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DA OGGI

Ristorazione, tentativi di ripartenza. Tra “orario continuato”, ma anche tanti dubbi ed incertezze

Con il servizio solo all’aperto, pesa l’incognita meteo. Mentre si aspettano ulteriori chiarimenti per il servizio al banco nei bar in zona gialla
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Ristorazione, tentativi di ripartenza. Tra “orario continuato”, ma anche tanti dubbi ed incertezze. E con il servizio solo all’aperto, pesa l’incognita meteo

Tra mille incertezze e proteste per alcune normative, prima fra tutte il coprifuoco alle ore 22 che pare destinato a rimanere in vigore fino al 31 maggio, salvo un miglioramento della situazione dei contagi che spinga verso un ulteriore allentamento, oggi la ristorazione, almeno nella parte d’Italia “in giallo” e solo all’aperto, prova a ripartire. Una ripartenza frenata, come abbiamo già raccontato qui. Un locale su due non potrà riaprire con il servizio al tavolo, perchè spazi all’aperto non ne ha, e potrà continuare a lavorare solo con delivery ed asporto (come in zona arancione e o rossa, ndr), ma tra coloro che possono, sperando nella clemenza del clima, c’è chi decide di sfruttare al massimo gli orari consentiti, pur con le tante limitazioni dovute ai protocolli di sicurezza anticontagio. Con esperienze culinarie in dehors, su strade e piazze, nei cortili o sotto ai loggiati, e puntando sull’orario continuato, con la cucina sempre aperta dalle ore 12 alle ore 22, come succede in tempi normali soprattutto nelle località di maggior turismo o nelle grandi città, e come ha scelto di fare, tra gli altri, una delle case history più importanti ed in vista di Milano, il gruppo Langosteria, con il suo Langosteria Bistrot.
Intanto, però, soprattutto per i bar, si attendono chiarimenti sulla possibilità di effettuare il servizio al banco, consentito nelle zone gialle nei precedenti decreti, ma che ora pare vietato. E su questo aspetto, di non poco conto per decine di migliaia di bar di tutta Italia, la Fipe/Confcommercio chiede un intervento rapido del Ministero dello Sviluppo Economico.
“La circolare con cui il Ministero dell’Interno interpreta la possibilità di consumo al banco prevista dal Dl Riaperture”, non dà certo la risposta che chiedono e meritano le decine di migliaia di bar e locali che si vedono messi ulteriormente in difficoltà proprio nel momento in cui si parla di riaperture. La circolare, infatti, introduce una limitazione ulteriore che non esiste nel Dpcm del 2 marzo scorso, al quale l’ultimo decreto fa riferimento, introducendo una penalizzante restrizione e ulteriore caos interpretativo. Il consumo al banco, regolato dai protocolli su distanziamento e capienza degli esercizi, permette in molti casi di snellire il servizio evitando assembramenti all’esterno ed è l’unica modalità di lavoro per numerosissime attività che non dispongono di spazi esterni. Oltre alla questione dell’importanza di regole chiare e sensate per garantire l’ordine pubblico e la legalità, vi è anche un tema non secondario di sopravvivenza delle imprese”.
“Viene chiamato DL Riaperture - dichiara Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe-Confcommercio - e poi invece si trovano sempre nuovi fantasiosi modi per restringere la possibilità alle nostre imprese di lavorare bene. Le imprese sono esauste e i cittadini sempre meno attenti a seguire regole che cambiano senza senso. Secondo l’interpretazione del Ministero dell’Interno, per i bar al 26 aprile le misure restrittive sono addirittura peggiori di quelle che per mesi hanno adottato in zona gialla, perfino quando di vaccini non c’era traccia. Oggi, con oltre 17 milioni di somministrazioni vaccinali e 4 milioni di persone guarite dal Covid, si impedisce di effettuare il consumo al banco e lo si fa con un’interpretazione ministeriale. È una mancanza di rispetto e un danno secco verso 130mila imprese che hanno già pagato un prezzo altissimo per le misure di contenimento della pandemia, senza alcun beneficio evidente sul piano sanitario. Per questo chiediamo al più presto un intervento del Ministero dello Sviluppo Economico”.
Intanto oggi, da Milano a Napoli, da Roma a Palermo, da Firenze a Venezia e non solo, a scendere in piazza per protestare saranno le organizzazioni del settore degli eventi privati e dei matrimoni (altri due canali importantissimi per la filiera del wine & food), per chiedere l’approvazione del protocollo per le riaperture già consegnato alla Conferenza delle Regioni, la conseguente ripartenza immediata e in sicurezza per le cerimonie e le feste, l’ampliamento del fondo a sostegno delle imprese del settore istituito dal decreto Sostegni e un’accelerazione nella liquidazione dei ristori.
Ad organizzare i flashmob, nelle prossime ore, è Unanime - la confederazione delle associazioni di categoria del settore Matrimoni ed Eventi - in collaborazione con Filiera Eventi Unita, mentre per la piazza di Roma, l’organizzazione è di “Insieme per il Wedding”. Una situazione, comunque, non semplice da gestire: già ieri, con l’Italia ancora in zona arancione, in tante piazze d’Italia le cronache hanno mostrato grandi assembramenti senza alcun rispetto delle regole (mascherine e distanziamento in primis), talvolta per lassismo, altre per aperta protesta. In più, rispetto alla primavera-estate 2020, a gettare incertezza su incertezza, anche per pianificare assunzioni, investimenti e così via, resta il sistema dei “colori” delle regioni in base all’andamento dei contagi, almeno fino al 31 luglio 2021. Con passi indietro e quindi nuove limitazioni sempre in agguato. Per tutti e per un settore, quello della ristorazione, che tra il 2020 ed il primo terzo del 2021, ha perso qualcosa come 50 miliardi di euro.

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