Un lambrusco reggiano inneggia da anni al dittatore sovietico e finisce sulla tavola (proletaria o meno) di tanti compratori. Da quasi 10 anni, infatti, Remo Delmonte, comunista 52enne di Montecavolo (Reggio Emilia) produce un lambrusco dall’etichetta piuttosto insolita: Rosso Stalin. In risalto ci sono naturalmente la foto del dittatore sovietico e falce e martello in quantità.
Caduti muri e ideologie ormai considerate antiche, nuovi contrasti possono nascere invece sulla tavola che diventa “proletaria” o “fascista”(ma solo per il nome del vino).
Trovata pubblicitaria, appartenenza ideologica o neo stalinismo della tavola, comunque sia, il Nero di Stalin è un vero lambrusco reggiano con una gradazione alcolica all’11% e che, alla faccia delle purghe storiche, vende ogni anno dalle 2000 alle 3000 bottiglie. Forse c’è chi lo beve per ricordare il “sapore del comunismo”, lo si può trovare in un noto bar romano dietro Botteghe Oscure frequentato da nomi noti della sinistra italiana; ma tra gli habituè ci sono anche deputati ed esponenti di Alleanza Nazionale, come dire “lo bevo perché meno rosso c’è in giro, meglio è”. Per appartenenza politica, per piacere, provocazione o per riderci su, comunque questi vini vengono prodotti, acquistati e stappati. Altre aziende hanno già copiato l’idea sostituendo Stalin con Mao, Lenin e Marx.
Il “camerata” (così recita l’etichetta) Gianni Benizzi produce invece il Nero di Predappio che vanta una gradazione alcolica di 11,5% e una vendita di circa 1000 bottiglie a settimana. Sarà una questione di etichetta più che di profumi e sapori del vino ? Funzionerà questo mix di ideologia ed enologia ? Per ora i produttori di questi vini, enologicamente “particolari”, sembrano essere soddisfatti.
Mariangela Galgani
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