Senza inutili confronti, il Salone del Vino di Torino di mister Alfredo Cazzola ha superato la prova: “sono soddisfatto del Salone del Vino - spiega Alfredo Cazzola, presidente di Lingotto Fiere - e i macronumeri vanno ben oltre le nostre più positive aspettative: oltre 27.000 visitatori professionali, 567 giornalisti italiani ed esteri delle più qualificate testate e rubriche televisive (che hanno dato ampio risalto alle attività e alle aziende del Salone). Tutti aspetti che sottolineano anche l’importanza raggiunta dal mondo del vino. E dicono anche che il settore abbia apprezzato il debutto di un salone specializzato. Per noi questi risultati sono motivo per confermare la cadenza annuale e già nei prossimi giorni annunceremo il calendario della prossima edizione, ben sapendo che le aspettative saranno più elevate, ma forti anche dell’esperienza che abbiamo fatto sul campo. Gli obiettivi di questo Salone sono stati raggiunti, ma ora dobbiamo porci nuovi traguardi: devo anche dire che questa nuova esperienza di Lingotto Fiere ha positivamente toccato i miei collaboratori e anche me: ho avuto la possibilità di incontrare un mondo straordinariamente vitale, un mondo che ha fatto, questo sì, un vero miracolo italiano”. Nella "quattro giorni" il mondo delle cantine ha avuto modo di affrontare nei convegni, con temi di più immediata attualità: dal rapporto vino e finanza (con l’annuncio di un possibile avvio di un mercato per i titoli a termine sulle bottiglie), al “processo tappi” (quelli di sughero sono stati assolti per insufficienza di prove mentre quelli sintetici cominciano a non trovare più ostacoli d’immagine), dal rapporto vino e salute (con la proposta del sottosegretario Guidi di inserire nei menù ospedalieri anche il vino di qualità) alla formazione professionale per gli operatori turistici nelle cantine, dal nuovo ruolo delle doc al sostegno del vino come must del made in Italy (il convegno di Confagricoltura sul rapporto vino/moda/turismo). Non solo, il Salone del Vino ha guardato anche ai mercati esteri di particolare rilievo: a Torino il ministro per le Politiche Agricole Gianni Alemanno ha riflettuto sulla possibilità di creare "una Sopexa per la promozione e il sostegno all’export del made in Italy agroalimentare", oltre a sottolineare che “iniziative come il Salone del Vino, che nascono da un’impresa privata, sono un fondamentale sostegno per i prodotti agroalimentari di qualità del nostro Paese”. Ma al Salone di Torino anche le grandi bottiglie hanno trovato modo di essere raccontate (qui sono state presentate alcune tra le più prestigiose guide enoiche: da quella di Hugh Johnson a quella di Veronelli, a quella di Luca Maroni, e il Gambero Rosso Channel ha proposto una sorta di teatro per gli abbinamenti cibo-vino) e di raccontarsi attraverso una serie di degustazioni di altissimo livello (sono state oltre 60) con una straordinaria partecipazione. Da Torino è poi partita una nuova tendenza, il vino è una forma d’arte: a cominciare dall’immagine ufficiale della manifestazione, firmata da Milan Goldschmiedt, proseguendo con il Museo del Vino della Fondazione Lungarotti, per chiudere con la performance ideata da Andrea Pezzi e intitolata Wine Art, che si prepara ad una tournée italiana ed internazionale. Insomma il Salone ha messo in campo un modo nuovo di sostenere e raccontare il vino, fatto d'immagine, di prodotti e di aspettative delle cantine (che sono contemporaneamente aziende agricole, industriali e commerciali), dando loro le stesse importanti opportunità di mercato. L'evento, per i soli "addetti ai lavori", ha raggiunto i suoi obiettivi: business, aggiornamento, convegni e pubbliche relazioni, dimostrando che, alla fine, il mondo del vino ben accetta iniziative mirate e professionali … E molti sono pronti a scommettere che tante di quelle aziende che oggi hanno snobbato il Salone saranno in prima fila nel 2002 (tra i 27.000 visitatori, molti i titolari di cantine !).
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