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S.PELLEGRINO E ACQUA PANNA - IL FUTURO DELL’ALTA RISTORAZIONE: ALTISSIMA QUALITÀ DI MATERIE PRIME, RISCOPERTA DI INGREDIENTI DI TRADIZIONE, MA ANCHE SPERIMENTAZIONI DI CUCINA MOLECOLARE, INNOVATIVE FORMULE E SPIN-OFF ACCESSIBILI AL GRANDE PUBBLICO …

La S.Pellegrino e Acqua Panna hanno presentato i risultati finali della ricerca internazionale “Lo scenario della ristorazione out of home nei cinque continenti”. La ricerca - realizzata con interviste a ristoratori, chef, sommelier, e produttori di vini - fornisce indicazioni utili su quelli che, a giudizio degli addetti ai lavori, saranno gli elementi distintivi della ristorazione di alto livello nella prossima decade.

Qualità, tradizione e innovazione: i valori guida
Una posizione di preminenza nella gerarchia di valori spetta alla qualità degli ingredienti, che raccoglie il 74,3% delle indicazioni. È interessante notare in quale modo ristoratori e chef interpretino questa rinnovata tensione alla qualità e alla genuinità delle materie prime. Si va, infatti, dall’uso preferenziale di prodotti biologici o non lavorati d’origine certificabile o tracciabile alla selezione di una rosa di piccoli produttori locali, che talvolta si trasforma in un vero e proprio controllo diretto della filiera. Ciò non esclude che la garanzia di qualità degli ingredienti possa includere il ricorso a forniture dirette dai quattro angoli del mondo, così da ottenere la disponibilità delle migliori materie prime tutto l’anno e saltare i vincoli posti da menu rigidamente stagionali. Tutto ciò rappresenta la risposta dell’alta ristorazione sia alla crescente domanda di prodotti salutari, sia all’aspettativa della clientela di una cucina che sia eccellente sotto tutti i punti di vista (58,8% di consensi) e giustifichi il prezzo (27,5%).
Seconda in ordine di importanza tra i valori guida dell’alta ristorazione, nel prossimo futuro, è, senza dubbio, la personalità e creatività dello chef, che raccoglie un 48,8% di preferenze a livello complessivo. Già oggi i ristoranti che si definiscono “Chef oriented” sono la maggioranza tra quelli del campione (41,5%). Una tendenza molto più spiccata nei paesi extraeuropei e in particolare in Nordamerica, dove si sfiora il 60%. Lo chef non è più semplicemente il regista della cucina, estroso inventore di prelibatezze tra le quinte dei fornelli, ma sta sempre più diventando l’attrazione principale e unica del ristorante, quando non dei palcoscenici degli eventi gastronomici più disparati. Uno chef-showman, un personaggio capace di intrattenere, con l’arte della cucina, una clientela ogni giorno più vasta.
I grandi chef, infatti, sono protagonisti anche di un’altra tendenza evidenziata dall’Osservatorio S.Pellegrino e Acqua Panna: quella della “democratizzazione della cucina” attraverso la creazione di formule ristorative “veloci” e menù alleggeriti che rendono l’alta cucina accessibile a una più ampia fascia di clienti. Esempi illustri di questo trend sono Spoon di Alain Ducasse, Fast Good di Ferran Adrià e il particolare menù di The French Laundry, dello chef Thomas Keller: tutti accomunati dall’offerta di pasti veloci ed economici senza rinunciare a tutta la qualità dell’alta cucina.
Ma come evolverà e in che direzione si orienterà nel prossimo futuro la preparazione dei piatti nell’alta ristorazione? Due sono le principali direttrici di sviluppo emerse nel corso della ricerca internazionale dell’Osservatorio S.Pellegrino e Acqua Panna. Si va da un lato affermando il recupero di prodotti, lavorazioni e ingredienti della tradizione locale, spesso oggetto di una rivisitazione in chiave moderna da parte degli chef. In quest’ottica tendono a scomparire anche le usuali distinzioni tra ingredienti nobili e poveri.
A questa tendenza se ne affianca un’altra, più sperimentale, che vede chef della fama di Ferran Adrià e Heston Blumenthal collaborare con chimici e fisici per unire creatività e nuove tecnologie di preparazione dei cibi nel segno della cosiddetta “cucina molecolare”. Va sottolineato che i due orientamenti sopra menzionati riscuotono un diverso indice di gradimento in Europa e nei Paesi extra-Ue.
Il recupero della tradizione è maggiormente sentito nel Vecchio Continente (38%); e in particolare nel nostro Paese, dove 8 chef su 10 ritengono che questo sia il nuovo trend dominante dell’alta cucina. Nel resto del mondo, invece, il ritorno alle “radici” gastronomiche non arriva al 22% delle indicazioni. La situazione si ribalta per quanto concerne l’orientamento alla sperimentazione e agli accostamenti insoliti, che entusiasma i Paesi extraeuropei (55%) mentre ottiene tiepidi consensi in Europa (28,8%).

Le tendenze in atto nei diversi continenti
Se in Europa si fa strada l’incontro tra il recupero delle materie prime tradizionali e locali e le nuove tecniche di preparazione, specie nella Nuova Cucina Nordica che sta rivoluzionando la tradizionale geografia gastronomica dell’Europa imponendo all’attenzione mondiale paesi come Svezia e Danimarca, in altri continenti si assiste all’emergere di orientamenti diversi, tutti di estremo interesse in chiave futura.
La nuova cucina asiatica, ad esempio, sta progressivamente aprendosi a ingredienti e materie prime occidentali, diventando più raffinata e meno speziata e attirando così l’interesse di un impressionante numero di chef e ristoratori in particolare statunitensi.
Stati Uniti e Australia si confermano aperti e interessati a tutti gli influssi gastronomici esterni, interpretando il cibo come fonte d’esperienza e conoscenza del mondo. Gli Usa, in particolare, si sono costruiti un’eredità e un’identità gastronomica precisa solo in tempi recenti; ciò non di meno New York, Las Vegas e la Napa Valley californiana costituiscono oggi importantissimi punti di riferimento per quanto di nuovo e di rilevante si muove nel panorama dell’alta ristorazione internazionale.
America Latina, Africa e Medio Oriente puntano, infine, ad esportare i loro prodotti e la loro cultura gastronomica.
La cucina africana, che è un mix di culture culinarie specifiche ibridate in varia misura con quelle degli ex Paesi colonizzatori, si sta rapidamente diffondendo in Occidente grazie ai flussi migratori.
Il vero outsider del futuro, però, potrebbe essere la cucina dell’America Latina, che vanta ingredienti unici al mondo ed è mossa da un forte desiderio di imporsi fuori dal continente d’origine. La cucina peruviana, in particolare, sembra avviata a diventare il nuovo fenomeno di massa negli Stati Uniti, ripetendo l’ascesa irresistibile che ebbe in passato la cucina Thai.

Cosa si beve nell’alta ristorazione e il nuovo ruolo del sommelier
Insieme alla figura dello chef, anche quella del sommelier sta godendo di crescenti consensi grazie alla maggior attenzione che la clientela riserva alle caratteristiche qualitative dei vini e delle bevande servite a pasto.
Il ruolo dei sommelier sembra destinato a crescere nel prossimo futuro, man mano che la globalizzazione enogastronomica e le richieste di una clientela sempre più esigente e informata richiederanno la competenza di una figura altamente specializzata, capace non solo di consigliare i migliori abbinamenti tra cibi e vino, ma anche di diffondere la conoscenza di vini meno noti o locali.
Allo stesso tempo, questo processo richiederà alla categoria dei sommelier un aggiornamento professionale rigoroso e costante, nonché l’estensione del know-how a bevande diverse dal vino: pur restando infatti quest’ultimo, insieme all’acqua, la bevanda più consumata nell’alta ristorazione, alternative come il tè, la birra, il sakè e i soft drink stanno iniziando a essere introdotte stabilmente anche nei menu dei ristoranti ad alto livello. Attualmente solo l’8,2% dei clienti che bevono vino non gradisce altre bevande. Il 91,8%, infatti, affianca al vino l’acqua (89,7%), distillati, superalcolici e amari (16,1%) tè (10,8%), cola e soft drink (10,8%), infusi (6,7%) o birra (6,3%).
Negli ultimi anni, in particolare, le acque minerali imbottigliate stanno seguendo un percorso di apprezzamento e qualificazione/acculturazione simile a quello dei vini. I clienti, infatti, stanno entrando nell’ordine di idee che a ogni etichetta corrispondano caratteristiche organolettiche peculiari, frutto della composizione del suolo dove sorge la fonte. Si è sviluppata, inoltre, una diffusa sensibilità all’aspetto distintivo del gusto (67,6%) e all’elemento garante del marchio (49,3%), che vede l’acqua minerale S.Pellegrino in posizione preminente sia in termini di notorietà (92,3%) sia in termini di penetrazione nella ristorazione internazionale (58,5%).

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