Un secco e deciso no, accompagna le cooperative e i produttori di vino europei all’attacco dell’Europa contro la liberalizzazione della produzione di uve, e quindi di vino in Europa, che la riforma del settore di tre anni fa vorrebbe far scattare a partire del 2015. Il presidente Cogeca, l’associazione che riunisce le cooperative europee, Paolo Bruni, esorta la Commissione Ue a presentare entro la fine del 2011 una proposta per il mantenimento dei diritti di impianto nel settore per tutti tipi di vino.
“La liberalizzazione dei diritti di impianto - dice Bruni - rischierebbe di rendere maggiormente industrializzato il settore e determinerebbe notevoli squilibri nella catena alimentare, generando delle eccedenze di produzione. Senza contare - aggiunge - che il sistema contribuisce a stabilizzare la produzione e il mercato del vino nell’Ue, oltre a garantire la qualità del prodotto”. Attualmente 12 Stati membri si sono pronunciati contro la liberalizzazione: sono Italia, Germania, Francia, Spagna Portogallo, Ungheria, Austria, Romania, Lussemburgo, Cipro, Repubblica Ceca e Slovacchia. Per costituire una maggioranza qualificata e bloccare la decisione servirebbero i voti di ancora due Stati membri.
“L’Ue - spiega Bruni - produce dei vini che sono fra i migliori al mondo, secondo un sistema di garanzie e certificati di qualità che gode di un alto riconoscimento. Viene prodotto da generazioni da aziende a conduzione familiare e, se fossero aboliti i diritti di impianto, l’intero sistema sarebbe minacciato e l’elevata qualità dei vini europei sarebbe a rischio con la perdita di importanti quote di mercato”.
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