Sarà pure l’era dell’algoritmo, della razionalità, delle formule matematiche che tutto governano. Ma basta una dichiarazione, seppur autorevole, di un esponente del Governo, peraltro uscente, per scatenare una risposta emotiva e un piccolo shock finanziario. È successo nei giorni scorsi, quando il “Surgeon General” degli Stati Uniti del Governo Biden, ormai alla porta, Vivek Murthy, che sarà sostituito (previo ok del Senato) da Janette Nesheiwat nel nuovo Governo Trump (come abbiamo riportato qui), in un documento ufficiale ha suggerito al Congresso Usa di aggiornare le etichette degli alcolici inserendo avvisi sul rischio di cancro legato al consumo di alcol (peraltro poche ore dopo che il “Review of Evidence on Alcohol & Health” 2025, studio realizzato dalle National Academies of Sciences Usa, su incarico dello U.S. Department of Agriculture ha evidenziato come il bere moderato sia associato ad una minore mortalità “per tutte le cause” rispetto allo “zero alcol”). Ebbene, il crollo dei titoli di Borsa legati alle bevande è stato immediato nella seduta del 3 gennaio 2025, come hanno riportato i vari giornali finanziari del mondo. Per esempio, il quotidiano economico “Il Sole 24 Ore” ha sottolineato il calo di oltre il -5,2% di Campari a Piazza Affari a Milano, ma anche quello del -5% di Remy Cointrau e del -3,1% a Parigi, così come segnala anche il portale Market Watch. Un brutto colpo per un settore, quello delle bevande alcoliche in generale, che non vive un buon momento, anche se, va detto, dando un occhio ad alcuni dei titoli coinvolti, in molti stanno già vivendo un rimbalzo al netto rialzo al momento della stesura di questo articolo.
Una vicenda della quale osservare gli sviluppi ulteriori, ovviamente, e che si innesta in un dibattito ampio e acceso sulla gestione della complessa relazione tra salute pubblica, libertà individuale, corretta informazione, commercio e non solo. Ma che, in qualche modo, dice di quanto l’industria del beverage alcolico, ad ogni livello, abbia i nervi tesi tra calo dei consumi, difficoltà economiche sui mercati, e un’ondata di neo-salutismo, e anche, a detta di molti, di neo-proibizionismo, che non fa dormire sonni tranquilli a chi produce liquori, distillati, birre e vini, che lavorano in uno scenario sempre più complesso e incerto, in un settore che si riscopre improvvisamente più fragile di quanto si potesse pensare.
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