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STORIE DEL VINO

Tra cuore, famiglia e business: la storia della Empson, pioniera dell'export di fine wine italiani

Fondata nel 1972 dal neozelandese Neil Empson, la società milanese oggi nelle mani della figlia Tara, 33 anni, per parlare ai Millennial
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Tara, Maria e Neil Empson, alla guida di una delle realtà pioniere delle esportazioni di fine wine italiani

È il 1990, siamo nel Rhode Island, Stati Uniti. Neil Empson è in visita alla famiglia della moglie Maria, italo-americana. Una bambina, Tara, è in affido temporaneo alla cognata ed è Maria che un giorno la va a prendere a scuola. Tara le sale in braccio, le appoggia la testa sulla spalla e le dice “I love you”. Nessuno può ancora immaginarlo, ma quel giorno incomincia una storia familiare da “libro Cuore” che si intreccia a filo doppio con quella di un’azienda che ha contribuito - e contribuisce tuttora - a fare la storia del vino italiano all’estero.

Che cosa succede? Di fronte a una manifestazione d’amore così spontanea e inattesa, Maria - che non ha figli - si commuove e decide con Neil di adottarla. Il giudice dà il consenso. All’epoca ha quattro anni e mezzo, è ancora troppo piccola per capire chi siano i suoi genitori ed è ancora troppo presto per sapere che un giorno avrebbe preso in mano le redini di un piccolo impero nel vino italiano.

Ma riavvolgiamo il nastro e andiamo alla fine degli Anni Sessanta. Neil è un giovin signore neozelandese appassionato di auto d’epoca, in particolar modo Ferrari. Per questo motivo frequenta spesso l’Italia e qui viene esattamente cinquanta anni fa, nel 1969, in luna di miele con Maria. Destinazione Portofino. “Non immaginavo un’Italia così bella anche nel cibo e nel vino”, racconta Neil a WineNews in un’intervista rilasciata assieme a Tara in una storica pasticceria di Milano.
“Conoscevo soltanto i vini francesi, ma ho subito amato i il Barolo, il Barbaresco e i toscani. Negli Stati Uniti si conoscevano soltanto il Chianti e il Lambrusco. Così sono andato alla scoperta delle cantine e ho visto un grande spazio per i vini italiani nel mercato americano”.

Neil e Maria vivono in Italia perché lei studia all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Ma gli amici gli dicono: “Vai a Milano, è quella la città del business”. Detto, fatto. Neil e Maria si trasferiscono in affitto in via Mosè Bianchi ed è nella portineria del palazzo, nel 1972, che la Empson spa vede la luce.
Il business funziona: i fax con gli ordini arrivano e una vicina di casa, Leida, che aiuta Maria con l’italiano scritto a rispondere in modo corretto, diventerà una colonna portante dell’azienda. “Non so come descrivere l’importanza di Leida, che è anche la mia madrina”, dice Tara. “Per l’azienda è stata la persona dietro le quinte che ha avuto un ruolo fondamentale: quando i miei viaggiavano era lei a tenere in piedi la fortezza”.

Le prime cantine esportate negli Stati Uniti hanno nomi quali Gaja (e Angelo Gaja qualche mese fa sedeva accanto a Neil a Milano nella cena per i suoi 80 anni con decine di altri produttori), Einaudi, Conterno Fantino, Jermann, Biondi Santi e altri grandi vini toscani che sarebbero poi stati chiamati da Neil, per caso, “Supertuscan”: un termine diventato icona.

Neil è un pioniere e diventa un commerciante. Ma crede che il lavoro si basi anche sui rapporti umani. Per svilupparli gira l’Italia per incontrare personalmente i produttori. “Non mi doveva piacere soltanto il loro vino - dice - ma anche le persone”. Tara è sempre con i genitori, li segue per le cantine e i vigneti, è una bambina curiosa. “Non volevano che stessi con le baby-sitter - ricorda - così ho viaggiato assieme a loro e ho avuto modo di conoscere i produttori, che per me oggi sono come fratelli”.
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Nel frattempo la Empson cresce, si trasferisce in una intera palazzina in via Romolo Gessi a Milano, apre gli uffici di Washington e di Calgary, e arriva ad avere in portafoglio 40-45 vini che esporta in 28 Paesi del mondo.
In questi anni Neil e Maria crescono non soltanto una figlia, ma anche - e questo forse non intenzionalmente - l’erede della loro azienda. Preparata, competente, ma anche empatica, capace di costruire in modo spontaneo relazioni umane: Tara quando parla dei suoi genitori o della loro attività ha gli occhi che brillano e presto il suo talento e la sua passione entrano in azienda. Prima prende in mano la società in America e, dal 2 aprile scorso, è alla guida di tutto. Neil, che ha da poco compiuto 80 anni, fa un passo indietro e Tara diventa Ceo. Il passaggio del testimone è nel segno della continuità, ma anche in quello del cambiamento per adattarsi al nuovo mondo dei vini e della ristorazione. E Tara, che ha 33 anni, con le nuove generazioni di giovani ristoratori e di winemaker parla la loro stessa lingua da Millennial.

“Sin dall’inizio - spiega Tara - abbiamo scelto la fascia alta e quella rimane la nostra identità, dobbiamo rimanere costanti e coerenti. Ma il mercato è cambiato e il nostro lavoro oggi non sta tanto nel posizionamento del prodotto quanto nel suo mantenimento”. Tradotto: fare arrivare un vino in un ristorante non è molto difficile; ma farlo restare sulla lista dei vini sì. “Il mondo della ristorazione è diverso - osserva Tara - e sono rari i locali con la cucina molto francese, la tovaglia bianca e una carta dei vini che sembra un libro. Oggi i giovani ristoratori sono più easy, non vogliono scorte di magazzino e fanno una selezione molto ristretta. Non acquistano tante casse, ma il minimo indispensabile per non essere vincolati e avere più libertà di cambiare. Questo fa parte nel modo di pensare della mia generazione”.

Come fare, quindi, per restare sulla lista? “I produttori devono tenere alta la qualità e non smettere di comunicare il prodotto e la storia per rendere una bottiglia unica e non anonima. E noi dobbiamo accompagnarli in questo racconto, non possiamo più limitarci a essere meri esportatori”.

Tara da qualche settimana si è trasferita a Washington per creare un contatto maggiore a livello culturale e a livello di procedura interna tra gli uffici, ma anche per essere più reattiva nel rispondere ai clienti americani. L’obiettivo è quello di presidiare il mercato, ma anche di espandersi. La ricerca di nuovi produttori prosegue in Val d’Aosta, in Piemonte nelle zone di Ghemme e di Gattinara, e delle isole che tanto piacciono a Tara. Il Vermentino di Gallura e la zona di Porto Pino in Sardegna, mentre in Sicilia guarda con interesse al successo dell’Etna. “Ma - chiude rivelando una policy aziendale - abbiamo già alcuni clienti e non vogliamo metterli in competizione”.

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