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OPINIONI

Surgelato o fresco? Per gli italiani conta solo la qualità. “L’asterisco è anacronistico, va tolto”

Istituto Italiano Alimenti Surgelati chiede un cambiamento. “Anche nelle cucine gli chef preparano sempre di più piatti con ingredienti sottozero”

L’asterisco che nei menù dei ristoranti denota il prodotto surgelato, non sembra più essere così determinante. Perché gli italiani, pare, hanno un feeling sempre più stretto con i prodotti surgelati: tra le mura domestiche i consumi viaggiano spediti a ritmo di record, superando nel 2020, per la prima volta, i 15 kg pro-capite annui. Ma se nelle cucine domestiche il “surgelato” ha salvato pranzi e cene di tanti, trovando consensi pressochè unanimi, fuori casa il discorso cambia. Almeno così era fino a non molto tempo fa.
Adesso i surgelati sono considerati ingredienti preziosi e imprescindibili anche nelle cucine degli chef e nella ristorazione in generale e circa sette italiani su dieci dichiarano di scegliere piatti con ingredienti sottozero anche al ristorante. Ed ecco che il famoso asterisco, che contraddistingue il surgelato dal fresco, si “sgonfia” fino ad apparire al consumatore come niente più che un simbolo (per il 64%, a cui si aggiunge un 5% che lo ritiene inutile). A dirlo è la survey realizzata da Bva-Doxa per Iias (Istituto Italiano Alimenti Surgelati) che ha indagato sull’opinione degli italiani in merito all’utilità di questo “simbolo”, introdotto oltre quarant’anni fa su orientamento giurisprudenziale (non è previsto, infatti, un obbligo di legge in materia). La ricerca è stata presentata ieri a Milano nell’evento: “Surgelati con l’asterisco nei menù della ristorazione. Un’informazione ancora utile?”, cui ha partecipato un panel di esperti come Giorgio Donegani (presidente Iias); Elisabetta Bernardi (specialista dell’alimentazione, biologa e nutrizionista); Alessandro Circiello (portavoce della Fic-Federazione Italiana Cuochi); Agostino Macrì (responsabile Sicurezza Alimentare Unc - Unione Italiana Consumatori); Mauro Ferraresi (sociologo e studioso di consumi e comunicazione) e Roberto Calugi (direttore Generale Fipe - Federazione Italiana Pubblici Esercizi).
Il successo dei surgelati deriva dal fatto che consentono di superare la stagionalità/disponibilità dei prodotti freschi (37%); aiutano a combattere gli sprechi alimentari, permettendo di usare solo la quantità di prodotto che serve (36%); sono alimenti sicuri e tracciabili (21%); hanno la stessa qualità dei prodotti freschi (19%) e, tra le mura domestiche, permettono di avere i prodotti che più si amano a portata di freezer (43%) senza dimenticare che sono un ottimo “salva-tempo” (37%). Il 92% degli italiani dichiara di usare ingredienti surgelati nelle proprie preparazioni domestiche quando gli analoghi freschi non sono disponibili o di stagione e lo fanno se si tratta di vegetali (25%). Quello che conta, dunque, è la qualità indipendentemente dal fatto che un prodotto sia fresco o surgelato. Ma quando invitiamo a cena lo diciamo ai nostri ospiti che utilizziamo alimenti provenienti dal freezer? Solo nel 19% dei casi sentiamo l’esigenza di condividere questa informazione con gli ospiti.
Eppure, al ristorante, ancora oggi, i surgelati devono essere segnalati con un asterisco per differenziarli dagli alimenti/ingredienti freschi. Un paradosso che è solo italiano (o quasi) visto che siamo in compagnia di Cipro. Come spiega Giorgio Donegani, presidente Iias, “l’asterisco è un’informazione retaggio di un mondo passato che non esiste più, che poggiava anche sull’implicita convinzione che un alimento surgelato fosse - almeno per il pensiero dell’epoca - un prodotto di qualità inferiore rispetto al fresco. Una concezione ormai palesemente superata e anacronistica che finisce per penalizzare gravemente questi prodotti. Per comprendere quanto questa idea sia sbagliata, basta ricordare che i surgelati sono così tecnologicamente avanzati da mantenere intatte tutte le qualità nutrizionali del prodotto fresco (i surgelati subiscono un congelamento ultrarapido in cui raggiungono in brevissimo tempo i -18°C determinando la formazione di micro-cristalli di acqua che lasciano il prodotto pressoché intatto). Di contro, un prodotto fresco, come ad esempio una verdura consumata a qualche giorno dalla raccolta, riduce di molto il proprio contenuto di nutrienti”.
Sul tema del mantenimento va anche ricordato come la surgelazione industriale sia una cosa del tutto diversa e più efficiente del congelamento in freezer, dal momento che solo la prima preserva al meglio i valori nutrizionali del prodotto fresco. “I surgelati - conclude Donegani - garantiscono la massima sicurezza dal punto di vista sanitario, dato che il sotto zero blocca l’attività di microrganismi (enzimi, batteri) che, a temperatura ambiente, minacciano l’integrità di un alimento. Allo stesso modo, di un prodotto surgelato conosciamo molte più informazioni rispetto a un fresco, grazie a quanto leggiamo sull’etichetta della confezione. Di fronte a tutto questo, dell’asterisco sul menù c’è ancora davvero bisogno?”. Una domanda che troverà, c'è da immaginarlo, risposte diverse. In Italia, da quasi mezzo secolo, un ristoratore viene sanzionato se, nel proprio menù, non contrassegna con un asterisco accanto a un piatto l’eventuale presenza di uno o più ingredienti congelati o surgelati. L’obbligo dell’asterisco non è previsto da una legge dello Stato, ma è il frutto di un orientamento della giurisprudenza italiana, consolidatosi a partire dalla fine del secolo scorso attraverso numerose sentenze della Corte di Cassazione.

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