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UN LIBRO, “ROMA CAPUT VINI. CIÒ CHE GLI ITALIANI NON SANNO E CHE I FRANCESI NON VORREBEBRO SAPERE”, PER SPIEGARE CHE SENZA IL VINO “MADE IN S.P.Q.R.” IL NETTARE DI BACCO NON SAREBBE MAI DIVENTATO ICONA

S’intitola “Roma caput vini. Ciò che gli italiani non sanno e che i francesi non vorrebebro sapere”, l’ultima fatica letteraria di Giovanni Negri, scrittore e viticoltore, in prossima uscita per Mondadori.

Il libro è divisa in due parti: la prima, scritta da Negri, a carattere storico, disegna un’analogia fra impero romano e impero americano, riassumibile nella frase “quello che Roma fu per il vino, l’America lo fu per la Coca-Cola: tutto”. La seconda parte, a cura di Elisabetta Petrini è invece una ricostruzione etimologica dei nomi dei vitigni, ma anche di alcune celeberrime zone di produzione (da Romanae - Romanée Conti a Muris Altis - Meursault; da Vitis Biturica Burdigala - Cabernet Sauvignon, Bordeaux; a Ellenium - Aglianico; da Barbarica Silva - Barbaresco a Clante - Chianti), che dimostra quanto il vino sia stato, almeno agli inzi della sua storia, soltanto un prodotto “made in S.P.Q.R.”.

“Il libro - spiega Giovanni Negri - vuole ristabilire, attraverso un’opera divulgativa, quella che è una verità storica e cioè che l’impero Romano ebbe per il vino la stessa importanza che gli Stati Uniti hanno avuto per la Coca-Cola. Entrambi gli imperi possiedono molte affinità, sociali - ambedue “melting pot” e multiculturali - militari, ed economiche, ma hanno anche trasformato un prodotto che inizialmente soddisfaceva soltanto un mercato interno, in una vera e propria icona, in un vero e proprio mito. E questo accade precisamente quando la bevanda, il vino per i romani, la Coca-Cola per gli americani, diventa ragione di export. E così la Coca-Cola divenne mito quando 64 lineee di confezionamento seguirono l’esercito americano nella Seconda Guerra mondiale e imobttigliarono quella che diventò la bevanda dei Marines, ma anche l’immagine dell’America durante e alla fine della guerra. La stessa cosa - continua Negri - accadde al “vinum”, che diventò mito in tutta Europa quando ogni legionario romano lo portò in ogni dove, durante le campagne di conquista imperiali. Fatti i debiti paragoni e le debite sintesi, che evidentemente sono necessarie - puntualizza Negri - ci troviamo in presenza di un fenomeno in cui un esercito che avanza, una civiltà che si insedia, un impero che connota se stesso, lo fa anche attraverso un imprinting agro-alimentare, legato ad una bevanda che sia per l’America che per l’Impero Romano trova un riscontro molto preciso. Nel caso del “vinum” - conclude Negri - questa bevanda è di fatto, nonostante la sua origine ellenica, “made in S.P.Q.R.” e viene straordinariamente potenziata nel suo impatto da Roma”.

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