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Quando la virtù sta in “mezza” … bottiglia: gli americani la propongono da tempo anche nei ristoranti più raffinati, in Italia non è ancora tanto utilizzata … Ma la moda sta lentamente cambiando

Italia
I diversi formati di una delle etichette storiche del Brunello di Montalcino, la Castello Banfi

Il copione è quello classico della cenetta a due al ristorante. Protagonisti un lui e una lei con una piccola grande differenza: uno beve, l’altro no. Di fronte alla scelta se ordinare o meno il vino le strade sono due: l’edonista rinuncia al suo piacere (nascondendo a malapena il disappunto e rimpiangendo il perduto nettare ad ogni boccone), oppure decide di prendere una bottiglia che resta colma a metà. Stesso scenario, situazione analoga: quante volte capita di scegliere dal menu un antipasto o un primo di pesce seguito da un secondo di carne? Ecco allora che si cerca disperatamente nella lista dei vini quello che si abbini ad entrambe le portate, puntando ad un’improbabile quadratura del cerchio che lascia spesso insoddisfatti. Ancora: quali sono le alternative di chi si trova a mangiare fuori da solo e desidera una buona etichetta a fargli compagnia? O sceglie un vino per poi lasciarlo in gran parte sul tavolo oppure pasteggia ad acqua.
Tre casi diversi con un’unica soluzione: la mezza bottiglia. Gli americani, popolo decisamente pragmatico, la propongono da tempo persino nei ristoranti più raffinati. E con grande successo, vista l’altissima percentuale di single che grazie all’elevata capacità di spesa e all’abitudine di mangiare fuori costituiscono un mercato troppo appetibile perché gli esperti di marketing se lo lascino sfuggire. Così le bottiglie piccole non solo sono diffuse, ma vengono considerate assolutamente cool.

Gli amanti del vino d’oltreoceano non si scompongono minimamente di fronte alle reazioni dei puristi italiani, che quando sentono parlare della misura da 375 centilitri storcono il naso e gridano allo scandalo. Già, perché la mezza bottiglia non è il contenitore ideale per il vino, almeno per quello di un certo livello. Non è idonea al lungo invecchiamento, ha dei costi proporzionalmente superiori (non la metà della misura classica, ma almeno un 20% in più) e non è ben vista da chi continua ad associarla a vini di scarsa qualità. Così i produttori nostrani nicchiano, e al contrario della Francia dove la bottiglia piccola è largamente usata, in Italia sono poche le aziende che la inseriscono nel proprio catalogo.

Ma i tempi cambiano, il vino è di moda, e visto il numero crescente di persone che si informano, scoprono, leggono e soprattutto acquistano, anche produttori e ristoratori stanno valutando con attenzione i pregi della misura ridotta. La cultura della qualità si persegue anche offrendo ai consumatori la possibilità di conoscere nuovi vini, di sperimentare abbinamenti inusuali, di assaggiare più bottiglie nello stesso pasto senza spendere cifre da capogiro. I ristoranti si adeguano alle richieste di una clientela sempre più preparata ed esigente, e si diffonde la formula del vino a bicchiere, con grande felicità di chi finalmente può togliersi lo sfizio di provare accostamenti differenti ad ogni portata. Assodato che la mezza bottiglia non va bene per etichette di altissimo “lignaggio” (e anche qui c’è chi la pensa diversamente: alle sfilate milanesi e parigine dello scorso anno stilisti e modelle hanno lanciato la bottiglia mignon di champagne da bere con la cannuccia, adottata nei locali più trendy di tutta Europa) si comincia a prenderla in considerazione per tutte le altre tipologie di vino, che nel nostro Paese sono molte e di ottimo livello.

La filosofia del buon bere non può essere riservata a pochi eletti, e la sua diffusione passa attraverso l’opportunità di provare al ristorante vini diversi e ad un prezzo ragionevole. Tutta pubblicità per i produttori e le loro etichette, e una grande soddisfazione per i cultori di Bacco, non più costretti ad abbandonare a malincuore bottiglie mezze piene…

Eleonora Ciolfi

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