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Solo il 5% degli italiani segue la Dieta Mediterranea, ma cresce la “qualità” della spesa alimentare

La roadmap firmata Ambrosetti Club-The European Hous traccia le tendenze del food & beverage, tra post pandemia e intenzioni di acquisto
AMBROSETTI, DIETA MEDITERRANEA, SPESA ALIMENTARE, Non Solo Vino
Solo 5 italiani su 100 seguono la Dieta Mediterranea (ph:Pexels)

Se solo il 17,3% degli italiani è consapevole del consumo di frutta e verdura consigliato dai dettami della Dieta Mediterranea, scende al 5% la percentuale di coloro che effettivamente seguono questa buona pratica. Eppure, a partire dalla crisi pandemica, che ha risvegliato il desiderio di migliorare le proprie abitudini per rinforzare salute e benessere, la spesa alimentare nel nostro Paese si è orientata sempre più verso la qualità. A dimostrazione di ciò, nel carrello dei consumatori sono aumentati del +10,5% i prodotti sostenibili certificati e biologici, del +7,5% quelli a km zero, mentre si è registrata una riduzione dei cibi pronti e confezionali (-5,2%) e “junk food” (-4,4%). Questi i dati che emergono dal rapporto di Ambrosetti Club-The European House, “La Roadmap del futuro per il Food & Beverage: quali evoluzioni e quali sfide per i prossimi anni”.
Dal 2016, The European House-Ambrosetti ha condiviso, in partnership con aziende nazionali e multinazionali della filiera agroalimentare italiana, la rilevanza di fondare un “think tank” dedicato ad approfondire i temi e le esperienze più rilevanti per le aziende della filiera, anche come vettore di dialogo con le istituzioni europee, nazionali e regionali. È nata così la community Food&Beverage, che si articola in tavole rotonde, analisi di scenari e documenti, oltre ad un forum conclusivo annuale in cui vengono condivise riflessioni sul settore e proposte concrete con i policymaker nazionali ed europei di riferimento.
La ricerca parte dall’assunto che gli stili di vita sono il primo fattore determinante per la salute individuale, pesando per il 50% sul totale dei fattori che impattano sullo stato di salute di una persona. Seguono i fattori genetici e socio-economici, che rispettivamente incidono per il 20%, e l’assistenza sanitaria (10%). In particolare, la dieta scorretta rappresenta il secondo fattore di rischio causa di morte in Italia dopo il fumo. Il modello alimentare di riferimento per una dieta sana ed equilibrata è la piramide alimentare, intesa come l’insieme di regole nutrizionali volte a comporre l’alimentazione quotidiana. La piramide alimentare è alla base della Dieta Mediterranea, il modello nutrizionale considerato come benchmark di riferimento a livello mondiale, che si distingue per la sua varietà ed equilibrio, per l’elevata presenza di frutta e verdura, un indice glicemico limitato, un elevato contenuto di fibre e una bassa percentuale di carboidrati. Per questo motivo, una rigorosa aderenza alle dosi raccomandate fa di questa dieta la più efficace per il mantenimento di uno stato di benessere. Alla base della piramide alimentare (e della Dieta Mediterranea) vi è un elevato consumo di frutta e verdura. Le porzioni giornaliere raccomandate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sono 5 (equivalenti a un consumo giornaliero di 400 grammi). Secondo l’ultimo censimento sulle abitudini di consumo della popolazione italiana lanciato da The European House-Ambrosetti (e svolto su un campione rappresentativo di 1.000 individui), solo il 17,3% dei cittadini è consapevole dell’effettivo consumo di frutta e verdura consigliato dai dettami della Dieta Mediterranea e ancora più preoccupante è il dato riferito a coloro che effettivamente seguono questa buona pratica, pari al 5% del totale.
Per quanto riguarda i consumi, gli ultimi due anni sono stati segnati da una crescente pressione inflattiva, causata dalla concomitanza di fattori di crisi congiunturali e di lungo periodo, che mina la sostenibilità e la salute di una filiera di estrema rilevanza come quella agroalimentare. L’inflazione alimentare si è stabilizzata a +12,6% ad aprile 2023 (variazione tendenziale rispetto all’anno precedente) e, in questo mese, segna un divario con l’indice generale dei prezzi al consumo di +4,3 punti percentuali (+8,3% ad aprile 2023 rispetto ad aprile 2022), a dimostrazione della più marcata esposizione del settore alle forze di crisi. La crescita generalizzata dei costi e quella specifica per i prodotti alimentari sono riconducibili, in primis, alla riduzione della mobilità nelle filiere internazionali a seguito dei lockdown legati alla pandemia. Se la crisi sanitaria sembra essersi attenuata, lo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina ha causato uno nuovo stop all’approvvigionamento di alcune materie prime strategiche di cui i Paesi interessati erano esportatori, con particolare riferimento alla fornitura di gas naturale. Infine, in aggiunta ai fattori esogeni inaspettati, il culmine del cambiamento climatico in Italia ha danneggiato la capacità e la resa del terreno nazionale.
Eppure, sebbene l’incidenza della spesa alimentare sul totale continui a crescere, i cittadini italiani si distinguono per un’elevata attenzione alla qualità dei prodotti alimentari che acquistano, che rappresenta il primo driver di scelta per il 72,1% dei cittadini, un risultato legato ad una tradizione culinaria di alto livello che posiziona l’Italia al primo posto in Europa per numero di prodotti certificati (con 845 denominazioni protette). Il prezzo costituisce comunque il secondo driver di scelta, selezionato da due terzi dei consumatori, un’evidenza molto rilevante in questo contesto di crisi. Ancora oggi, la sostenibilità, intesa sia come ambientale che sociale, non sembra rientrare tra le principali priorità nella spesa alimentare dei consumatori italiani. A partire dalla crisi pandemica, che ha risvegliato il desiderio dei cittadini italiani di migliorare le proprie abitudini per rafforzare salute e benessere, la spesa alimentare si è orientata sempre più verso la qualità. A dimostrazione di ciò, nel carrello dei consumatori sono aumentati del +10,5% i prodotti sostenibili certificati tra il periodo pre-pandemico e oggi, i biologici e quelli a km zero del +7,5%.
Da segnalare anche un importante incremento dei prodotti a marca del distributore, sempre più considerate alternative con un buon rapporto qualità-prezzo. Allo stesso si registra una riduzione di prodotti meno salutari, quali cibi pronti confezionati (-5,2%) e “junk food” (-4,4%). Il crescente desiderio di qualità nel proprio carrello della spesa si scontra con una crisi inflattiva alimentare che ha incrementato in maniera molto significativa il valore medio di una spesa mensile. Circa 9 cittadini su 10 hanno registrato una crescita dei prezzi alimentari nei propri acquisti superiore al 10% nell’ultimo anno, di cui la maggior parte (59,3%) ha percepito una crescita del costo dello shopping alimentare tra il +10% e il +25%. In questo scenario di crescente pressione sul proprio potere d’acquisto, la prima risposta degli italiani è stata quella di provare a preservare le proprie abitudini alimentari, ma facendo maggiore attenzione a sconti e offerte (28,8% dei casi). Allo stesso modo, i consumatori dichiarano maggiore attenzione agli sprechi (17,9%) e la scelta di alternative meno care (16,2%).
Guardando alle singole categorie di prodotto, emerge con ancor più chiarezza come in media il carrello della spesa si stia “impoverendo”, non tanto a discapito della qualità e salubrità degli acquisti ma quanto sulla possibilità di includere prodotti alimentari più costosi. La risposta dei cittadini alla pressione inflattiva alimentare ha portato ad un aumento della presenza di legumi del +11,3% e di frutta e verdura (+9,2%) nel carrello della spesa medio. Si registra, invece, una riduzione del consumo dei prodotti più costosi come alcol e vino (-42,5%), prodotti a base di carne lavorata (-42,4%), carne (-41,2%) e pesce (-33,3%).

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