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RICETTARIO TAROCCATO DELLA TAVOLA ITALIANA: DAL RISOTTO ALLA CARBONARA, SECONDO L’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA I “FALSI CULINARI” SONO SEMPRE PIU’ DIFFUSI ANCHE IN ITALIA

Quante volte gli italiani si sono inorriditi nel vedere l’americano ketchup adagiato su un piatto colloso di spaghetti scotti? Ma se fino ad ora il primato delle ricette “taroccate” spettava all’estero, ora, a quanto pare, i falsi culinari sono sempre più diffusi anche nel Belpaese. Secondo una ricerca promossa dall’Accademia italiana della cucina in collaborazione con i carabinieri del Nas e pubblicata nel volume “Il falso in tavola”, su 530 segnalazioni arrivate dalle 290 delegazioni dell’Accademia sparse per l’Italia e per il mondo, ben 360 (oltre il 70%) provengono dal Belpaese e riguardano piatti molto conosciuti dove la preparazione canonica non viene rispettata e soprattutto gli ingredienti sono ben lontani dalla tradizione, come nel caso di alcune tra le prelibatezze della cucina made in Italy più famose e apprezzate nel mondo, come il risotto, la carbonara, la pasta con il pesto, i tortellini e la cotoletta alla milanese.

Se la ricetta tradizione più “torturata” risulta essere la pasta alla carbonara, la lista del ricettario taroccato è molto lunga. Che al di là delle Alpi i piatti della cucina italiana venissero quotidianamente “reinterpretati” non è una novità: all’estero infatti, secondo la ricerca, riescono a stravolgere qualsiasi piatto con abbinamenti e alchimie, quasi sempre molto bizzarri, come la carbonara a base di wurstel e burro o le lasagne alla bolognese con uova sode e tofu, per non parlare della pizza, le cui varianti stravaganti si sono talmente diffuse da arrivare anche in Italia.

E in Italia? Anche in Italia il confine tra creatività e incapacità, tra innovazione e ricette tradite, è sempre più sottile, e gli italiani, che pure della cucina mediterranea dovrebbero essere i “custodi”, non sono da meno. ”Mangiare un piatto falsificato - sottolinea Giovanni Ballarini, presidente dell’Accademia - non è pericoloso per la nostra salute, ma per quella della nostra gastronomia, un settore importante della nostra economia che rischia di perdere credibilità”. I piatti meno rispettati dai cuochi italiani, secondo la ricerca dell’Accademia, sono i risotti (10%), la pasta alla carbonara (6%), la pasta al pesto (4%), i tortellini (4%) e la cotoletta alla milanese (3%). Ma, a sorpresa, non vengono risparmiate neanche le ricette regionali, come la pasta alla Norma, la bagna cauda e i cannoli siciliani. I metodi sono molti e la fantasia ha grande spazio: per la preparazione dei risotti, ad esempio, si usano riso cinese o nero, con l’aggiunta spesso di panna e liquirizia, mentre per la carbonara lo strafalcione più comune è lo scambio del guanciale con il prosciutto cotto, la pancetta affumicata o la salsiccia piccante e l’uovo con la panna; per la pasta al pesto l’errore è dato dalla mancanza dei pinoli, sostituiti da noci, pistacchi o mandorle, e per le lasagne, invece, l’oltraggio al gusto arriva sotto forma di strati di sottilette o panna.

Alla perdita di credibilità dei piatti serviti, si aggiunge il falso alimentare che, nel 2007, ha portato a sequestri dell’Istituto controllo e qualità del Ministero delle Politiche Agricole pari a 22 milioni di euro, con quasi 40.000 ispezioni. I Nas dei carabinieri hanno accertato oltre 24.000 infrazioni, di cui 5.000 di rilevanza penale. E 14 milioni sono stati i chili di prodotti alimentari sequestrati. Di fronte a un fatturato export dell’industria alimentare italiana di 20 miliardi di euro, l’imitazione dei prodotti agroalimentari nel mondo ne vale oltre 50 miliardi. Solo negli Stati Uniti il valore di mercato stimato per gli alimenti “italian sounding”, che suonano cioè italiano ma non sono made in Italy, è di 6,2 miliardi di dollari, contro i 2 dei prodotti italiani. Intanto, anche nei supermercati falsi e imitazioni abbondano, legalmente o meno. Così, se il pesce è l’ingrediente più falsificato (classico lo squalo per lo spada), ci sono anche l’aceto balsamico con caramello e la mozzarella di bufala con latte di vacche colombiane sbiancato con calce e soda. Mentre all’estero gli agropirati colpiscono dietro sigle a volte ridicole come il “Parmesao” brasiliano, il “Regianito” argentino o il “Parma ham” a stelle e strisce.

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