioni di ettolitri) è schizzato nel 2023 ad oltre 100 milioni di ettolitri, con l’Europa che copre oltre i due terzi del totale. Ad influire è l’effetto globalizzazione, e, se l’Africa un secolo fa era il continente che esportava di più (54,2%) oggi è la “maglia nera” (4,6%), con tutti i continenti che stanno “rosicchiando” qualcosa all’Europa passata dall’88,6% del decennio 1974-1983 al 69,4% di quello 2014-2023. Dati e letture di massima, in attesa di quelle più puntuali, che ricordano, però, come il settore del vino, che ad uno sguardo a breve termine sembra sempre ancorato alla tradizione e poco incline al cambiamento è stato, da sempre in costante cambiamento.
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