Rossi, bianchi e bollicine: rien ne va plus, nel vigneto Italia l’autunno prende il sopravvento, e tranne casi sporadici tra i filari spogli resiste solo qualche foglia, gialla o marrone. In cantina, intanto, le vinificazioni sono arrivate a termine praticamente ovunque, ed i bilanci su quest’annata 2019 si fanno sempre meno sfumati e più definitivi. Per avere un quadro il più completo possibile, che conferma sostanzialmente quanto raccontato sin qui, ossia una vendemmia generalmente di grande qualità, con episodici fenomeni atmosferici che hanno colpito qua e là, ed un calo della produzione che riporta le quantità sulle medie degli ultimi anni, a WineNews abbiamo lasciato che fossero alcune delle aziende leader del Belpaese enoico a raccontare l’ultima raccolta, per un bilancio decisamente positivo. In Alto Adige, Rudi Kofler, enologo di Cantina Terlano, si dice “molto contento, dopo una vendemmia lunga, iniziata ad inizio settembre e finita il 25 ottobre. Sui rossi c’è il Pinot Nero che si presenta molto bene, ha struttura ma anche acidità ed eleganza davvero importanti, ma ci aspettiamo molto anche da Chardonnay e Sauvignon Blanc”.
Restando in Alto Adige, Harald Schraffl, enologo della Cantina Nals Margreid, fa “un bilancio molto positivo, frutto del bel tempo. Registriamo un calo del 10%, ma anche una qualità molto alta, con uve di grande complessità e concentrazione, un po’ dappertutto. Tra le varietà, spicce lo Chardonnay, ma avremo anche Sauvignon minerali e Pinot Bianchi freschi”. Per Alois Lageder, “è stata un’annata particolare, bellissima dal punto di vista dell’acidità, della freschezza e della tensione dei vini, specie per quanto riguarda Chardonnay e Cabernet, nonostante un calo della produzione”. Nel vicino Veneto, tra i filari di Monte Zovo, come racconta il suo proprietario, Diego Cottini, “la vendemmia è stata buona, seppur scarsa, un 30% in meno dello scorso anno, con tempistiche tornate sulla norma di una decina di anni fa. Molto bene il Sauvignon, ma si presentano in ottima forma anche Corvina e Rondinella, le uve dell’Amarone”.
Facendo un breve viaggio tra i territori delle bollicine simbolo del made in Italy, nel Trentodoc è stata “un’annata abbastanza difficile e un po’ complicata per il tempo - racconta Antonio Stelzer, a capo della griffe Maso Martis - ma abbiamo risolto con l’esperienza, mettendo in cantina basi ottime, specie di Chardonnay, pronte per lunghi affinamenti, a fronte però di un calo del 25-30% in termini quantitativi”. Nel cuore del Prosecco Superiore, tra i filari della Valdobbiadene, Franco Adami ha dovuto fare i conti con “la grandinata del 26 aprile, che ha colpito Corbeltando, Vidor, Miane, Combai, una zona di circa 800 ettari dove abbiamo perso più di metà della produzione. Il resto del territorio grazie ad una annata che ha visto piogge e sole in quantità adeguata, ha dato uve straordinarie dal punto di vista delle analisi, e con una produzione 12-15% inferiore alla norma, ma ci aspettiamo una grande annata”. Sempre in tema di bollicine, quelle della Franciacorta, viste dalla cantina di Bellavista (Gruppo Terra Moretti), parlano, nel commento di Francesca Moretti, di “una vendemmia molto interessante, non di quantità ma di grandissima qualità, forse la migliore degli ultimi tre anni. In Sardegna - dove il Gruppo Terra Moretti controlla la storica griffe Sella & Mosca - grande qualità, il tempo è stato bello, con tanta pioggia in primavera. Quantità penalizzata dalle gelate, ma annata buona, soprattutto per il Torbato: è stata un’annata fantastica, siamo convinti che sarà il vitigno del futuro per la Sardegna”.
In Piemonte, per Angelo Negro, enologo della storica ed omonima azienda del Roero, è stata una “vendemmia scarsa in quantità, ma con Nebbioli molto strutturati e complessi”, mentre per Isidoro Vaira, enologo della griffe del Barolo Vajra, è stata “una vendemmia impegnativa come tutte le vendemmie. Le previsioni davano piogge che poi non sono arrivate, per fortuna. Nebbiolo al top, grazie a notti fredde e giornate calde, che ci hanno regalato uve davvero belle”. Restando in Piemonte, il vitigno a bacca rossa simbolo di Bricco dei Guazzi (Gruppo Genagricola) è l’Albarossa, da cui l’enologo Giovanni Casati ha “grandi aspettative, dopo una lunga maturazione, come avveniva una volta, che regala già profumo complessi”. In Liguria, Diego Bosoni, alla guida di Cantine Lunae, parla di “un’annata molto bella, di grande qualità sui colli di Luni, un po’ meno quantità per via del freddo di maggio, ma dal punto di vista qualitativo è stata una grande vendemmia, con risultati ottimi soprattutto per il Vermentino”.
In Abruzzo, Giovanni Salerno, uno degli enologi di Cantina Orsogna, parla di un “calo della produzione del 20%”, ma anche di una “grande qualità delle uve, grazie al caldo che ha fermato malattie e funghi, con Pecorino e Montepulciano che hanno dato grandi risultati in termini di qualità delle uve”. Nelle Marche, Moncaro, cooperativa presente su tutti i territori top della Regione, ha una visione d’insieme ben riassunta dalle parole dell’enologo Giuliano d’Ignazi: “abbiamo vissuto una vendemmia eterogenea, nel Piceno abbiamo avuto una certa carenza idrica, nel Centro Nord abbondanza di piogge tra settembre ed ottobre, quindi escursioni termiche importanti, che hanno mantenuto buone acidità e aromi. Il Montepulciano nelle aree meno assolate ha maturato tardivamente, ma dando vini equilibrati”. Poco lontano, Andrea Ricci, enologo di Velenosi, griffe del Piceno guidata da Angela Velenosi, parla di una “bella annata, sia per bianchi che per rossi. Il Montepulciano ha dato soddisfazioni, che si scopriranno con l’evoluzione dei nostri vini, che saranno di grande personalità”. Nella vicina Umbria, Massimo D’Alema, vignaiolo con Cantina Madeleine, parla di un “calo della produzione sul 2018, ma resta buona la qualità, soprattutto per il Pinot Nero. La vendemmia ormai è come una lotteria, con l’incertezza climatica, la grandine che magari a 500 metri colpisce in modo irrimediabile e a te va bene, ma siamo contenti, soprattutto per la qualità, che ci regalerà vini di eccellenza”. In Campania, Silvia Imparato, alla guida di Montevetrano, nel salernitano, racconta che “per noi che coltiviamo Aglianico, Cabernet Sauvignon e Merlot è andata bene, ci aspettavamo difficoltà terribili, perché è stata una bizzarra stagione, però poi con la vendemmia si è tutto regolarizzato. Avremo meno vino, ma per il momento posso parlare di eccellenza di prodotto, non come vezzo, è oggettivamente così. È molto interessante vedere come le annate difficili emergono nel tempo”.
A chiudere il cerchio di questo viaggio enoico, le parole ed il bilnacio del presidente di Assoenologi, Riccardo Cotarella. “Da un punto di vista quantitativo si è tornati quasi alla normalità di una stagione tipo la 2016, abbiamo perso dal 16 al 20% di produzione, tra qualche giorno usciremo con i dati definitivi. Da un punto di vista qualitativo è poco professionale e approssimativo definire un’annata, a volte non la possiamo definire neanche all’interno di un’azienda. Quando il clima è così diverso, abbiamo soltanto un modo per cercare di mitigare i suoi effetti. Cioè intervenire scientificamente nel vigneto. L’approssimazione non andava bene 20 anni fa, oggi è proibita. Quindi se noi sappiamo sfruttare, conoscere bene il cambiamento climatico, il comportamento e l’approccio della vite al clima, possiamo anche ottenere dei risultai positivi dovuti al clima. Io sostengo che i grandi vini, come li abbiamo fatti da 20 anni a questa parte non li abbiamo mai fatti. Quelle che una volta erano delle eccezioni oggi sono una regola. Tutti i grandi vini rossi sono dei grandissimi vini, ma anche i vini bianchi, bisogna saper intervenire bene nel vigneto, e sperare che questa incertezza trovi una sua stabilità”.
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