“La strategia “Farm to fork” e le pressioni della Direzione Generale Salute di Bruxelles condizionano le prossime politiche di Promozione Agricola della Commissione Europea”. Lo rileva, preoccupata, la filiera vitivinicola - Alleanza delle Cooperative italiane, Assoenologi, Cia-Agricotori Italiani, Confagricoltura, Copagri, Federdoc, Federvini e Unione Italiana Vini (Uiv) - in una lettera indirizzata al Commissario Europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni e al Ministro italiano delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli.
Secondo le organizzazioni di filiera, il rischio, per il settore del vino, è accusare ulteriori discriminazioni nei programmi comunitari, come successo di recente nel caso delle azioni di promozione orizzontale. “Ci risulta - si legge nella lettera - che il documento di lavoro per la prossima annualità potrebbe prevedere un’ulteriore penalizzazione per i prodotti a Indicazione geografica (Dop/Igp) e al contempo stia valutando l’esclusione dai programmi promozionali di alcuni prodotti particolarmente sensibili per la produzione agroalimentare italiana, come il vino e le carni. Pur condividendo - prosegue il testo inviato dalla filiera - l’importanza della promozione dei prodotti biologici per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità, riteniamo fondamentale sottolineare che l’agricoltura biologica non rappresenta l’unica pratica agricola idonea ai predetti scopi e che nel settore vitivinicolo la politica delle Ig contribuisce notevolmente agli obiettivi prefissati dalla strategia “Farm to fork””.
L’attenzione della filiera è ora rivolta al prossimo Comitato dell’Organizzazione Comune dei Mercati agricoli (Ocm) in programma il 15 giugno, quando la Commissione sarà chiamata ad adottare il prossimo programma annuale di promozione. Inoltre, in sede di riforma della politica di promozione, le rappresentanze del vino italiano chiedono che “la Commissione pubblichi la proposta quanto prima e che chiarisca al più presto che nessun settore o prodotto specifico sia discriminato nella nuova riforma - né direttamente, né indirettamente - tramite la previsione di criteri di selezione che si rivelerebbero arbitrari perché penalizzanti per le eccellenze del made in Italy”.
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