In agricoltura e nel vino, oggi, si investe, sia a livello imprenditoriale, visto che quella del vino è una delle filiere a maggior valore aggiunti del settore, che a livello patrimoniale, con i valori fondiari in decisa crescita, soprattutto nei territori più prestigiosi. Sia per business, che per prestigio. Strada intrapresa, da tempo, da Genagricola, divisione agricola del gruppo Generali, nonché la più grande azienda agricola italiana, con oltre 14.000 ettari di terreni (8.000 in Italia, il resto in Romania), di cui oltre 900 vitati, con 7 cantine (Borgo Magredo, Bricco dei Guazzi, Costa Arente, Gregorina, Poggiobello, Solonio, Tenuta Sant’Anna, Torre Rosazza, Vineyards V8+, tra Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Lazio, e 1 in Romania, Dorvena). Un patrimonio importante, e che può crescere ancora, come spiega a WineNews il presidente di Genagricola, Giancarlo Fancel: “il gruppo Generali investe in agricoltura fin dal 1851, con la bonifica di Ca’ Corniani, la più grande bonifica privata italiana. Non penso che stiamo vivendo una fase di riscoperta dell’agricoltura, quanto di cambiamento di prospettiva, improntato alla valorizzazione di questo enorme patrimonio che abbiamo, e non solo in Italia”. Certo fa riflettere il fatto che la più grande azienda agricola italiana appartenga ad un gruppo che, fondamentalmente, si occupa di finanza, e viene da chiedersi se quello agricolo e vinicolo sia un investimento più importante dal punto di vista imprenditoriale e produttivo, o a livello patrimoniale.
“Il peso del business agricolo è minoritario in quello del gruppo Generali - spiega Fancel - ma riteniamo che in questo asset rientrino valori fondamentali del gruppo, come la sostenibilità, l’attenzione all’ambiente, la valorizzazione del patrimonio agricolo, delle persone e dell’indotto che ruota intorno a queste attività. Abbiamo la parte di seminativo, il vino, un po’ di allevamento, la foresta in Romania, la produzione di biomasse: sono diverse linee di business nel nostro gruppo, che compongono un unicum. Certo è che gli immobili hanno una presenza molto rilevante: in alcune tenute abbiamo ancora la proprietà di tante abitazioni che erano dei mezzadri, a Torre Rosazza abbiamo una bellissima villa, Cà Corniani e altri immobili importanti, la parte immobiliare è un po’ il punto di rappresentanza delle nostre aziende. Ma per noi la produzione vinicola e del seminativo sono le attività principali e caratteristiche del gruppo: la parte immobiliare ce l’abbiamo, la stiamo ristrutturando, la vogliamo valorizzare per attività di formazione, convegni e così via, e anche per presentare l’azienda ai nostri clienti”.
Azienda che, spiega Fancel, oggi è “fatta da 26 realtà che si occupano, come detto di varie attività, che sviluppano 50 milioni di fatturato, di cui 15 dal vino. Abbiamo un profilo di investimento molto importante per la valorizzazione della nostra proprietà, abbiamo acquistato a fine dicembre 2015 una tenuta in Valpantena per la produzione di Amarone, Valpolicella e Ripasso, vini molto importanti per penetrare mercati che richiedono vini di pregio e rossi. Noi eravamo sbilanciati sul vino bianco, dobbiamo recuperare questo gap anche per potenziare il nostro export, che oggi vale il 35% del fatturato vino. La capacità di penetrare questi mercati con prodotti di alta qualità è un obiettivo, ci stiamo lavorando da qualche anno, vogliamo continuare sulla strada della qualità, e della valorizzazione dei brand, continuando ad investire”.
Parole che lasciano immaginare future acquisizioni. “Chiaramente guardiamo ai territori più vocati. Siamo in Friuli per i bianchi, in Valpantena, in Veneto, ed in Piemonte, per i rossi, dove, però, ci manca il Barolo. Valutiamo continuamente le possibilità, ci vengono proposte aziende, e qualora arrivasse una buona opportunità la valuteremo”.
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