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UNIONE EUROPEA: SU SICUREZZA ALIMENTI GUARDIA E' ALTA

Dalla mucca pazza all'influenza dei polli: crescono i timori per la sicurezza degli alimenti e degli animali nella “vecchia” Europa che dal 2 maggio ha abbattuto le frontiere per creare un grande mercato unico di 25 Stati membri. Il problema delle strutture e soprattutto dei controlli nelle imprese agroalimentari e nei macelli appare al momento il tallone d’Achille della più complessa operazione di allargamento che l’Unione Europea abbia mai dovuto affrontare. Inoltre, da maggio, sono state ridisegnate le frontiere esterne dell’Unione ed è toccato ai nuovi partner garantire in 37 nuovi posti di frontiera la sicurezza degli prodotti e la salute degli animali vivi che entreranno nell’Unione Europea. Così dal “big bang”, l’Italia non avrà più confini terrestri con i Paesi non comunitari. Bruxelles è fiduciosa che tutto funzionerà al meglio. I nuovi partner hanno dovuto recepire al galoppo nella loro legislazione, un vero e proprio arsenale di misure sanitarie e di controllo tra le più severe del mondo.

Il passaggio dalle regole scritte alla pratica rischia di aprire delle falle anche per “l'esplosione” dei movimenti commerciali: sono, infatti, 11.000 le aziende agroalimentari già in regola nei Paesi aderenti che possono commercializzare i loro prodotti senza dazi, né quote né limiti quantitativi.
Restano 1.006 imprese distribuite in otto nuovi partner - in primo luogo in Polonia (721), Lettonia (117), Ungheria (54) fino a Malta (7) - che non sono considerate ancora in regola e hanno ottenuto un periodo di transizione che va da tre a 12 mesi, per adeguare le loro strutture alla normativa europea. Le imprese e i laboratori che al momento pongono più problemi sono i macelli, le latterie, gli impianti frigoriferi, i centri per la lavorazione di carni, pollame e pesce. Già nei mesi scorsi i nuovi partner hanno dato un severo giro di vite alle aziende che non erano in grado di adeguarsi agli standard europei: solo la Slovacchia e la Repubblica Ceca hanno chiuso rispettivamente 217 e 586 aziende.

Bruxelles vuole essere rassicurante e sostiene “che i periodi transitori accordati non riguardano problemi legati alla sicurezza alimentare. Si tratta di aziende - dice - che rispettano tutte le regole in materia di igiene ma hanno bisogno di più tempo per intervenire su strutture o impianti”. Queste imprese non potranno esportare i loro prodotti nel mercato europeo ma limitarsi al mercato nazionale. I loro prodotti potranno essere individuati grazie a un marchio di ispezione di forma quadrata invece del classico ovale con all’interno la scritta Cee.

Bruxelles non intende abbassare la guardia: il Commissario europeo alla Sanità David Byrne ha già fatto sapere che “gli ispettori europei continueranno a monitorare la situazione sul terreno. Dal novembre 2003 sono state 130 le ispezioni sanitarie nei nuovi Stati membri. La Commissione e le autorità sanitarie nazionali possono contare anche su un nuovo sistema di controllo degli scambi denominato “Tracce” che permette di seguire on-line i movimenti dei trasporti agroalimentari in Europa. Tramite la registrazione dei certificati necessari al trasporto degli animali, “Tracce” permette di individuare all’istante i capi malati, dove hanno transitato e la fattoria di provenienza. Le istituzioni europee saranno sempre più presenti nei nuovi stati membri grazie anche a organismi di riferimento che contribuiranno al far rispettare la legislazione europea. Con questo obiettivo 24 laboratori nazionali nei nuovi partner hanno aderito alla rete europea che ha il compito di verificare l’eventuale presenza di organismi geneticamente modificati (Ogm) in cibi e mangimi. Saranno coordinati dal Centro comune di Ricerca di Ispra (Varese).

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