Eletto il nuovo presidente Slow Food Italia, per i prossimi quattro anni: è l’agronomo campano Gaetano Pascale, che prende il posto di Roberto Burdese, e vince la sua sfida con l’altra candidata alla presidenza, Cinzia Scaffidi, che, però, entra nell’esecutivo; un esecutivo dove, comunque, si legge in una nota stampa, “non esistono più due squadre, ma un’unica, grande associazione”.
“Il Congresso - dichiara Pascale - esce unito da questa votazione, e lo dimostra al di là dei risultati numerici. Ora dobbiamo fare in modo che il patrimonio più importante di Slow Food, cioè le persone, siano messe nelle migliori condizioni possibili per dedicare le proprie energie e la propria volontà a tutte le buone cause che Slow Food sostiene ogni giorno. Cinzia Scaffidi porta il contributo della lista, che sarà rappresentato nel nostro comitato esecutivo, e questo ci rende più forti e più coesi”. “Vorrei ringraziare tutti i candidati e chi ha partecipato, in sede e sui territori, alla riuscita di questo fantastico Congresso, che segna una fase di svolta. E cominciamo domattina dimenticandoci per chi abbiamo votato: non esistono più due squadre, ma un’unica, grande associazione”.
“Il passaggio epocale, di cui credo possa vantarsi la mia squadra, è di aver trovato una strada per l’individuazione, in modo partecipato, della dirigenza di questa associazione”, dichiara Cinzia Scaffidi, candidata presidente della Lista 2 e oggi nell’esecutivo di Slow Food Italia, come deciso dal Congresso. “L’obiettivo è stato raggiunto e per noi questo era importante. L’associazione ha scelto e noi oggi siamo cinque soci che fanno propria questa decisione e che lavoreranno per la realizzazione del programma che Slow Food ha scelto”.
“Il nostro viaggio riparte oggi - spiega Roberto Burdese, presidente uscente - con una nave e un equipaggio che saranno capaci di fare ancora più strada di quella percorsa fino a oggi. Al nuovo presidente e alla nuova squadra, non solo i miei auguri e i sentimenti sinceri di amicizia, ma anche la piena disponibilità per il futuro”.
Agronomo campano, Pascale è attivo nell’associazione fin dal 1997, dove ha ricoperto la carica di presidente di Slow Food Campania e docente ai Master of Food per i corsi di vino e olio. Daniele Buttignol si riconferma segretario nazionale; entrano a far parte della squadra dirigente Lorenzo Berlendis, lombardo e consigliere nazionale di Slow Food, Sonia Chellini, ex presidente di Slow Food Umbria, Francesca Rocchi, ex presidente di Slow Food Lazio.
Focus - Legalità, tutela dei suoli e diritto al cibo: gli atout del Congresso di Slow Food Italia. Don Ciotti: «Non chiamiamoci più società civile, ma società responsabile, perché non possiamo essere cittadini a intermittenza”
Educazionealimentare, del futuro della nostra agricoltura e del ruolo degli chef nella rete di Terra Madre, e Vittorio Fusari ci ricorda che “il cibo è felicità”. Si passa poi alle riflessioni sul futuro, toccando i temi di attualità come la recente alluvione nelle Marche. E standing ovation per Don Luigi Ciotti, presidente dell’Associazione Libera. È giustizia la parola chiave del suo intervento: “C’è bisogno di giustizia nel mondo, con cui vincere una guerra silenziosa combattuta con armi economiche che sta derubando milioni di persone di speranza e futuro”. Don Ciotti passa, poi, ai fatti: “Ogni minuto si spendono 3 milioni di dollari per le armi e al contempo non ci sono i soldi per difendere la dignità delle persone. In Italia abbiamo 9 milioni di persone che vivono in condizioni di povertà relativa e 5 in povertà assoluta”. Per non parlare poi dei 7 milioni di persone che vivono un disagio lavorativo e dei 6 milioni di analfabeti. “Siamo agli ultimi posti in Europa nella dispersione scolastica, ma ai primi nella corruzione”, continua Don Ciotti, denunciando la crescente forza delle mafie, che ormai contaminano gran parte della filiera agroalimentare. “Ferita, questa, che inquina economia e politica”. Fondamentale quindi lottare contro la violenza in guanti bianchi e la mafiosità diffusa. “Se siamo uniti, è il bene che vince, perché i mafiosi non sono nessuno, la mafia è forte, ma la sua forza sta fuori dall’organizzazione”, denuncia. “Non chiamiamoci più società civile, ma società responsabile, perché non possiamo essere cittadini a intermittenza. Non stiamo a guardare, ribelliamoci. La responsabilità è la spina dorsale della democrazia e della nostra costituzione. Responsabilità come sentimento morale, che nasce dal rapporto vivo con la propria coscienza. Se rinunciamo alla responsabilità, rinunciamo alla libertà”. E conclude con un augurio: “Vi auguro di essere eretici, perché eresia in greco significa scelta. Eretici come chi, più della verità, ama la ricerca della verità”. Don Ciotti parla dell’eresia dei fatti, della coerenza e del coraggio. “Oggi è eretico chi mette la propria libertà al servizio degli altri e chi non si accontenta dei saperi di seconda mano. Chi crede che solo nel noi, l’io possa trovare la vera realizzazione. Chi non cede alla tentazione del cinismo e dell’indifferenza, malattie spirituali della nostra epoca”.
Roberto Moncalvo, presidente nazionale di Coldiretti, esordisce sottolineando come “Slow Food è uno dei principali luoghi di costruzione di pensiero diffuso, ora di portata mondiale”. Continua poi ricordando le grandi sfide che ci attendono, come la trasparenza nelle etichette, la battaglia sugli Ogm e sulla normativa relativa alle sementi: “La competizione agroalimentare è legata a un’azione di consumo becero che snatura il valore del cibo. Abbiamo una meta chiara ma c’è bisogno di coraggio e coerenza nelle scelte che facciamo”. Per questo, nonostante «siamo due organizzazioni diverse, con direttive e modi di operare differenti, è fondamentale che collaboriamo soprattutto in vista dei grandi progetti come l’Expo 2015, dove noi, insieme, ci stiamo davvero concentrando sui veri contenuti di questo evento mondiale. La nostra è una missione fondamentale, dobbiamo lottare perché ciò che abbiamo ottenuto in questi anni passi ora ai nostri figli”.
Altro tema incandescente è appunto la lotta contro gli Ogm, su cui interviene Stefano Masini, coordinatore della task force per un’Italia libera da Ogm: “nelle politiche agricole il nostro nemico è la mancanza di regole precise, e ciò che sta avvenendo in questi anni con gli Ogm ne è un esempio”. E continua: “abbiamo vinto solo il primo tempo della partita, perché se abbiamo i campi liberi dagli Ogm, ora dobbiamo liberare le stalle dai mangimi geneticamente modificati, e dobbiamo essere noi a sollevare il problema perché c’è una sola soluzione: restituire libertà alle filiere, riconoscere i prodotti per il valore che davvero hanno. E per questo abbiamo bisogno di un grande Slow Food”.
Impegni, questi, riuniti sotto il grande cappello della tutela del territorio, di cui ci parla Luca Martinelli, rappresentante del Forum Salviamo il paesaggio - Difendiamo i territori. Perché salvare il paesaggio non significa solo lottare contro la cementificazione, ma anche attuare “azioni di mappatura e sensibilizzazione delle comunità che presidiano i territori”. Ecco quindi che diventano fondamentali il censimento delle vecchie varietà di viti o le attività produttive che permettono di lavorare sulle montagne e mantenerle in vita, riducendo così i rischi di dissesto idrogeologico. «Il grande valore del Forum è la sua dimensione locale”, continua Martinelli. “La maggior parte delle nostre realtà è infatti costituita da comitati locali, che riescono portare avanti una riflessione che si trasforma poi nel vero modello di sviluppo che vogliamo per il nostro paese”.
Si parla invece di salute con Antonio Bonaldo, presidente di Slow Medicine: “l’associazione di professionisti della salute si propone di sviluppare e diffondere la cultura di una sanità sobria, rispettosa e giusta, che intende conciliare interventi di prevenzione, informazione, promozione della salute ed educazione a comportamenti equilibrati e sobri anche nell’ambito dell’alimentazione. Questo come metodo per la valorizzazione del patrimonio salute, ponendo al centro dell’intervento di cura la ricerca del giusto equilibrio fra l’uso di tecnologie e di terapie di efficacia dimostrata, il rispetto della persona curata e delle sue preferenze e l’attenzione alle risorse economiche e ambientali, in un rapporto strettissimo fra salute, ambiente e qualità della cura”.
Carlo Triarico, presidente dell’Associazione per l’Agricoltura Biodinamica, presenta sinergie e interazioni tra le due realtà: “vorremmo costituire un’alleanza tra le organizzazioni che condividono una certa visione di sviluppo che rispetti il lavoratore, l’ambiente e la salute, promuovendo la giustizia alimentare. Noi abbiamo agricoltori che incrementano la fertilità del suolo e una grande potenzialità ancora sconosciuta, di grandissimo aiuto in questo momento in cui i terreni, dopo anni di agricoltura intensiva, sono sempre più poveri”. Non manca un pensiero al 2015: “in vista di Expo stiamo progettando un convegno importante a fine febbraio 2015, per dare voce a chi davvero s’impegna per nutrire il pianeta, per indicare una rotta diversa da quella attuale”.
“Siamo lo stesso popolo, con grandi capacità di trasformare la società. Un popolo che partecipa alle scelte che lo riguardano, mettendoci impegno e allo stesso tempo entusiasmo e gioia”. Così Marco De Ponte, segretario generale di ActionAid. “Il nostro paese è stato descritto come “girlfriend in a coma”: no. Se qualcuno ha sfregiato, derubato, umiliato la nostra terra, oggi deve sapere che c’è gente che dice no. La guerra dei ricchi ai poveri, la guerra alla terra, la guerra alla bellezza del nostro paese non è accettabile. Le nostre due realtà sono unite dal desiderio di svegliare l’Italia: possiamo e dobbiamo far si che l’Italia tutta si rimetta alla testa di chi vuole un mondo più giusto, senza fame, in cui l’esclusione sociale risulti intollerabile a tutti e smetta di essere accettata come sottoprodotto della necessità di crescita di alcuni”. E conclude: “Oggi ho trovato addirittura poesia in un congresso: inusuale, bello. Da lunedì, pragmatismo e determinazione continueranno a unirci. Perchè l’Italia sveglia che vogliamo c’è già. Dobbiamo solo renderla visibile e forte, ascoltata e influente”.
Il presidente Slow Food CarloPetrini: “Il nostro Expo si chiama Terra Madre”. E il Ministro delle Politiche Agricole Martina: “Slow Food esprime un pezzo formidabile dell’impegno di questo Paese”. Il presidente Burdese: “noi saremo all’Expo, perché vogliamo evitare che finisca per predominare la voce di quelle multinazionali o di quei Paesi che avranno sì padiglioni meravigliosi, ma che allo stesso tempo affamano l’Africa con il land grabbing”
C’è un tema che oggi più che mai è di forte attualità, l’Expo 2015. E Slow Food l’ha trattato: “noi saremo all’Expo, perché vogliamo evitare che finisca per predominare la voce di quelle multinazionali o di quei Paesi che avranno sì padiglioni meravigliosi, ma che allo stesso tempo affamano l’Africa con il land grabbing”, ha detto il presidente Burdese. “Riflettiamoci un attimo: facciamo l’Expo per capire come nutrire il pianeta e allo stesso tempo migliaia di metri di suolo agricolo sono sacrificati per costruire il sito. Da sempre noi ci occupiamo dei temi al centro dell’Expo, e continueremo a farlo anche dopo. La sfida del 2015 allora è questa: proponiamo a ogni italiano di fare l’expo ogni giorno, anche se non visiterà la fiera. Diventiamo co-produttori, difendiamo il nostro pianeta”. Non possono mancare i riferimenti alle grandi sfide europee: “abbiamo bisogno che i fondi della Pac siano destinati a chi fa agricoltura biologica e biodinamica, a chi difende i suoli, a chi difende la biodiversità tutelando i saperi”. E Burdese termina con un appello all’associazione che ha diretto negli ultimi otto anni: “non perdiamo di vista il nostro carattere e i nostri pilastri fondamentali, il nostro mettere la dimensione locale al centro di tutte le azioni e i progetti”.
“Voi di Slow Food esprimete un pezzo formidabile dell’impegno di questo paese. È fondamentale ora costruire una prospettiva per il futuro, riconoscendo alcune parole d’ordine fondamentali e recuperando un progetto collettivo”, esordisce il Ministro alle Politiche Agricole, Maurizio Martina. “Expo è una grande occasione perché è la metafora del tentativo che l’Italia deve far per guadagnare un po’ di fiducia in sé stessa. Non accetto che l’Italia rinunci a un grande obiettivo come quello, significherebbe dimostrare al mondo che questo paese è finito. Oggi il grado di determinazione e le responsabilità sono ancora maggiori. Ma dobbiamo stare al tema e alla potenza di quella sfida, preparandoci al confronto con modelli e soluzioni differenti dalle nostre. Per me questo significa non solo preservare, ma potenziare le peculiarità dei nostri territori e della nostra visione del mondo”. Il Ministro conclude con i progetti per il futuro, dalla Pac al ruolo dei giovani in agricoltura, “misure che possono aiutare l’Italia a uscire dalla crisi e recuperare energia positiva. Questa è la sfida che vi lancio, aiutateci a tenere largo l’orizzonte e a segnalarci eventuali cambiamenti di rotta, saremo pronti ad accoglierli come abbiamo fatto con il progetto Campolibero che entro maggio diventerà un decreto anche grazie al lavoro condiviso con tutto il settore”.
La parola passa poi a Carlo Petrini: “cominciamo proprio dall’Expo: all’inizio non era inteso come una vetrina, ma come un’occasione per confrontarsi sul diritto al cibo, la sovranità alimentare e la sostenibilità ambientale. Noi ci saremo per portare il nostro contributo ma vorrei ricordarvi che il nostro Expo si chiama Terra Madre e non dura sei mesi. Sono dieci anni che facciamo l’Expo, e lo facciamo nei campi e nelle savane. Lo facciamo con un’idea partita da una piccola città piemontese e che ha poi conquistato il mondo intero. Il mio appello è quindi essere coraggiosi, visionari e pragmatici. Dobbiamo essere solidali con gli ultimi, fare una grande rivoluzione umana in cui è l’amore fraterno a guidare le nostre azioni. Ed è per questo che abbiamo lanciato sfide ambiziose che possono sembrare impossibili, come creare 10.000 orti in Africa. Orti con cui rendere i giovani africani artefici del loro destino, orti che devono farci capire che dobbiamo tutti essere africani, tutti inseguire un sogno”.
Il presidente Slow Food Carlo Petrini conclude con un augurio alla nuova classe dirigente: “non lasciamo che le logiche della vecchia politica entrino nelle nostre sfide, altrimenti come potremo spiegarlo ai nostri fratelli africani? L’intelligenza affettiva e l’austera anarchia sono le coordinate di un grande movimento. Non perdiamole”.
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