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Vendemmia 2014 scarsa, ma la qualità, senza eccessi di entusiasmo, non preoccupa più di tanto i produttori del Belpaese. A dirlo grandi gruppi del vino italiano a WineNews. Sul fronte prezzi qualche aumento, ma senza eccessi. Per ora ...

Italia
Lavoro e selezioni in vigna per salvare le uve migliori nella vendemmia 2014

Se la quantità delle vendemmia 2014 è ormai sicuramente in calo sul 2013 (le stime Uiv Ismea parlano di 41 milioni di ettolitri, -15%), c’è meno preoccupazione di quanto si creda, sul fronte della qualità, tra i produttori del Belpaese. Perché, senza eccessi di entusiasmo e di valutazioni positive, ovviamente, tutti sostengono che grazie a know how, maggiore lavoro in vigna e riduzione delle quantità, quella che arriva e arriverà in cantina, nel 2014, sarà uva di buona qualità. A destare qualche timore in più, semmai, è l’aumento dei costi in vigneto, e anche quello dei prezzi del vino, che un’annata difficile e poco abbondante come questa portano con se. A dirlo alcune delle più grandi realtà e delle più prestigiose griffe del Belpaese enoico, sondate da WineNews.
“Abbiamo di fatto tre vendemmie diverse - spiega Rolando Chiossi alla guida del colosso Gruppo Italiano Vini (giv) - un Sud che produce meno, ma messo molto bene sul fronte della qualità, un Centro che è una via di mezzo, e un Nord dove la situazione è più problematica, anche se l’uva che arriva in cantina non è così male. Sul fronte prezzi, i vini da tavola erano crollati dovuti anche alla sovrapproduzione spagnola del 2013, anche a prezzi inverosimili soprattutto al Sud. Adesso c’è stato un leggero aumento, ma non cambierà tantissimo”.
“È tutto in divenire, sia sulla qualità che sul fronte dei prezzi - aggiunge Enrico Zanoni del colosso trentino Cavit - la regola direbbe “meno produzione prezzo più alto”. Ma ci sono tante incognite, la domanda non è così esuberante neanche nei mercati internazionali, tenderei a dire che un discreto aumento ci può stare, ma niente di troppo importante”. Sulla stella linea Sandro Sartor, ad della griffe toscana Ruffino: “abbiamo dovuto fare tanti passaggi in vigna, ed i costi sono aumentati del 25%. I bianchi hanno buona qualità e acidità, i rossi li stiamo raccogliendo adesso, speriamo nel beltempo per una qualità discreta. Sui prezzi non so cosa succederà, non è automatico che se aumentano i costi, di conseguenza si possano aumentare i prezzi”.
Cosa in cui, invece, spera Vito Varvaro, alla guida del colosso siciliano Settesoli: “ci sarà un calo della resa in media del 20% ad ettaro, spero che i prezzi aumentino di almeno il 20%. Perché ci sarà meno vino, ma anche perchè stiamo migliorando dal punto di vista della qualità, è giusto che i prezzi salgano un po’”.
“In Trentino siamo a -15-20% in volume sul 2013, ma la qualità non preoccupa, sappiamo come gestire la vigna. Sul fonte prezzi, invece, si vedono degli aumenti, che vengono dopo un anno di continui cali per la vendemmia molto abbondante. Vedremo se continueranno per tutto l’anno”, aggiunge Fabio Maccari di Mezzocorona.
E se questo è il sentiment che arriva da veri e propri colossi del vino italiano, non troppo diverso è quello di medie e piccole realtà dell’enologia del Belpaese.
“La Sicilia è un continente vinicolo dove abbiamo situazioni diverse - spiega Antonio Rallo di Donnafugata - in quantità il calo più importante è nella Sicilia occidentale, che produce l’85% vino siciliano. Sulle varietà a bacca nera si prospetta un forte calo del nero d’avola, anche del 50-60%, sulle varietà bianche il calo è inferiore, sul 30%. Sul fronte della qualità, però, l’estate non calda ha dato condizioni ottimali per una perfetta maturazione delle uve. Quindi meno produzione, ma stiamo stiamo raccogliendo ottime uve. Sui prezzi qualcosa si muove, ma si partiva da livelli davvero bassi, quindi è un buon segnale per i nostri viticoltori”.
“Il calo quantitativo che ci sarà - aggiunge dal Piemonte Ernesto Abbona, alla guida di Marchesi di Barolo - è dovuto molto anche all’intervento umano, che ha diradato in maniera sistematica, quindi l’uva che è rimasta è in buone condizioni di sanità e può dare buoni risultati. Io ho visto molte vendemmie: queste sono le più care perché si spendono molte più ore in campagna, ma un’azienda non può riversare tutti i costi sul mercato. Bisogna guardare più avanti, quindi chi può dovrà fare sacrifici e ridurre un po’ margini e profitti.
“Credo ci sia una tendenza all’aumento dei prezzi in Italia - dice Michele Bernetti, della griffe marchigiana Umani Ronchi - ma è situazione a macchia di leopardo. Nelle Marche i costi sono praticamente raddoppiati, ma siamo un po’ in controtendenza: da noi siamo in leggero aumento di quantità, e a ripagarci dei costi c’è la qualità, che c’è ed è alta”.
“È una vendemmia complessa per il clima molto piovoso, fuori dall’ordinario, e le temperature basse, in Toscana - conclude Enrico Viglierchio, ad Castello Banfi, realtà di riferimento di Montalcino - e questo ha influito sulle quantità. Per la qualità è presto, siamo nel pieno della vendemmia e dobbiamo iniziare le varietà più tardive, saranno fondamentali le prossime 2-3 settimane, se daranno tregua si potrà portare a casa un buon prodotto. Sui prezzi ci sarà impatto dovuto non tanto la costo maggiore dell’uva prodotta, che in annate come queste ovviamente costa molto di più, quanto, a seconda delle zone, all’eventuale mancanza di prodotto rispetto alla domanda”.

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