Ha fatto piangere il Brasile e la Germania, regalando all’Italia il più bello e inatteso dei Mondiali, quello del 1982 in Spagna. Oggi, Paolo Rossi fa piangere gli italiani, che si svegliano orfani del giocatore simbolo di almeno due generazioni, ma anche tre, se consideriamo la portata di un’impresa riecheggiata per decenni in tv, nelle radio e nei racconti di famiglia. “Pablito”, come fu affettuosamente ribattezzato dopo il Mondiale spagnolo, di cui è stato assoluto protagonista, con 6 reti che gli valsero alla fine dell’anno anche il Pallone d’Oro, si è spento a Roma, a 64 anni, in seguito alle complicazioni di un tumore ai polmoni. Toscano, di Prato, cresciuto nella Juventus ed esploso nel mitico Lanerossi Vicenza, ha vissuto una carriera tutt’altro che semplice, culminata con un Mondiale che l’ha riscattato agli occhi del mondo del calcio dopo i due anni di squalifica per lo scandalo scommesse.
Appesi gli scarpini al chiodo, non ha mai davvero lasciato il pallone, dandosi alla tv, come opinionista per le principali emittenti nazionali. Ha tentato anche la carriera politica, alla fine degli anni Novanta, prima di gettarsi a tempo pieno nella passione che allevava da sempre, quella per il vino. Prima come semplice appassionato, poi da produttore. A Poggio Cennina, resort e azienda agricola dal 2004 di proprietà di Paolo Rossi, a Bucine (Arezzo), dove nasce il Borgo Cennina Igt, dalle uve di Sangiovese dell’azienda, allevate in regime biologico. All’ultimo Vinitaly, ad aprile 2019, aveva invece presentato una linea dedicata alle sue gesta in campo: “Pablito - Another Great Match”, declinando in bottiglia i grandi territori enoici del Belpaese: Brunello, Amarone della Valpolicella, Barolo e Prosecco.
Proprio in quell’occasione, WineNews ha avuto il piacere di incontrarlo, raccontando, nelle parole di Pablito, il suo amore per il vino. “Un’attrazione forte, per tutti, è una passione che ho sempre avuto, ma quando ero in attività non potevo esagerare, anche se mezzo bicchiere di vino fa sempre bene. È una passione cresciuta negli anni e con il tempo. Il vino ha fascino, è piacevole, dà gioia e felicità, crea il convivio, si organizzano pranzi e cene con gli amici per stappare una bottiglia, esce dalla terra e finisce in bottiglia dando sensazioni uniche, ecco perché in tanti, anche nel mondo del calcio se ne innamorano. Il brindisi più bello? Quello in campo quando abbiamo vinto la Coppa del Mondo: era l’11 luglio 1982, girava una bottiglia di Ferrari e l’abbiamo bevuta tutti, festeggiando con un prodotto italiano, era giusto così e me lo ricordo come se fosse adesso, è uno di quei momenti scolpito nella memoria, in cui di ferma il tempo, restituendoci un a fotografia. È stato bello non solo perché abbiamo vinto, ma perché abbiamo gioito con tutta l’Italia”.
In fondo, siamo rimasti un po’ tutti fermi a quell’11 luglio 1982, anche chi non c’era ancora. “Palla al centro per Muller, ferma Scirea, Bergomi, Gentile... è finita. Campioni del Mondo, Campioni del Mondo, Campioni del Mondo!”. La voce di Nando Martellini esce dallo stadio Santiago Bernabeu di Madrid ed entra in milioni di case italiane. Paolo Rossi, che festeggia in campo con una bottiglia di Ferrari, ha regalato all’Italia il ricordo più bello e condiviso del Dopoguerra.
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