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Tra una norma - forse fin troppo restrittiva - e le nuove frontiere della sharing economy, ecco spuntare nuove forme di tutela della tradizione e disintermediazione dell’economia. Come le “Cesarine”, pioniere e pionieri dell’home food tourism

Non Solo Vino
Il successo delle Cesarine tra sharing economy, home food tourism e tutela tradizione gastronomica italiana

Dai tortelli di patate e le rose di Parma ai pici all’aglione, passando agli ossicini di pollo, sono centinaia i piatti della tradizione gastronomica italiana la cui salvaguardia è affidata solo alla memoria delle generazioni: ma per mantenerle vive, facendone al contempo una nuova formula con la quale coniugare alla tradizione alimentare anche la microimprenditoria e lo stimolo del turismo gastronomiche, sono nate le “Cesarine” (www.cesarine.it), ovvero oltre 200 cuoche (e cuochi) che aprono le loro case e le loro tavole a tutti, dando vita alla tendenza dello “home food tourism”.
L’organizzazione “Home Food Cesarine” è nata con il patrocinio del Ministero delle Politiche Agricole, e con la collaborazione della Regione Emilia-Romagna e di Egeria Di Nallo - antropologa e docente di sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Bologna - per tramandare di generazione in generazione la tradizione culinaria dei nostri territori, riscoprendo e salvaguardando anche cibi e piatti “dimenticati”. E nel farlo, il loro esempio ha dato vita non solo ad un nuovo risvolto della ristorazione casalinga, ma a un vero e proprio fenomeno culturale, che sarebbe molto apprezzato dal turista straniero in cerca di autenticità ed esperienze della tradizione italiana. I clienti tipici di questa rete di cuochi non professionisti, infatti, provengono da Francia, Regno Unito e Usa - un modo alternativo, e molto efficace per i turisti, di apprezzare le eccellenze enogastronomiche del Belpaese e scoprire le sue storie. Al punto che le stesse Cesarine sono state adottate oltreatlantico: celebrate più di una volta dal “New York Times”, sono state ospiti delle sedi americane di Google per insegnare i segreti della cucina italiana, oltre che ambasciatrici, poche settimane fa a New York, della “Settimana della cucina italiana nel mondo”.
Certo, l’esperienza dal basso di questo ultimo esempio di sharing economy in Italia deve ancora fare i conti con la recente normativa sul tema approvata dal Parlamento italiano: una norma che, secondo alcuni, nel nome della tutela dei consumatori non farebbe altro che stringere fin troppo i limiti per questo tipo di esperienze, impedendo quindi che il settore dell’home cooking prenda definitivamente piede in uno dei paesi più gastronomicamente vari, e ricchi, di tutto il mondo.

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