Un viaggio lunghissimo, dalla Toscana al Burkina Faso, per portare un messaggio di ripartenza e di speranza, di una nuova vita da iniziare grazie all’agricoltura. Sarà di Sangiovese (ma non solo), il vitigno più identificativo della regione, alla base di numerosi e iconici vini rossi, il primo vigneto toscano a sorgere nel cuore dell’Africa. La vite, simbolo cristiano di fecondità e benedizione, è il frutto della terra che potrebbe aiutare il Burkina Faso a piantare le radici per un futuro migliore. Tutto questo grazie ad un imprenditore italo-africano volenteroso di dare il via al primo progetto per creare un’azienda vitivinicola in uno dei Paesi più poveri al mondo e tra i più colpiti dal terrorismo. Lui è François Desirè Bazie, ex rifugiato politico fuggito nel 2008 dalla Costa d’Avorio (ma è nato in Burkina Faso) ed oggi stimato vignaiolo toscano, che proprio in queste ore sta piantando, e sta insegnando a farlo ai tanti giovani suoi connazionali, le prime barbatelle di Sangiovese e Vermentino toscano e di Massaretta, uno dei vitigni autoctoni del Candia dei Colli Apuani che lui conosce bene, oltre che a Cabernet e Merlot. Il sogno è produrre vini africani con vitigni autoctoni toscani nella campagna di Bagre, nella provincia di Boulgou, creando i presupposti per un’alternativa concreta e solida al fenomeno delle migrazioni che sta svuotando il Paese.
L’agricoltura è un settore indispensabile per cambiare il destino dell’Africa e costruire le fondamentali basi per raggiungere al più presto l’autonomia alimentare, economica, sociale ed internazionale. Coldiretti Toscana, a livello nazionale, ha promosso insieme a Bf (Bonifiche Ferraresi, ndr), Filiera Italia e Cai (Consorzi Agrari d’Italia) uno dei progetti del Piano Mattei per l’Africa del Governo italiano che prevede la coltivazione di oltre 40.000 ettari tra Algeri, Angola, Egitto e Ghana. “Con il Piano Mattei - spiega Letizia Cesani, presidente Coldiretti Toscana e presidente Vigneto Toscana - esportiamo in Africa il nostro know how, le tecniche colturali ed i sementi, i macchinari e la tecnologia con lo scopo di favorire la cooperazione con i Paesi in via di sviluppo e creare le condizioni per sviluppare un’agricoltura sostenibile che sia da traino per l’economia e la società contrastando la povertà e le disuguaglianze. L’Africa non può e non deve più essere considerata un continente senza futuro, ma un continente di opportunità in primis per chi ci è nato”.
Lo spirito del Piano Mattei è lo stesso che muove François Desirè Bazie, 44 anni, che in Italia, prima in Piemonte. poi in Toscana, ha imparato a prendersi cura delle viti ed a produrre vino. L’imprenditore si è mosso autonomamente attraverso le sue relazioni locali. Titolare dell’azienda InCandiaBio che ha fondato, produce vino del Candia dei Colli Apuani Doc e la curiosa e ricercata moringa, il “superfood” africano che assomiglia all’acacia, e che gli è valso, nel 2020, l’“Oscar Green” di Coldiretti. L’Europa, e l’Italia lo hanno salvato dandogli protezione ed un lavoro prima di scoprire nelle vigne lo strumento per trovare la pace e la dignità che ora vuole restituire insegnando e formando i giovani del suo Paese di origine. I 10 ettari di terreni dove sta piantando le viti, ed in seconda battuta ortaggi, spiega Coldiretti Toscana, sono stati messi a disposizione dal Governo del Burkina Faso in un progetto per la sicurezza alimentare. I terreni sono ben serviti dalla disponibilità di acqua, un requisito indispensabile per avviare l’attività agricola. “Sono tornato nel mio Paese di origine - ha spiegato François Desirè Bazie - per aiutare i miei connazionali, grazie al Governo che ha concesso l’utilizzo di queste terre. Voglio insegnargli quello che ho imparato in Italia sull’agricoltura e sulle viti. In Italia ho trovato ospitalità e gente per bene che mi ha insegnato molto. Se oggi sono quello che sono, un imprenditore agricolo, molto lo devo alle persone che ho incontrato. Il Burkina Faso è un Paese in via di sviluppo, con grandi potenzialità e risorse, che sta purtroppo perdendo la generazione che dovrebbe costruire i pilastri del nostro futuro. Creiamo qui le condizioni perché restino, ma anche perché tornino, è l’unico modo per fermare le migrazioni. Ho portato dall’Italia le barbatelle di Vermentino, Sangiovese, Massaretta, Cabernet e Merlot che sto piantando insieme ad un gruppo di giovani che partecipano al progetto che stanno dimostrando dedizione e che oggi riescono ad intravedere una prospettiva per restare. Costruiremo una cantina e produrremo qui il primo vino con vitigni toscani per il mercato africano. Ora c’è un pezzo della Toscana nella mia terra di origine”.
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