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Una ristorazione italiana che ritrova salute dal punto di vista economico, di grande prospettiva, grazie a tanti bravi trentenni e, in anteprima, il “Sommelier dell’Anno” ad Alberto Piras de “Il Luogo di Aimo e Nadia”. A WineNews, Enzo Vizzari

Non Solo Vino
Enzo Vizzari, direttore della Guida de I Ristoranti d’Italia 2016 de L’Espresso

Una ristorazione italiana che ritrova salute dal punto di vista economico, di grande prospettiva, grazie a tanti bravi trentenni e, in anteprima a WineNews, il “Sommelier dell’Anno” ad Alberto Piras de “Il Luogo di Aimo e Nadia”. Così il direttore della guida “I Ristoranti d’Italia” 2016 e de “I Vini d’Italia” 2016 de “L’Espresso”, Enzo Vizzari, commenta e arricchisce le anticipazioni della guida ai ristoranti più autorevole ed importante del Belpaese, pubblicate sul quotidiano del gruppo editoriale, “La Repubblica”, alla vigilia di Ferragosto.
“Dopo anni pesanti dal punto di vista economico, anche nel saldo tra chiusura e apertura dei ristoranti - spiega Vizzari - il clima è leggermente migliore: a me capitava negli ultimi anni di dover cancellare, poco prima di finire i lavori della guida, dei ristoranti di cui venivo a sapere della chiusura. Quest’anno è successo molto meno. Forse il grosso della crisi, perché di crisi della ristorazione italiana, a tutti i livelli, dobbiamo parlare, è passato davvero. Sicuramente c’è stato anche un effetto Expo che dovremo valutare, nell’area lombarda e milanese in particolare ci sono state tantissime nuove aperture, in alcuni casi anche ristoranti di qualità, ma vedremo a fine anno. Chi ha fatto i conti solo puntando su Expo forse ha sbagliato qualcosa. Ma il peggio, comunque, sembra passato davvero. Dal punto di vista della qualità - aggiunge Vizzari - continua un momento di grazia importante, si mangia molto bene, anzi, sebbene mi scocci dirlo perché lo ripeto da tempo, ma non si è mai mangiato così bene come da qualche anno a questa parte in Italia, a tutti i livelli, ed in particolare a quelli alti.
Per capirci i ristoranti che sulla mia guida hanno da 16-17 punti in su, 2-3 cappelli, che di anno in anno crescono in maniera abbastanza generalizzata”.

In questo senso, il prezzo, vista anche la nuova sensibilità su questo fronte che appassionati e consumatori hanno sviluppato proprio negli anni della crisi, è ancora una discriminante, con prezzo alto uguale qualità alta, o non sempre è così?

“Non sempre, anche se in linea di principio un ristorante che fa grande qualità, ovvero usa materie prime di grande qualità, cosa che io vieto di specificare ai miei collaboratori perché lo ritengo scontato, tatutologico, perché non si può fare grande cucina senza materie prime di qualità, spende un po’ di più e di conseguenza costa un po’ di più. Ma se facciamo il raffronto sull’estero, anche nella fascia alta e altissima della ristorazione italiana, a parità di livello si spende meno che in Francia, Inghilterra, Usa o Spagna, questo devo dirlo”.

Questo anche per un lavoro fatto di riscoperta di materie prime di qualità locali, al di là degli slogan del “km 0”?

“Certo. E si fa grande cucina anche con prodotti di base molto buoni, c’è cipolla e cipolla e pollo e pollo, non è che è grande cucina solo quella che lavora gli astici bretoni o gli scampi da 80 euro al chilo. Sul fronte delle tendenze, poi, continua la strada della tradizione reinterpretata, sul solco di quello che hanno fatto i Bottura, gli Alajmo, i Crippa, gli Scabin e così via, quella che rivendico di aver battezzato per primo “La Nuova Cucina Italiana”, ormai qualche anno fa, anche con un decalogo posto all’inizio della guida. È un dato di fatto: da una decina di anni c’è una tendenza, se non un movimento, di cuochi che fanno una cucina inequivocabilmente italiana, guardando alle radici, ma molto evoluta tecnicamente, ed intelligentemente aperta alle suggestioni e alle idee che arrivano da fuori. Ora siamo già in un’altra fase però, c’è un’altra generazione di cuochi, più giovani, che prosegue su quella linea. Penso a Iannotti, Dal Degan, Salmoiraghi, Sposito e altri, ce ne sono parecchi intorno ai 35-36 anni, nomi ancora forse non entrati nelle orecchie del grande pubblico, di una generazione che sta affermandosi su quella linea e che sta incalzando. C’è un presidio molto solido al vertice della qualità della ristorazione italiana”.
Le anticipazioni della guida, che sarà presentata l’8 ottobre a Firenze alla Stazione Leopolda insieme a quelle dei vini, già date al quotidiano “La Repubblica”, sono Piemonte come Regione dell’Anno, Luca Abbruzzino del ristorante Antonio Abbruzzino come Giovane dell’Anno; il Pranzo dell’Anno è di Matteo Baronetto del ristorante Del Cambio di Torino, “che per me - dice Vizzari - è il ristorante più bello d’Europa, storico e contemporaneo”, e il Premio alla Carriera è per Alfonso Iaccarino del Don Alfonso a Sant’Agata sui Due Golfi. “Ma a WineNews - aggiunge Vizzari - regalo un’altra chicca: il Sommelier dell’Anno, che è Alberto Piras de Il Luogo di Aimo e Nadia”.

Vizzari è un grande appassionato ed esperto della cucina francese. Senza voler fare paragoni poco significativi su quale cucina sia la migliore, a livello di prospettiva, di “aria fresca”, chi è messo meglio?
“L’Italia è certamente molto avanti, di gran lunga più della Spagna, la cui moda, come era facile prevedere, si è molto attenuata, come non era pensabile che andasse molto lontano quella del Nord Europa. Sta crescendo tanto il Sudamerica, ma di certo come freschezza, come infittirsi del “plotoncino” di vertice, l’Italia forse, in questo momento, è superiore addirittura alla Francia”.

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