A Bundanoon, piccolo paese australiano di 2.500 abitanti distante 150 chilometri da Sydney, da qualche giorno, è vietata la vendita e l’uso di acqua minerale in bottiglia.
“Per la salvezza dell’ambiente, ciascuno di noi può fare la differenza a livello locale. L'industria delle bevande realizza enormi profitti vendendo qualcosa che si può avere gratis”, spiega Huw Kingston, il portavoce della campagna ecologista culminata con il voto favorevole a larghissima maggioranza dell'assemblea dei cittadini”.
Nel mirino del provvedimento gli effetti che l'imbottigliamento e la distribuzione di acqua confezionata producono sul Pianeta: milioni di litri di petrolio, milioni di tonnellate di anidride carbonica e centinaia di miliardi di litri di acqua consumati oltre ad altre sostanze inquinanti per la lavorazione della plastica necessaria all’imbottigliamento.
L’Australia, però, non è l’unico Paese ad andare in questa direzione: le amministrazioni di New York e San Francisco hanno vietato l’acqua minerale negli uffici pubblici. E se anche in Italia - dove sono 12,2 i miliardi di litri di acqua imbottigliata venduta all’anno e dove il 97% delle famiglie la acquistano (dati Eurisko) - prendesse piede questa tendenza? Ci siamo mai chiesti quanta energia si spreca e quale impatto ambientale ha il trasporto delle acque minerali. Non è forse più ecologico, nonché salutare ed economico, tornare a bere l’acqua del rubinetto?
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