ENTRO IL 2003, IN ITALIA, IL TURISMO DEL VINO TOCCHERA’ I 5000 MILIARDI DI BUSINESS
Anche in Italia, il turismo del vino, sull’onda del crescente favore per i turismi “alternativi”, è destinato ad intercettare sempre più importanti quote di mercato: secondo il Censis Servizi Spa, entro il 2003, l’enoturismo dovrebbe passare dagli attuali 3 a 5 milioni di arrivi, da 8 a 15 milioni di presenze, da 3.000 a 5.000 miliardi di business.
ENOTURISMO: I SEGRETI DEL SUCCESSO
Il vino, che è sempre meno alimento base e sempre più occasione per migliorare stile e qualità della vita, è ormai anche un pretesto per alimentare la fantasia alla scoperta di territori, esplorazioni di cantine, ricerca di prodotti, assaggio di cucine, convivialità inattese. Questo scenario, prospettato da ricerche sociali, conferma che l’enoturismo è il volano più efficiente per muovere flussi, grazie al mix dei suoi principali elementi: cultura, paesaggio, vino, cucina, arte, prodotti agroalimentari, artigianato di qualità.
CHI E’ IL TURISTA/APPASSIONATO DEL VINO ?
Questa la fotografia emersa da un recente sondaggio del Censis Servizi, autorevole istituto di ricerca da anni attento all’evoluzione dei consumi e dei comportamenti legati al vino ed al turismo del vino: “sono 6 milioni gli italiani, soprattutto tra i 26 e 45 anni, che cercano e consumano in maniera sempre più crescente etichette di qualità, comprano guide e riviste specializzate, frequentano enoteche e wine-bar, partono per weekend alla scoperta di territori ricchi d’arte, storia, ambiente, ma anche di cantine. Ma l’attenzione verso il mondo del vino, in controtendenza con il calo dei consumi, ha una platea ben più grande: sono 24 milioni i consumatori italiani stabili della bevanda cara a Bacco e 16 milioni hanno disponibilità a casa di uno stock di vini”. Dal sondaggio, condotto dal professor Fabio Taiti su un campione rappresentativo di 2.000 italiani, emergono, oltre alla larga e solida base di consumatori e appassionati, importanti novità: le prospettive del mondo del vino si giocheranno in buona parte sul crescente magnetismo dei distretti enogastronomici (ma ancora pochi sono i localismi presidiati da una strategia adeguata a cogliere l’onda alta delle opportunità); il vino è vissuto sempre meno come un alimento e sempre più come un comportamento emozionale; gli eventi del vino sono vissuti come progetti e opportunità di cose da fare (visite a cantine, enoteche, mostre e fiere); i distretti del vino si propongono come magneti dei nuovi turismi (le regioni cult sono Toscana, saldamente in testa, seguita da Piemonte, Veneto, Campania, Umbria). Il Censis Servizi, nel sondaggio, ha anche creato una sorta di “top ten” sulle intenzioni di visita nei distretti del vino (un potenziale di 10 milioni d’italiani con “intenzioni e progetti di viaggio” nei singoli micro distretti): in ordine, Chianti, Conegliano, Oltrepò Pavese, Montalcino, Monferrato, Langhe, Trentino, Montefalco, Collio, Castelli Romani.
L’INDICAZIONE DEL MOVIMENTO TURISMO DEL VINO: “NON STRADE, MA DISTRETTI”
La legge sulle strade del vino è lo strumento fondamentale per legare insieme storia, cultura, tradizioni agroalimentari del territorio rurale promuovendo un’innovativa strategia di marketing in grado anche di definire la competitività del vino e dei prodotti tipici nazionali, in coerenza con gli orientamenti comunitari. L’idea però che ogni doc debba andare alla realizzazione delle strade e dell’offerta enoturistica non è vincente: il concetto naturale è quello “di distretto”. Come del resto, anche avere una legge nazionale non significa fare strade del vino in tutta Italia: le strade del vino devono nascere solo nei distretti enologici per eccellenza, con una forte identità culturale e d’immagine.
SINERGIE DI DISTRETTO PER IL LANCIO DEL TURISMO DEL VINO
Il turismo del vino, in futuro, potrà esprimere ottimi risultati economico-sociali e rappresentare un modo dinamico di fare economia e di generare nuove ed intelligenti occasioni di lavoro (in particolare nella ristorazione, ricettività e prodotti tipici; nell’offerta d’eventi; nella cura e visibilità dei luoghi, vigneti, cantine, paesaggio; nella promozione delle risorse storiche, culturali, artistiche), solo a seguito di una più completa politica di settore, basata soprattutto sulla redazione di un completo, organico ed innovativo progetto di “strada del vino” (con relativa “carta d’accoglienza”). L’idea della “strada” deve essere quella di mettere in circuito i turisti e di arricchire l’offerta delle cantine, che c’è ormai da anni. Adesso, si devono realizzare momenti di ospitalità evoluta per allungare la permanenza nel territorio e creare una sinergia pubblico-privato che riesca ad investire nel miglioramento delle infrastrutture, nella valorizzazione del territorio, nel perfezionamento della qualità dei servizi e dell’accoglienza, nella capacità ricettiva delle cantine, nella creazione d’eventi e nel collegamento ad attrattive.
FORMAZIONE, CARTA VINCENTE PER IL DECOLLO DELL’ENOTURISMO
Investire in formazione per il decollo dell’enoturismo, anche sulla base delle esperienze del turismo del vino di altri Paesi (dove, peraltro, non c’è il gigantesco patrimonio d’arte, cultura, tradizioni, legato ai distretti del vino d’eccellenza come in Italia). Una formazione specifica, che in questi anni ha permesso al Movimento Turismo del Vino di richiedere il riconoscimento di tre nuove figure professionali: la guida enoturistica (in grado, cioè, di saper mettere in relazione il bene culturale con il vino), l’addetto alla gestione e all’accoglienza del turista in cantina, il manager specializzato nella gestione dell’enoturismo e delle strade del vino (per il quale si stanno già prendendo accordi con alcune Università italiane, che dovrebbero dedicare dei “Master” a questa figura professionale).
NASCE LA "SANTA ALLEANZA" DEL TURISMO DEL VINO
"Stabilire un contatto, che poi dovrà divenire permanente, tra tutti i soggetti dell'enoturismo per monitorare, le fasi di attuazione della legge sulle strade del vino e per valutare lo stato di attuazione delle diverse normative regionali nel settore": lo hanno deciso in una recente assemblea a Roma le organizzazioni del turismo del vino (Città del Vino, Movimento Turismo del Vino, Ice, Enit, Regioni).
SONDAGGIO: I TURISTI DEL VINO CAMBIANO IL VOLTO DELLE CANTINE ITALIANE
Il turismo del vino è in crescita e le cantine investono: a livello nazionale, infatti, la ristrutturazione delle cantine, a fini turistici, interessa oltre il 20% delle aziende (nelle aree viticole più prestigiose la percentuale sale invece al 94%): è quanto emerge dai dati raccolti, nel febbraio/marzo 2001, dai giornalisti Guido Stecchi e Maria Cristina Beretta per la “Guida alle Cantine e ai Vini d’Italia” (Mondadori), e, soprattutto, dal sondaggio condotto dalla fondatrice del Movimento Turismo del Vino Donatella Cinelli Colombini. Quest’ultima indagine, realizzata per conto del Movimento in particolare su una cinquantina di cantine del Brunello di Montalcino e del Collio, due dei territori con più appeal enoturistico, fotografa la “cantina aperta al pubblico”: si tratta, in maggioranza, di aziende con un fatturato inferiore ai 2 miliardi e con una produzione sotto le 150.000 bottiglie annue, che, grazie alla qualità dei loro vini, hanno però raggiunto una fama internazionale. L’enoturismo a Montalcino ha caratteri più “maturi”: il famoso vino non basta più a soddisfare i visitatori e il 61% (il 33% nel Collio) delle cantine ha almeno un’altra attrattiva. Inoltre, il 35% delle aziende offre da mangiare e da dormire (in Collio, invece, le imprese con ristoranti o camere sono molto più rare); in Toscana, solo le aziende più piccole sono prive di personale specificamente addetto all’accoglienza, e nel Collio c’è ancora invece una netta prevalenza di cantine dove il turista è ricevuto da chi è disponibile in quel momento: nonostante questo, i friulani sono i più ospitali e chi bussa alla loro porta, anche senza preavviso, ha la possibilità di assaggiare il vino e fare visite guidate in oltre 80 cantine su 100. Il sondaggio ha anche rilevato l’assenza di uno specifico negozio aziendale in tutte le cantine friulane (anche se nel Collio molti produttori ritengono di avere un punto vendita, pur non avendo scaffali di esposizione e bancone) e nella maggioranza di quelle toscane aperte al pubblico (dove la maggior parte dei visitatori si indirizza sui vini più cari prodotti dalla cantina). In tema di “immagine & comunicazione”, il sondaggio, effettuato da Donatella Cinelli Colombini, fa notare che solo una cantina friulana su 5 pensa di dare immagine alla propria denominazione, mentre più della metà dei produttori di Montalcino è sicura di dare notorietà al Brunello.
L’ENOTURISTA “TIPO”
E’ prevalentemente maschio e straniero, età compresa fra i 26 e 45 anni, livello socio-enonomico medio/alto (dirigenti, insegnanti, professionisti, imprenditori). Il suo obiettivo è, in primo luogo, quello di conoscere meglio il vino e completare la sua gita nel verde (l’acquisto delle bottiglie è una delle ultime motivazioni). Ad attrarlo sono i territori dei grandi vini dove il paesaggio è più suggestivo, nei ristoranti è possibile assaggiare gastronomia tipica, gli abitanti sono cordiali, il clima è buono e c’è un ricco patrimonio artistico.
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