Boghe, mennole, sciabole, zerri, ghiozzi, mustelle, sparaglioni, alalunghe, lampughe, gronchi .... Sono tutti pesci commestibili e molto buoni, eppure sono sconosciuti ai più. Scoprire questi prodotti del mare, valorizzarli ed educare al loro consumo è stato uno dei compiti primari di Slow Fish, il salone del pesce sostenibile, chiuso oggi a Genova.
Attraverso i percorsi della conoscenza, il contributo di cuochi famosi che hanno fatto degustare le loro preparazioni, la vendita nei bazar, l'assaggio dei prodotti dei Presidi e delle comunità di pesca nel Bistrot, ma anche grazie alle Fish Tales, le storie dei pesci spiegate a 2500 ragazzi giunti dalle scuole di Liguria, Piemonte ed Emilia Romagna, Slow Food, l'associazione che ha organizzato l'evento genovese, ha inteso dimostrare che "un altro pesce è possibile", che si possono cambiare le nostre abitudini alimentari nell'interesse dell' ambiente e delle generazioni future.
Nei nostri mari si trovano ben 550 tipologie di pesce commestibile, ma ne vengono utilizzate solo 60 e quelle più consumate sono appena una ventina. Gli italiani, ma non solo loro, cercano un pesce senza spine e privilegiano nell'acquisto i grandi pelagici (tonno, pesce spada) o i pesci di grande taglia, come dentici, pagelli, cernie. Le massaie cucinano quasi esclusivamente triglie, merluzzi, sogliole, gamberi, seppie, polpi, calamari, condizionando quindi anche la pesca che risponde alla richiesta del mercato. Il risultato è che oggi il pesce è diventato, se fresco e di qualità, un consumo elitario, ma anche un consumo in calo, visto che i dati parlano di una diminuzione continua, intorno al 10% in meno nel 2003.
Le principali cause sono i prezzi in continua lievitazione, ma anche i problemi legati all'inquinamento e all'inurbamento turistico delle coste, e poi l'eccessivo sfruttamento delle risorse ittiche. Ecco quindi la necessità di tornare al cosiddetto 'pesce povero' che offre risparmi dal punto di vista economico per il consumatore, la riscoperta di tradizioni gastronomiche locali e del rapporto stretto con il territorio, una maggiore remunerazione ai pescatori che oggi sono costretti a "navigare" tra mille difficoltà ed infine permettere agli ecosistemi marini di rigenerarsi.
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