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Vino e cibo come chiave di lettura dell’Italia contemporanea, fra chef “monsignori” e qualità come stella polare: l’enogastronomia secondo Vittorino Andreoli, psichiatra e scrittore, fra “sacro”, storico e sociale

Italia
Lo psichiatra e scrittore Vittorino Andreoli

La tavola? “Oggi è un rito sociale, l’alimentazione non è più finalizzata alla nutrizione, un tempo si mangiava perché c’era l’istinto della fame, ora è un rito: c’è il rischio che diventi una religione, e che gli chef possano assomigliare a dei monsignori, a guardare il ruolo che hanno nei mass media come punto di riferimento”. A dirlo a WineNews è Vittorino Andreoli, psichiatra e studioso di lungo corso, su entrambe le sponde dell’Atlantico, del comportamento dell’uomo e del concetto di follia, ma anche uomo dagli interessi eclettici e prolifico scrittore, incontrato a Vino in Villa Festival, la rassegna del Prosecco Superiore organizzata dal Consorzio di Tutela del Prosecco Docg. E certo non avaro di opinioni sul rapporto tra società moderna - e moderni media - ed enogastronomia: “oggi, anche quando siamo insieme, spesso siamo soli col nostro telefono, e quindi in molte famiglie la tavola potrebbe essere tolta. E questo è molto triste: ma la tavola potrebbe diventare più importante con questa nuova modalità di presentare i cibi, di dare dei vini o almeno di riunirsi qualche volta tutti insieme in un ristorante, e dove sia prescritto che per poter aver diritto al primo piatto e al secondo è necessario chiudere il telefonino”.
Per quanto riguarda il nettare di Bacco, invece, Andreoli traccia una parabola opposta: “il vino nel passato era declinato come espressione popolare, della povera gente. Era triste vedere gli ubriachi per terra, le osterie dove le persone annegavano nel vino”, mentre oggi “il vino è diventato il simbolo di qualcosa di speciale, e l’importante è mantenerlo come una cosa preziosa”. Preziosa perché è il mezzo col quale avere “un incontro non solo di sapori, ma con una storia. Bisogna guardare alla qualità, perché il vino è qualcosa “di sacro”, e questa parola non è esagerata, non solo per la storia del vino nelle religioni”, ma perché “il vino fa ritualità, ed ecco perché gli chef e i sommelier non si devono montare la testa fino a ritenersi dei grandi sacerdoti, ma devono saper presentare questo risultato straordinario dell’uomo che sa prendere dalla natura il meglio”. Il vino, ha puntualizzato, è “un esempio straordinario di insieme uomo-natura, e bisogna riuscire a presentarlo proprio nel significato che ha, ma stando attenti a non esagerare, perché non sarebbe cultura. La cultura non è mai esagerazione, sempre moderazione”.
E con una stella polare, sulla quale Andreoli è tornato a più riprese, ovvero la qualità: “se noi guarderemo alla qualità, sia per il cibo che per il vino, credo che allora possano anche essere una modalità per approfondire la storia del nostro paese, per andare a ricercare l’origine di questi vini straordinari che vengono ormai portati in tutto il mondo, e quindi c’è anche un aspetto positivo che potrebbe metterci di fronte a un mondo, quello dei vini e del cibo, che ci fa pensare, che addirittura può portarci a radici lontane della nostra cultura”.
”Bisogna stare attenti - ha proseguito poi Andreoli, toccando anche il tema dell’educazione alimentare - perché se noi perdiamo il senso della qualità, allora riportiamo il vino a essere qualcosa che serve, un alimento, non qualcosa di speciale che può servire per brindare, per fare festa: la festa ha il senso dell’insieme, e quindi è bello che si possa dire “Adesso vi offro mezzo bicchiere di vino di una bottiglia che ha storia, che è nata là”, perché poi è una storia della natura e dell’uomo insieme. Bisogna mantenere la qualità, in questo seguire delle nazioni come la Francia, dove lo sballo anche degli adolescenti non lo si fa con lo champagne, bisogna anche poter dire che non lo si fa con il vino che nasce in questi straordinari luoghi. Il vino non può essere una droga: il vino certo ha degli effetti, e bisogna conoscerli, ma bisogna soprattutto far conoscere le cose straordinarie che si possono provare bevendo mezzo bicchiere di vino. Ogni elemento ha dei limiti: però, bisogna far capire, ai bambini e poi agli adolescenti, che il vino è una cosa speciale, è una cosa “sacra”, che fa parte della nostra storia, e persino della storia delle religioni, come le dicevo: c’è per esempio nella cultura classica, greca e latina, ci sono degli studi, proprio dei trattati sul vino, che sono pieni di fascino. Allora cominciamo a capire che cos’è, e presentiamolo: bisogna parlare non solo di quelli che sono gli effetti gustativi, ma della storia, di come nasce, di come è trattato, di come è stato scoperto”. Insomma, della sua storia, che è sempre storia dell’uomo.

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