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UNA CIVILTÀ FONDATA SUL VINO, LA NOSTRA: DI SCENA, A BARI, “LA VIGNA DI DIONISO. VITE, VINO E CULTI IN MAGNA GRECIA”, UNA MOSTRA CHE CI RACCONTA COME IL NETTARE DI BACCO FOSSE AL CENTRO DELLA VITA DEGLI ANTICHI ABITANTI DELLA PUGLIA

Antichi reperti del periodo tra il VI ed il IV secolo a. C. che raccontano, attraverso coppe, crateri per mescolare il vino ed altri oggetti di uso quotidiano decorati con miti dionisiaci, lo stretto rapporto degli antichi abitanti della Puglia con il “mondo di Bacco”. È la mostra “La vigna di Dioniso. Vite, vino e culti in Magna Grecia”, la mostra curata dalla Soprintendenza archeologica di Puglia, di scena, da ieri al 20 novembre 2011, a Bari.

Si tratta di un raro “excursus” nell’arte figurativa delle popolazioni pre-romane del “tacco d’Italia”, fortemente caratterizzata dal culto di Dioniso e dell’elemento-dono più importante dell’antichità: il vino. Nei vasi figurati e nelle statuette prorompe un tripudio di satiri e baccanti del corteo dionisiaco, tutti impegnati a produrre, a gustare o a smaltire gli effetti del dono divino. Un regalo ambivalente: da una parte esso è farmaco per gli affanni umani e bevanda sociale capace, attraverso il costume del simposio, di istituire legami familiari e rapporti sociali; dall’altra esso è un succo pericoloso che, se ingerito in modo scorretto, induce all’ebbrezza e alla perdita di equilibrio, fino alla trance e al folle eccesso. E, ancora, i corredi funebri provenienti da Taranto e da Rutigliano, come il ricchissimo repertorio dell’atleta vincitore alle gare di Atene (con i consueti vasi “panatenaici”), o come lo stupefacente corredo di ceramiche e di bronzi che un principe volle portare con sé nell’aldilà, come embelma del suo rango in vita. Grandi e piccoli vasi per il simposio, tra i quali i consueti contenitori per mescolare la bevanda (il cratere) e quelli per bere, il “kantaros”, che diventa attributo di Dioniso stesso. Spiccano, tra i vasi per bere, i “rhytà” plasmati a forma di facce di animali o di umani, o addirittura costituiti da vere e proprie sculture.

Non poteva mancare, infine, lo sguardo all’elemento ludico-amoroso che riguardava il consumo del vino, come il gioco del “kottabos” nel simposio, consistente nel colpire, con l’ultima goccia rimasta nel “bicchiere”, un congegno di piatti in equilibrio. Insomma, “voci” da un lontano passato che ci parlano di come il nettare di Bacco occupasse una posizione fondamentale nella vita sociale e religiosa di civiltà che sono alla base della nostra.

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