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Rapporto Censis: nell’Italia “dello zero virgola” che non ritrova il gusto del rischio, ma in cui comunque si torna ad investire e consumare, chi si inventa qualcosa con quella creatività tipicamente italiana, spesso lo fa nel mondo della gastronomia

Nell’Italia “dello zero virgola”, che non ritrova il gusto del rischio, ma in cui comunque si torna ad investire e a consumare, come spicca il rilancio del primato della politica (ma la crisi dialettica con la società resta forte) chi si inventa qualcosa, con quella creatività tipicamente italiana, e per lo più da singoli o in gruppi piccoli e locali, non più in collettività, spesso lo fa nel mondo della gastronomia. Con la crisi gli italiani hanno risparmiato (molto: nelle banche giacciono qualcosa come 4.000 miliardi di euro di riparmi), e se ora si torna ad investire sul mattone ed in beni durevoli, chi può mettere a reddito il patrimonio immobiliare inventa nuove forme di imprenditoria coniugando gastronomia e turismo (sono 560.000 bed & breakfast con un rispettabile fatturato di 6 miliardi di euro), design e artigianato, moda e piattaforme digitali. Le imprese investono nella green economy, si sperimentano le forme più innovative di sharing economy i borghi puntano sul turismo, ed emerge l’intreccio tra successo gastronomico e filiera alimentare. Nei consumi che restano al palo, gli acquisti che ripartono, accanto alle auto, riguardano gli elettrodomestici (per la prima volta dall’inizio della crisi la quota di famiglie italiane che nell’ultimo anno hanno aumentato la propria capacità di spesa è superiore a quella delle famiglie che l’hanno ridotta, 25% contro 21%), e tra i canali si fa strada il web: sono 15 milioni gli italiani che fanno acquisti onoline, e di questi 2,7 milioni nell’ultimo anno hanno comprato prodotti alimentari. Cambiano anche i “piani terra” delle città, meno negozi di abbigliamento o ferramenta, più take away (+37% tra il 2009 e il 2015), ristoranti (+15,5%), bar (+10%), gelaterie e pasticcerie (+8,2%), con il cibo sempre più pervasivo nella nostra vita, per il ridotto capitale necessario per avviare queste attività e grazie all’iniziativa degli stranieri. Emerge dal Rapporto Censis n. 49 che disegna una sorta di “limbo italico”, dice il presidente Censis Giuseppe De Rita, citando Filippo Turati, fatto di “mezze tinte, mezze classi, mezzi partiti, mezze idee e mezze persone”, in un’Italia con molte ombre e qualche luce, dove la ripresa economica non decolla e gli italiani, anche quelli che hanno i soldi, sono ancora timorosi di investire e di spendere (a 5 milioni di famiglie i conti non tornano, e nel lavoro è emergenza per i giovani). Motivo per cui il Paese ha perso la capacità di progettazione per il futuro e di disegni programmatici di medio periodo, mentre vince la pura cronaca.
Ma non tutto è perduto. Costretti ancora una volta ad arrangiarsi, facendo ricorso ai pilastri di sempre, come la saggezza popolare e la capacità inventiva - qualcosa dell’Italia migliore rimane: lo scheletro contadino - i vincenti sono coloro che in questa fase di ristrettezza piuttosto che trincerarsi dietro una posizione difensiva hanno colto le opportunità della globalizzazione, a cominciare da quelle offerte dall’esportazione (l’export vale il 29,6% del Pil), e riescono ad “inventare un nuovo stile italiano” attraverso l’“ibridazione”, trasformando settori trazionali, coniugando “qualità, saper fare artigiano, estetica, brand”. I settori vincenti? I produttori di macchine e apparecchiature, con un surplus di 50,2 miliardi di euro nel 2014, l’agroalimentare, con un aumento del 6,2% dell’esport nei primi otto mesi di quest’anno, l’abbigliamento, la pelletteria, i mobili, i gioielli. E poi un settore trasversale per vocazione, quello creativo-culturale, con 43 miliardi di export.
“La politica ha fatto un atto assolutamente coraggioso, rischioso e da valutare positivamente - sostiene De Rita - uno che si gioca tutta la sua carriera sul rilancio del primato della politica, sulle riforme, sugli interventi su ogni settore, sul decisionismo non va criticato; solo Craxi aveva avuto, 30 anni fa, lo stesso coraggio. Non c’è nessuna critica all’atto coraggioso, ma la politica si è affezionata alla cronaca, al titolo del giorno dopo, allo zero virgola. Ma la gente non vede la differenza tra lo zero virgola uno e lo zero virgola due degli indicatori economici. La politica doveva esaltare anche le piccole cose per favorire la ripresa. È più interessante capire come gli italiani hanno riconquistato il mercato del vino piuttosto che lo zero virgola. Questa società - ha concluso De Rita - si muove su processi che non corrispondono ai processi voluti dalla politica, è una società autrice di se stessa, va per proprio conto. Non è più la politica che dà impulso alla società”.

Focus - Coldiretti: “enogastronomia “X factor” Italia”
Il record storico delle esportazioni alimentari made in italy conferma che “il vero X factor” sta in una rinnovata ibridazione di settori e competenze tradizionali che produce un nuovo stile italiano con il successo della gastronomia italiana che ha agganciato lo sviluppo della filiera agroalimentare, legandola anche al turismo, alle bellezze paesaggistiche e culturali del Paese, grazie anche al volano delle piattaforme digitali. Lo afferma anche la Coldiretti nel commentare il Rapporto del Censis sulla situazione sociale del Paese dal quale emerge il protagonismo dell’agroalimentare nella ripresa del Paese.
L’export agroalimentare è cresciuto di 8 punti percentuali, quasi il doppio dell’aumento fatto registrare dal made in Italy nel suo insieme nei primi 9 mesi del 2015 per raggiungere a fine anno, stima la Coldiretti, il record storico di 36 miliardi di euro. Ma la tendenza positiva si registra anche a livello nazionale dove le città cambiano il look con un vero boom registrato di esercizi alimentari, e con più di quattro pizzaioli su dieci si tratta di un’opportunità di integrazione anche per gli stranieri che vengono dall’estero dove la domanda di cibo made in Italy passa anche attraverso internet.
Un risultato sostenuto dal fatto che l’Italia è l’unico Paese, sottolinea la Coldiretti, che può vantare 275 prodotti a Denominazione di origine (Dop/Igp) oltre a 4.886 prodotti tradizionali censiti dalle Regioni, ma è anche al vertice della sicurezza alimentare mondiale. Il modello produttivo dell’agricoltura italiana è campione anche nella produzione di valore aggiunto.
Il valore aggiunto per ettaro realizzato dal settore è, sottolinea la Coldiretti, più del doppio della media Ue-27, il triplo del Regno Unito, il doppio di Spagna e Germania, e il 70% in più dei francesi. Non solo: siamo i primi anche in termini di occupazione, con 7,3 addetti per cento ettari a fronte di una media Ue di 6,6 (elaborazione su dati Commissione Europea).
Un percorso reso possibile, conclude la Coldiretti, dal grande sforzo di rinnovamento dell’agricoltura italiana dove una impresa su tre è nata negli ultimi dieci anni con una decisa tendenza alla multifunzionalità, dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche agli agriasilo, ma anche le attività ricreative come la cura dell’orto e i corsi di cucina in campagna, l’agricoltura sociale per l’inserimento di disabili, detenuti e tossicodipendenti, la sistemazione di parchi, giardini, strade e la cura del paesaggio o la produzione di energie rinnovabili.

Focus - Confederazione Italiana Agricoltori: “l’Italia riparte con patrimonio agroalimentare, ora continuare a investire”
In una fase in cui la crescita generale dell’economia nazionale stenta a decollare, l’agroalimentare made in Italy con la sua forte spinta di internazionalizzazione, i suoi legami con il turismo, la cultura e le bellezze paesaggistiche, rappresenta la piattaforma di rilancio del sistema Paese. Sono questi alcuni dei passaggi più significativi del Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese.
“Dati e risultanze - commenta il presidente nazionale della Cia - Confederazione Italiana Agricoltori, Dino Scanavino - confermano l’importante contributo che le imprese e i lavoratori del settore agricolo stanno fornendo alla ripresa del Paese. In una fase in cui, nonostante alcuni timidi segnali di ripresa, è ancora l’incertezza a caratterizzare il contesto nazionale, l’agroalimentare rappresenta uno degli asset più strategici - spiega Scanavino - la crescita continua delle esportazioni di cibi e bevande e il nuovo ruolo dell’agricoltura, quale fattore di coesione sociale, viste le implicazioni culturali, turistiche e ambientali che vi risiedono, sono elementi sui quali è necessario continuare a investire. Più l’agricoltura diventerà centrale all’interno della filiera, più la crescita competitiva del made in Italy agroalimentare sarà decisiva per far ripartire il Paese”.

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