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SLOW FISH BY SLOW FOOD - PESCE, GLI ITALIANI LO PREFERISCONO FRESCO E DEI NOSTRI MARI: MA IL PREZZO TIENE A FRENO I CONSUMI (-5,7% NEL 2010)

Tra i prodotti ittici è il pesce fresco dei nostri mari in cima alle preferenze degli italiani, ma il fattore prezzo costituisce la principale barriera all’acquisto. A confermarlo è l’andamento dei consumi, con gli acquisti domestici che, nel 2010, hanno segnato, nel segmento del fresco, una contrazione del 5,7% su base annua, in risposta ad un aumento dei prezzi di oltre il 4%. I risultati emergono dall’indagine Ismea, presentata al convegno “Il pesce a tavola: percezioni e stili di consumo degli italiani”, organizzata a Genova a Slow Fish 2011 (www.slowfish.it), su iniziativa congiunta di Slow Food e Ismea.
Una chiara predilezione, quindi, per il fresco pescato, meglio se proveniente dai mari italiani, rispetto ai prodotti congelati, surgelati e decongelati. Anche se le evidenze sembrano almeno in parte fornire indicazioni diverse. Basti pensare che nella Top 5 delle specie fresche maggiormente acquistate ben quattro provengono in prevalenza da allevamenti. E che gran parte del fabbisogno ittico dell’Italia è soddisfatto dalle importazioni. E’ evidente, insomma, che alle preferenze espresse dai consumatori corrisponda, nei fatti, un diverso comportamento di acquisto, condizionato nel momento della scelta anche dal fattore prezzo.
Davanti al banco del pesce, convivono in maniera evidente nel consumatore una sfera emotiva ed una razionale: a livello emozionale, il pesce fresco assume un fascino particolare che rende gratificante e coinvolgente l’atto di acquisto, ma l’elemento razionale, che influenza maggiormente le scelte, favorisce soprattutto le specie d’allevamento e i prodotti surgelati e congelati. Alle prime il consumatore associa maggiori garanzie di sicurezza rispetto al pescato in mare, ritenuto più esposto agli effetti dell’inquinamento delle acque. Il pesce surgelato, invece, è favorito sia sotto l’aspetto della sicurezza igienico-sanitaria, sia sotto il profilo della praticità e del contenuto di servizio. In generale, comunque, con la sola eccezione del decongelato, il giudizio dei consumatori sugli aspetti salutistici dei prodotti ittici sono sempre positivi, anche in considerazione della digeribilità e della leggerezza. Qualità che, a giudizio dei consumatori, rendono il pesce uno degli alimenti più indicati anche per l’alimentazione infantile.
Riguardo agli elementi informativi, non devono mancare, a giudizio dei consumatori, le indicazioni di prezzo, provenienza, specie ittica e stato fisico (se si tratta cioè di pesce fresco o decongelato). Di difficile comprensione risultano, invece, le indicazioni sulla zona di cattura, che si limitano a codificazioni Fao considerate troppo generiche e poco intuitive. Dai dati 2010 emerge, intanto, che i consumi ittici delle famiglie italiane, in base alle rilevazioni dell’Ismea, hanno segnato nel complesso una contrazione quantitativa del 2,4%, invertendo la tendenza positiva del 2009. Tra i prodotti maggiormente penalizzati il pesce fresco e il congelato sfuso, mentre la classifica delle specie più acquistate, nel comparto del fresco, vede in testa i mitili, seguiti da orate, alici, spigole e vongole. Sempre lo scorso anno le importazioni di prodotti ittici sono cresciute del 2,5% in volume e del 10,8% in valore, per un quantitativo che ha sfiorato i tre quarti del fabbisogno nazionale.
Le specie alternative spesso non sono né più care né meno buone, ma solo lontane dalle nostre abitudini ormai sedimentate nel nostro agire. Per le scelte dei consumatori, abbiamo visto come nell’Ottocento i pesci venivano categorizzati solo per le loro proprietà nutrizionali e gastronomiche. Ma già in quel periodo i rossetti appartenevano alla seconda categoria, mentre i bianchetti alla quarta, quella quindi meno pregiata.
Purtroppo, nonostante il nostro mare stia attraversando una fase particolarmente delicata, gli italiani dimostrano ancora scarsa conoscenza dei suoi problemi e quindi scarsa attitudine al cambiamento. Come evidenziato da questo importante rapporto di Ismea, tra le specie consumate c’è una netta prevalenza di quelle allevate. Importante quindi per Slow Food distinguere tra acquacoltura intensiva, nociva per gli ecosistemi, ed estensiva, basata sull’uso sostenibile delle risorse naturali. Ecco perché per aiutare il consumatore nelle sue scelte Slow Food ha appena pubblicato la guida “Quelli che non abboccano, con preziosi consigli per un acquisto buono pulito e giusto”.

Focus - Pesca e tracciabilità made in Coldiretti
Se al mercato trovate del pesce con sopra l’etichetta il nome di un peschereccio canadese sappiate che si tratta di pescatori che lavorano in modo sostenibile e garantiscono la qualità del prodotto, legata al luogo in cui è stato catturato. Su internet, inoltre, avrete tutte le notizie necessarie su quel pesce. E’ uno degli esempi di tracciabilità del pesce di cui si è parlato al Laboratorio di Slow Fish, dedicato a “La vendita diretta e la tracciabilità”, moderato da Coldiretti
Il progetto canadese è stato presentato da Tasha Sutcliffe, direttore programma pesca e aree marine di Ecotrust Canada, ed è nato due anni fa da un’idea di alcuni pescatori locali in seguito alla decisione dell’Unione Europea di permettere l’importazione dal Canada soltanto di pesce tracciabile. Sono nati così un sito internet e una applicazione attraverso i quali, inserendo il codice presente nell'etichetta del pesce acquistato, i consumatori possono accedere alle più varie informazioni, dalla tecnica di pesca al nome del pescatore, dalle proprietà nutritive ai consigli gastronomici. Il progetto coinvolge attualmente 172 pescherecci.
Il laboratorio ha fatto il punto su diverse esperienze in materia in Italia e all’estero. Luigi Zippo, del Centro Controllo Area Pesca della Guardia Costiera di Genova, dopo aver brevemente ricordato la nuova normativa europea che richiede l’obbligatoria etichettatura del pesce con nome commerciale, metodo di produzione e zona di cattura, ha fatto un breve excursus sulle attività del Centro, il cui controllo non si limita ai porti, ma anche ai grandi centri di stoccaggio, ai rivenditori e ai ristoranti.
Antonio Attorre, Presidente Slow Food Marche, ha raccontato l’esperienza virtuosa del Presidio del mosciolo di Portonovo, in provincia di Ancona: un piccolo borgo dove vige una sana economia legata alla pesca e al turismo, un chiaro esempio di filiera corta in cui è saldo il rapporto tra pescatori, ristoratori e consumatori. Di tutt’altro stampo, la comunicazione di Jann Martinsohn, ricercatore del Joint Research Centre, che ha affrontato l’argomento da un punto di vista scientifico, ovvero come l’individuazione del dna dei pesci possa essere un utile metodo investigativo per scoprire sofisticazioni alimentari, individuare pesci fuggiti dall’allevamento o pescati in acque diverse da quelle dichiarate.

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