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MANOVRA IN TAVOLA

Sugar tax, Slow Food approva. A patto che si investano i proventi in educazione alimentare

In Italia oltre il 35% di bambini e adolescenti sono in sovrappeso o obesi, dato peggiore in Europa
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Sugar tax, Slow Food approva. A patto che si investa in educazione alimentare

Va bene la sugar tax, ma deve far parte di un progetto più ampio di educazione alimentare. Lo sostiene Slow Food, che pur rimanendo scettica sulla riuscita dell’operazione, soprattutto in vista della pressione di lobby delle aziende che producono bevande gassate e altri prodotti ad alto contenuto di zucchero (tra cui anche i produttori di zucchero italiani, anche se solo il 20% dello zucchero consumato in Italia è di produzione nazionale), si schiera a favore della tassa sulle bevande zuccherate, tra le tante ipotesi della manovra di bilancio del governo italiano.
Anche perché, spiega l’associazione fondata da Carlo Petrini citando un recente rapporto dell’Unicef, la gravità della situazione è evidente e non va sottovalutata. In Italia oltre il 35% dei bambini e adolescenti (dai 5 ai 19 anni) sono in sovrappeso o obesi, il dato peggiore in Europa. Tra le cause del problema l’eccesso di zuccheri che gli italiani assumono ogni giorno in quantità mediamente doppia rispetto a quanto consigliato dall’Oms (25 grammi, l’equivalente di 5 bustine di zucchero). Il contenuto di una sola lattina di soft drink supera ampiamente la dose consigliata.
“Se le tasse non sono mai di per sé una buona soluzione per risolvere i problemi e tanto meno una scelta strategica - sottolinea Slow Wine - bisogna comunque riconoscere che le esperienze dei Paesi in cui è stata applicata la sugar tax dimostrano un conseguente, notevole calo dei consumi di soft drink”. È successo in Francia, Norvegia, Messico, Cile e Ungheria, mentre in Gran Bretagna la tassazione progressiva rispetto alla quantità di zuccheri aggiunti ha spinto le aziende produttrici a ridurre il tenore zuccherino nelle bibite.
L’esempio più efficace da seguire, sostiene Slow Food, arriva dagli Stati Uniti. A Berkeley, San Francisco, Oakland e Seattle le entrate derivanti dalle tasse sulle bevande zuccherate vengono utilizzate per pagare programmi di nutrizione e attività fisica, frutta e verdura fresca per i destinatari del programma di assistenza nutrizionale supplementare, e altro ancora. Anche in Italia la sugar tax sarebbe un buon punto di partenza, ma deve far parte di un progetto più ampio: lo zucchero non è la sola sostanza da mettere all’indice, occorre ridurre in generale il consumo di cibi ultra-processati, eccessivamente ricchi di grassi e sale. Gli zuccheri poi non devono poter essere sostituiti con altre sostanze edulcoranti, alcune delle quali addirittura sconsigliate alle donne in gravidanza e ai minori di 12 anni.
È necessario quindi accompagnare l’introduzione della sugar tax con norme che ne destinino i proventi all’inserimento nei programmi scolastici di percorsi di educazione alimentare e sensoriale, per abituare il palato a gusti naturalmente dolci, nonché a progetti di miglioramento delle mense scolastiche. In questo modo, la tassa così impiegata non si configurerebbe come un ennesimo balzello, ma anzi sarebbe un mezzo efficace per intervenire alla radice nella lotta a sovrappeso e obesità infantili, con un effetto di miglioramento della prevenzione a tutto vantaggio del sistema sanitario.

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