Da Tenute Pieralisi a Borgo Paglianetto, da Luca Cimarelli a Podere Mattioli, da Tenuta Musone a Tenute San Sisto, da Roberto Venturi a Santa Barbara, da Filodivino a Marotti Campi, da Belisario a Casalfarneto: ecco le 12 aziende protagoniste della degustazione, di scena ieri, a Vinitaly 2024, a Verona, voluta dall’Imt-Istituto Marchigiano di Tutela Vini per raccontare la sostanziale differenza tra le due anime del Verdicchio - quella marina e sabbiosa di Jesi e quella continentale e calcarea di Matelica - e il percorso di qualità intrapreso dalla denominazione ormai da qualche anno, che ridifinirà ancor meglio l’identità e il vertice qualitativo di uno dei vini bianchi più amati dagli appassionati e apprezzato dalla critica.
Un percorso che, a sessant’anni dalla costituitone della denominazione, è stato trainato anche dal cambio generazionale a cui è andato incontro il territorio. “Questo è un momento importante per Jesi e Matelica - secondo Michele Bernetti, presidente dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini - perché puntiamo sempre più l’accento sul territorio anziché sul vitigno. Dovremmo essere infatti vicini alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle modifiche apportate al disciplinare del Verdicchio di Matelica, che renderà facoltativa la menzione del vitigno in etichetta, mentre con il Verdicchio dei Castelli di Jesi, si andrà ad accorpare sotto la Docg anche la tipologia “Superiore”, formando un unico vertice che riunisce le sue migliori produzioni”.
Al centro della degustazione condotta dall’enologa Eleonora Marconi, quindi, una selezione di 12 vini, in rappresentanza di alcune tra le migliori produzioni del Verdicchio dei Castelli di Jesi e di Matelica, ambasciatori della fascia premium del grande vitigno autoctono marchigiano. Vini che subiscono l’influenza del mare (grazie ad 80 chilometri di costa adriatica) e l’influenza della montagna (grazie ad 80 chilometri di Appennini), che cambiano il tessuto del suolo, la tipologia di ventilazione e l’influenza della luce del sole. Basti immaginare che a Jesi da sempre si piantano le vigne a Nord-Est, perché il sole del mattino si raddoppia venendo riflesso dal mare, assicurando la maturazione ideale dei grappoli e conservandone l’acidità.
Dell’annata 2022 (l’ultima annata più calda affrontata, in seguito spodestata dai record del 2023) lo staff di WineNews ha assaggiato il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Villaia di Tenute Pieralisi e il Verdicchio di Matelica Petrara di Borgo Paglianetto, entrambi caratterizzati da una sapidità decisa, originata dai suoli: di origine marina per il primo, di origine lacustre il secondo. Teso e agrumato il Villaia, più levigato e minerale il Petrara.
Dando qualche tempo in più al Verdicchio lo si conosce meglio, perché sviluppa in modo più definito le sue peculiarità aromatiche di fiori e frutta bianca e paglia, mantenendo freschezza, sapidità e consistenza. Lo dimostrano nel bicchiere il trittico di Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore 2021 Fra Moriale di Luca Cimarelli, Ylice 2021 di Podere Mattioli e Ghiffa 2021 di Tenuta Musone. I primi due, dall’acidità spiccata, provenienti dal centro della denominazione e il terzo, prodotto da vigneti più vicini alle montagne, dallo sviluppo centrale ma denso.
Il 2020 è stato l’anno del Covid, ma va ricordato anche per aver avuto un andamento stagionale classico in inverno e in primavera. Unica eccezione in un lustro abbondante che ci ha fatto perdere in media un mese d’inverno per darci le gelate tardive ad aprile. Ne hanno beneficiato i grappoli di Verdicchio, declinati nel Castelli di Jesi Riserva di Tenute San Sisto - che gioca con le note di tiglio e pietra focaia, nel Qudì di Roberto Venturi - che alterna dolcezza e acidità creando contrasto, nel Tardivo Ma Non Tardo di Santa Barbara - vendemmia tardiva che coniuga armoniosamente dolcezza, freschezza e calore, nel Dino di Filodivino - che tende più agli aromi di frutta gialla e mandorla, infine nel Salmariano di Marotti Campi - didatticissimo e intenso nel suo dispiegarsi al naso e in bocca.
Hanno chiuso la degustazione il Verdicchio di Matelica Cambrugiano Riserva 2020 di Belisario, altra vendemmia tardiva, ma dal territorio montuoso, che cede in tensione, ma acquista pienezza e morbidezza rispetto alla versione marina di Jesi, e infine il Castello di Jesi Classico Crisio Riserva 2019 di Casalfarneto, che enfatizza la mineralità del vitigno, aggiungendoci speziatura e morbidezza. Un viaggio nel bicchiere, che dimostra come si possa coniugare con successo la riconoscibilità identitaria di un vitigno con la creatività enologica che ne indirizza lo stile, come ci ha insegnato la definizione di “territorio” - clima, vitigno, suolo e uomo.
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