Il passaggio da una fase politica ad un’altra, come quello che sta vivendo l’Italia, è, da sempre, un momento importante per chi chiede dei cambiamenti. Anche nei territori del vino, soprattutto quando le vicende che coinvolgono vigneti e cantine si intrecciano con questioni che arrivano da fuori dal settore. Come sta facendo il Consorzio del Lugana Doc, uno dei grandi territori bianchisti d’Italia, e su cui si sono riaccesi i riflettori dopo gli importanti investimenti recenti di realtà come Santa Margherita (con Cà Maiol) e Allegrini, e dove insistono storiche griffe venete, come Zenato, che ora chiede un ripensamento del progetto dell’alta velocità tra Brescia e Verona (che prevede la realizzazione di 42 chilometri di ferrovia in 7 anni, che comporterebbe anche il “taglio” di alcune decine di ettari di vigneti della denominazione, con un investimento già stanziato dal Cipe di 2,49 miliardi di euro, ndr).
“Credo che aprirsi alle possibili e concrete soluzioni che permetterebbero di usare la nostra meravigliosa zona di produzione e ricettività in modo intelligente e garbato - ha detto il presidente del Consorzio, Luca Formentini - possa essere un’occasione per dimostrare che si vuole concretamente tradurre un’intenzione in una decisione. L’alta velocità può attraversare la zona sui binari esistenti, perfettamente adeguati (le Frecce le vediamo da tempo, e più recentemente anche Italo percorre la tratta), conservando tra l’altro la possibilità di sostare in stazioni già esistenti. Risparmiamo a questo delicatissimo sottile corridoio tra le colline ed il lago, già al massimo della sua capacità di carico di infrastrutture, non solo il consumo di spazio, ma anni di devastazione ( che la popolazione locale non ha a mio avviso ancora valutato) e la prospettiva di lasciare un ingombrante e volgare monumento ad un modo di progettare il territorio che non appartiene più al presente. Credo che prima di realizzare un progetto vecchio in mondo nuovo, danneggiandolo definitivamente, valga la pena fermarsi a ragionare, così come non è mai stato fatto”.
Parole pronunciate nei giorni scorsi, alla London Wine Fair, dove il Lugana è stato tra i protagonisti, in un tour promozionale che dopo aver già toccato anche Germania, Olanda e Danimarca, oltre al Regno Unito, continuerà in Usa (prima con la conferenza nazionale dei Wine Educators, poi con quella della American Wine Society ed infine con la Wine Bloggers Conference) ed in Giappone.
“In questi eventi e ovunque ci troviamo ancora prima di parlare del Lugana come vino, presentiamo sempre il luogo in cui nasce, lo descriviamo e lo mostriamo con dettagliati supporti visivi - racconta Luca Formentini - questo perché è chiaro ad ogni persona che si occupa di vino, sia professionalmente che per passione, che il luogo rappresenta un ingrediente fondamentale per la creazione e la definizione di un prodotto enologico. Negli occhi di chi ci ascolta leggiamo il piacere della conferma nel vedere che le terre da cui nasce il Lugana siano caratterizzate da una grande bellezza. Chi si occupa di vino e di agricoltura viene considerato una persona che ama la natura. Questa bellezza non è un inutile capriccio, non è un superficiale vezzo, è una bellezza necessaria, essenziale per il mantenimento del valore del luogo e di tutto ciò che dal luogo nasce, sia esso prodotto enogastronomico che ricettivo. È una condizione imprescindibile alla quale da tempo è doveroso attribuire un valore diverso rispetto al passato”.
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