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VINITALY (VERONA, 3/7 APRILE) - DAL RIUTILIZZO DELLE VINACCE PER LA PRODUZIONE DELLA GRAPPA A QUELLO DEI VINACCIOLI PER COSMETICI DI TENDENZA E OLI ALIMENTARI, ALL’UTILIZZO DEI RASPI PER BIOMASSE, DELL’UVA NON SI BUTTA NULLA …

Storicamente il mondo del vino, che subisce inevitabilmente la forza delle tradizioni contadine e del rispetto verso il territorio, tradotto in linguaggio enoico come terroir, ha costruito a difesa della natura una sorta di riciclo “ante litteram” di buona parte dei sottoprodotti della produzione del vino, primi fra tutti quelli della vinificazione. A questo proposito le parole di apprezzamento per l’impegno del mondo del vino nella salvaguardia ambientale, pronunciate recentemente da Al Gore, premio Nobel per la Pace nel 2007 e paladino dell’ambientalismo più radicale, non suonano per nulla sorprendenti anche a Vinitaly (Verona, 3/7 aprile) evento di riferimento per l’enologia mondiale.
Come rilevato in un’analisi del sito www.winenews.it, uno dei più cliccati dagli enonauti sul web, dell’uva non si butta davvero niente, visto che tutti i sottoprodotti della vinificazione prendono la strada del riciclo e del riutilizzo, chi per tradizione consolidata, chi per tendenza imposta dalla modernità e dall’avanzamento tecnologico. Dalle bucce dell’uva, le vinacce raccolte dopo la svinatura (vinacce fermentate nel caso delle uve rosse, oppure vinacce vergini separate dai mosti, nel caso delle uve a bacca bianca), si ottiene classicamente la grappa, nome popolare per definire l’acquavite di vinaccia.
La moderna tecnologia dei vinificatori, cioè dei tini dove avviene la fermentazione, facilitando la raccolta dei vinaccioli (i semi racchiusi negli acini dell’uva) ne ha amplificato le loro possibilità di riutilizzo, specialmente negli oleifici e nelle beauty farm più trendy, in cui impazza la vinoterapia. Nel primo caso si ricava un olio di notevole pregio alimentare (è l’olio con la maggiore quantità di acido linoleico (70%), mentre gli acidi grassi saturi non superano il 10%) che esercita un’azione anticolesterolica e contiene fattori vitaminici e antiossidanti. Può sostituire, per le sue ottime qualità l’olio di girasole e quello di mais.
Nel secondo caso, i vinaccioli diventano uno degli ingredienti più importanti per l’industria della moderna cosmesi e protagonisti assoluti dei trattamenti nelle beauty farm più trendy, dove la vinoterapia è diventata ormai la pratica più gettonata, grazie alle conclamate proprietà idratanti e anti-aging dell’uva e degli stessi vinaccioli. Il fenomeno ha come epicentro Bordeaux (ma ormai interessa i territori del vino più importanti del mondo, Italia in testa), dove Mathilde Cathiard Thomas (proprietaria insieme al marito di Château Smith Haut Lafitte, anche relais-beauty farm, quel “Le Source de Caudalie” pioniere della vinoterapia) fonda Caudalie, la prima azienda produttrice di creme e cosmetici di grande successo, tutti a base di uva, foglie di vite e, soprattutto, vinaccioli. La ricerca di Mathilde parte proprio dai semi dell’uva, ricchi di polifenoli, le cui proprietà anti-ossidanti vengono originariamente scoperte e attestate dal Dipartimento di Farmacologia dell’Università di Bordeaux, partner nel progetto Caudalie.
Anche per il più problematico raspo o racemo (l’infiorescenza che tiene uniti gli acini nel grappolo) la sua funzione sta progressivamente ampliandosi. Dopo la diraspatura i piazzali delle cantine presentano enormi cumuli di raspi, cioè di materiale organico, che finisce sempre più spesso per trasformarsi in biomassa per alimentare impianti ad hoc, oppure diventa, dopo l’essiccazione, materiale da combustione. Ma il racemo è oggetto anche di sperimentazione enologica. I raspi lignificati potrebbero essere impiegati come “affinatori” di vini rossi da invecchiamento (a mo’ dei discussi “trucioli”) data la loro abbondanza di stilbeni, che può contribuire in maniera sostanziale al contenuto finale di resveratrolo nei vini, in particolare di quelli rossi. Resta poi il loro utilizzo nelle vinificazioni più tradizionali dove non è prevista la diraspatura.
L’unico prodotto secondario della vinificazione che, per la verità, continua a restare un problema è certamente l’anidride carbonica prodotta dalla fermentazione. Anche in questo caso, però, la moderna tecnologia potrebbe soccorrere il comparto vitienologico, portando delle soluzioni insperate. La casa vinicola spagnola Torres sta sperimentando dei sistemi di cattura della Co2, che opportunamente convogliata sarebbe stoccata nel sottosuolo. In Cile, dove ha sede un’azienda del gruppo, questo tipo di sperimentazione è già stato avviato, come sono stati avviati gli studi per la conversione dell’anidride carbonica stoccata nel sottosuolo in materiale solido per evitarne la sua fuoriuscita nell’atmosfera.

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