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TOSCANA-PIEMONTE: UN PATTO NEL NOME DEL VINO

Italia
Giacomo Tachis

Un patto tra Piemonte e Toscana: "non tanto un'alleanza tra le due regioni (con diversità nella tipologia di vini, storia, mercati, vitigni) quanto piuttosto la necessità di uno scambio di tecniche vitivinicole e di uno scambio culturale. Creare insomma un feeling nel veicolare l'immagine del vino di qualità italiano nel mondo". E' un po' questa la sintesi di "Piemonte chiama, Toscana risponde", un'iniziativa, voluta dalle Camere di Commercio di Siena e d'Asti, e curata dai giornalisti Sergio Miravalle de "La Stampa" e Carlo Cambi de "La Repubblica", un piemontese e un toscano. Dall'importante evento, è nata anche l'idea di costituire "Piemontosco", un "Club d'Idee" (che avrà un protocollo di intenti, che sarà rinnovato di anno in anno), presieduto da Giacomo Tachis, che avrà la sua ratifica per il convegno internazionale "Mitos" a Siena il 10/11 novembre 2000. Per la prima volta sono stati a confronto produttori vinicoli delle due regioni, con "cuore, portafoglio e storie personali" sia in Piemonte sia in Toscana. Regioni leader del vino, con squadre di produttori dai nomi famosi in tutto il mondo. Alcuni dati: la superficie vitata toscana è di 63.000 ettari, quella piemontese di 57.000; 3 milioni d'ettolitri prodotti in Piemonte e 2.600.000 ettolitri in Toscana, in entrambi i casi con netta maggioranza di vini rossi. Su questi temi si sono confrontati: Angelo Gaja, che da Barbaresco ha allargato le sue esperienze, investendo a Montalcino ed a Bolgheri; Albiera Antinori, dalla Toscana, insieme alla Prunotto di Alba, ha acquistato vigneti in Piemonte (ad Agliano) e produce Nebbiolo e Barbera; Nicolò Incisa della Rocchetta, nobile piemontese che ha trovato una patria enologica a Bolgheri; Ezio Rivella, enologo di Castagnole Lanze, motore del lancio del Brunello di Montalcino; Luigi Dezzani e Mario Schwenn, produttori, uno piemontese e l'altro svizzero divenuto toscano, che fanno un matrimonio di barbera e sangiovese, da cui nasce "Plenum"; Giovanni Minetti, direttore commerciale dei Tenimenti di Fontanafredda, dagli anni '30 proprietà del Monte dei Paschi di Siena; Guido Sodano, astigiano, responsabile della Sai agricola (già presente in Toscana, in Chianti e a Montalcino, ed in Umbria, nel territorio del Sagrantino, alla ricerca anche di vigneti in Piemonte); Franco Giacosa, enologo-manager della Zonin, leader dell'imprenditoria vinicola italiana (che ha investito sia in Piemonte, sia in Toscana); Giacomo Tachis, "maestro" della scuola enologica albese, che ha visto con successo la consacrazione dei suoi vini in terra toscana a cominciare dal Sassicaia.
Gli interventi più importanti sono stati sicuramente quelli di Gaja, Tachis, Rivella, Schwenn. Angelo Gaja ha detto "che la Toscana ha giocato su tre tavoli: autoctoni, uvaggi e blend, internazionali in purezza, sfruttando poi l'immagine del territorio toscano e l'enoturismo. Il Piemonte ha fatto grandi vini, ma l'immagine non è stata efficiente come quella Toscana. Da questa "joint-venture Toscana-Piemonte", la Toscana può dunque trarre indicazioni utili per coltivare meglio ed il Piemonte come comunicare meglio il territorio". Giacomo Tachis, il grande enologo del Sassicaia, Tignanello, Pelago, Turriga …, ha invece posto l'accento "sul problema dell'Italia dell'enologia, che non è la materia prima, che è alta, ma è quello di migliorare la tecnica vinicola. La superiorità della Toscana arriva dal microclima e dal territorio". Ezio Rivella, il "grande" del Brunello di Montalcino, ha invece improntato il suo intervento "sull'importanza della qualità e non della tipicità; una qualità, però, legata al territorio". Il simpatico viticoltore di Dievole Schwenn ha invece avanzato, sulla scorta delle sua esperienza di "Plenum", di creare un vino tosco-piemontese, al quale collaborino tutti i viticoltori che hanno aderito al "Club" (da decidere ancora tagli ed etichetta) che sarà prodotto in 20.000 bottiglie, sotto l'egida dell'Enoteca Italiana di Siena (e che saranno vendute ad un'asta di beneficenza).

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