“Semplificare è una necessità, è semplice a dirsi e molto difficile a farsi. Ma il mio impegno è rivolto a semplificare la vita alle imprese agricole e alle cantine, che con il vino producono ciò che più valorizza la nostra agricoltura. Presto istituirò la cabina di regia dove voglio che siano coinvolte tutte le rappresentanze della filiera per capire le loro necessità, e poi decidere ciò che è giusto accogliere e quello che invece non va bene. Con una convinzione, però: che le regole generali si discutono e si cambiano in Europa, che è la nostra casa comune”: parole del Ministro delle Politiche Agricole ed “enologo ad honorem” Teresa Bellanova, che ha chiuso il Congresso degli Enologi Italiani, ieri a Matera, con la regia dell’Enoteca Regionale Lucana. Tante le carte messe sul tavolo dalla Ministra Bellanova: dalla semplificazione, come detto, al percorso da chiudere sul tema dell’etichettatura d’origine degli alimenti, alla volontà di accelerare sul fronte dei decreti attuativi da fare, o da rivedere, per rendere completamente operativi il Testo Unico sul vino e la legge sull’enoturismo: “anche qui voglio ascoltare la filiera, accelerare sui decreti che ancora mancano - ha detto a WineNews - e rivedere quelli in vigore per capire se possono essere ulteriormente migliorati. Credo che stare vicino alle imprese sia il dovere delle istituzioni, in tanti modi. Per esempio, semplificando la vita alle nostre aziende, eliminare la burocrazia che non serve, mettere a regime il nostro sistema dei controlli, visto che abbiamo un Ispettorato Qualità e Repressione Frodi che è tra i più efficienti nel mondo, e che non è possibile, necessario e giusto che in un’azienda possano arrivare anche quattro enti di controllo diversi in un giorno. Serve un nuovo patto di fiducia - ha detto il ministro - che chiaramente vuol dire aiutare chi fa le cose per bene, e punire ancor più duramente chi non rispetta le regole”. Altro punto chiave, secondo il Ministro Bellanova, “è supportare le nostre aziende nell’export. E, a proposito di questo, posso annunciare che il Ministero ha completato l’istruttoria per attivare i 28 milioni di euro dell’Ocm Vino a disposizione delle imprese per la promozione nei Paesi Terzi. Ma dico anche che le istituzioni devono lavorare affinchè il vero made in Italy arrivi nei mercati giusti, quelli che possono permettersi il prezzo di prodotti di qualità, di eccellenza, che rispettano i diritti di chi lavora per produrli, e quelli dell’ambiente dove nascono. Dobbiamo spiegare questo ai consumatori del mondo, e anche in Usa, per noi strategici, dove, a proposito dei dazi, dobbiamo dire agli americani che questa misura non solo penalizza le imprese italiane che non hanno colpe, ma anche i consumatori stessi, perchè li priva di prodotti di assoluta qualità”.
Ma sul palco del Congresso degli Enologi Italiani, “che la Ministra ha definito la spina dorsale del vino italiano”, ha ricordato Cotarella, si è parlato anche di denominazioni, consorzi e del loro futuro, con i rappresentanti della filiera intervistati dal giornalista e produttore Bruno Vespa, nelle vesti di provocatore. A partire dal numero delle denominazioni. “Sono tante o sono troppe”, ha chiesto Vesta al responsabile del Comitato Nazionale Vini, Michele Zanardo, che sul tema ha risposto: “oggi abbiamo 74 Docg, 332 Doc e 118 Igt. Dipende da che punto di vista si guardano le cose. Sicuramente sono tantissime, soprattutto se si pensa che ce ne sono alcune che non hanno neanche mai rivendicato la produzione. Ma se si pensa alla grande varietà di territori e di vitigni che popolano l’Italia, dal Bolzano a Pantelleria, alle tante espressioni di storia, cultura e biodiversità che le denominazioni in qualche modo rappresentano, son tante ma non sono troppe”.
Una ricchezza, dunque, ha sottolineato Bruno Vespa, ma che rischia di ritorcersi contro l’Italia, soprattutto in mercati nuovi, come l’Asia, dove i consumatori già poco esperti rischiano di non capire niente del vino italiano. Che, come ricordato dal direttore generale Ismea Raffaele Borriello, negli “ultimi anni ha visto crescere il valore delle proprie esportazioni, e questo è sicuramente importante, ma ha visto diminuire le quantità spedite, e questo deve far riflettere”.
“È vero, troppe Doc possono diventare un pericolo - ha detto il presidente Federdoc, Riccardo Ricci Curbastro - e uno sforzo di sintesi nel novero delle denominazioni dovremmo farlo, lo dico da tempo, e forse alcune potrebbero diventare sottozone di altre, senza perdere identità, mentre altre non rivendicate andrebbero di fatto eliminate. Ma è un discorso che facciamo da tanti anni, e nessuno si è mai fatto avanti in questo senso”. Ma si va anche oltre, con il giornalista Vespa che afferma: “i Consorzi del vino garantiscono l’origine, ma soffocano la qualità. Basta vedere in quanti territori ci sono “eretici”, spesso marchi di livello assoluto, che escono dai Consorzi”.
“È un’affermazione che rifiuto totalmente - ha ribattuto Curbastro - innanzitutto perchè i territori che vanno meglio sono quelli dove ci sono Consorzi che funzionano, che fanno promozione, e dove si riesce a fare sintesi tra le diverse posizioni, perchè fare compromessi non necessariamente è un male. E poi ricordiamoci che le regole le fanno i produttori. Un tema su cui intervenire, semmai, è nella revisione della Commissioni di degustazione delle Denominazioni, e affrontare questo tema è una delle richieste che facciamo al Ministro Bellanova”.
“Come detto, entro fine anno, istituirò la cabina di regia - ha detto, dal canto suo, la Ministra - mettiamoci insieme e lavoriamo. Vale per il vino e per tutti gli altri prodotti. E poi abbiamo un nemico comune: abbiamo un export agroalimentare di 42 miliardi di euro, e 100 miliardi di italian sounding nel mondo, di produttori che fanno concorrenza sleale al vero made in Italy. Dobbiamo fare sistema, ma davvero, perchè se non lavoriamo tutti per far conoscere la qualità della nostra produzione autentica, non combiniamo niente.Sono felice di dirlo dal Congresso degli Enologi, perchè, sono loro che hanno cambiato il volto del vino, soprattutto al Sud, dove siamo passati da sfusi che viaggiavano in cisterne per rinforzare i vini del Nord, a bottiglie che raccontano poesie, territori, biodiversità. Se noi vogliamo farci carico di sostenibilità e lotta ai cambiamenti climatici, il nostro modello di sviluppo non può che ripartire da un’agricoltura di qualità, di eccellenza, di innovazione e ricerca, di precisione. Come è successo nel mondo del vino, anche grazie agli enologi”.
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