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SALONE DEL GUSTO - NEL “PROCESSO”, MESSO IN PIEDI DAL CONSORZIO DEL PROSCIUTTO DI SAN DANIELE, DEDICATO A EDOARDO RASPELLI, PER I SUOI 35 ANNI DI ATTIVITÀ, IL CRITICO ENO-GASTRONOMICO DENUNCIA: “SEMPRE MENO COMPETENZA SULLA STAMPA DI SETTORE …”

Doveva essere l’imputato, ma alla fine la sentenza l’ha emessa lui: Edoardo Raspelli. Il “Processo a Raspelli”, realizzato con simpatia, nel Salone del Gusto di Torino, dal Consorzio del Prosciutto di San Daniele, con tanto di giuria (da Marco Bolasco, direttore editoriale delle Guide di Slow Food, a Gioacchino Bonsignore di Tg 5 “Gusto”, ad Alex Guzzi, critico del “Corriere della Sera”), animato da Fede & Tinto, conduttori di “Decanter” di Radio2 Rai, nel ruolo di “cancellieri”, è stata un’occasione importante, non solo per celebrare i 35 anni di professione nel settore di Edoardo Raspelli, quanto piuttosto per parlare di tanti aspetti del giornalismo enogastronomico italiano. E, in questo caso, Raspelli non ha fatto tanti giri di parole: “sono molto amareggiato - ha spiegato - la competenza è sempre più difficile da trovare sulla stampa, la crisi economica obbliga i giornali a servirsi di collaboratori meno preparati e il settore riflette la mediocrità di altri campi del giornalismo”. Raspelli ha ricordato anche i suoi anni di esordio come cronista: è stato il primo ad arrivare sul luogo dell’omicidio del commissario Calabresi. Una lezione di giornalismo che si è rispecchiata anche nella sua attività di critico gastronomico.

Anche per Marco Bolasco, direttore editoriale di Slow Food, la comunicazione del wine & food deve essere fatta “con serietà, consapevolezza e competenza. Spesso quando parliamo di enogastronomia non sappiamo bene di cosa stiamo parlando. La critica enogastronomica in Italia è un’attività relativamente recente e non ha ancora sviluppato linguaggi ben definiti”. Alex Guzzi, critico del “Corriere della Sera”, percepisce un cambiamento di prospettiva nel pubblico: “fino a pochi anni fa il settore enogastronomico coinvolgeva un numero limitato di persone, adesso tanto pubblico è diventato più desideroso di competenza. Me ne sono accorto nel 2000 quando mi è stato chiesto di puntare nelle mie recensioni più sul cibo che non sull’atmosfera dei luoghi. Certo c’è ancora molta approssimazione e su un vasto numero di pareri tanti sono dati da critici improvvisati”.
“Ogni professionista risponde alla propria coscienza - continua il discorso sulla comunicazione del wine & food, Gioacchino Bonsignore (Tg5 “Gusto”) - oggi che l’enogastronomia è diventata un fenomeno di moda tutti si aspettano un riflusso del fenomeno, ma è improbabile: non dimentichiamoci che il giornalismo enogastronomico ha esercitato un ruolo strategico nella cultura del territorio, permettendo la crescita di un settore trainante per il nostro Paese come quello agroalimentare. Poi, in generale, per fare buona critica enogastronomica bisogna essere in ogni caso bravi giornalisti capaci di raccontare delle storie”.

Su un’altra cosa tutti hanno concordato: “regolamentare il settore con un albo professionale è decisamente controproducente”.

Sempre nel “processo”, Michele di Carlo, che si è presentato come un “filosofo del gusto” nell’orbita di Slow Food, ha detto che bisogna “pensare piuttosto a nobilitare gli animi: abbiamo bisogno di diffondere l’orgoglio della nostra cultura agroalimentare senza barriere. C’è una nuova generazione di esperti di enogastronomia che sta crescendo con una ottima preparazione e con tutto un bagaglio di conoscenze e linguaggi che noi non possedevamo”. Un parere vicino a quello di Rita Serafini, direttore operativo dell’Associazione Italiana Consorzi Geografici (il “Consorzio dei Consorzi” dei migliori prodotti dell’agricoltura d’Italia): “l’Italia ha un patrimonio eccezionale di 213 prodotti Dop e Igp, ma l’esigenza principale è quella di far percepire l’humus di quello che c’è dietro ogni sapore, dal territorio al lavoro della gente”.

Ma una delle cose più giuste in questo “processo” alla comunicazione del wine & food, messo in piedi al Salone del Gusto, è stata la considerazione di Mario Cichetti, direttore del Consorzio del Prosciutto di San Daniele: “non trattate il food & wine, però, come prodotti folcloristici. Essere legati alle tradizioni non vuol dire essere arretrati. Nei nostri prodotti vogliamo che tutti possano ritrovare le radici comuni di un patrimonio che appartiene ai nostri padri e alle nostre nonne, in una terra che fino a pochi decenni viveva in maggioranza di agricoltura”.

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