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CRISI COVID-19

Vino e ristorazione: l’urgenza per sopravvivere è la liquidità alle imprese, con meno burocrazia

Le riflessioni (e l’appello al Governo) di produttori e manager di realtà top del wine & food, e di osservatori del mondo della ristorazione
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Vino e ristorazione: l’urgenza per sopravvivere è la liquidità alle imprese

La salute prima di tutto, ora e sempre. Ma le imprese italiane, devono essere sostenute. Subito. E, appena possibile, aiutarle a ripartire. Tutte. Ma il tema è molto delicato soprattutto per la ristorazione e per il turismo, i settori forse più colpiti dalla crisi Coronavirus, dal momento che sono praticamente paralizzati. Due driver determinanti anche per la vita delle cantine italiane. Non è un caso che anche manager ed imprenditori del vino, oltre a sottolineare le difficoltà strettamente legate al settore - come la difficoltà di far convivere i mancanti incassi (che la crescita delle vendite in Gdo, soprattutto, e dell’e-commerce, in maniera minori, alleviano a mala pena) e le spese che, invece, per mandare avanti vigna e cantina, comunque vanno affrontate - sottolineino che la misura più urgente è quella di garantire liquidità alle imprese, perchè possano restare vive ed essere pronte per una ripartenza. Che, soprattutto per ristorazione e turismo, sarà più avanti nel tempo rispetto ad altri settori, e a scartamento ridotto, anche per le norme di sicurezza che imporranno di ripensare gli spazi e, di conseguenza, ridurre i coperti in sala ma anche, in molti casi, il numero di persone presenti contemporaneamente in cucina. Ristoranti che, magari, dovranno pensare anche a modalità di servizio più “anglosassoni”, spalmate su più turni, adattandosi alla situazione. L’urgenza, innegabile, però, va coniugata, dicono tutti, in attesa della pubblicazione definitiva del “Dl Liquidità”, con la minore burocrazia possibile, quel tanto che deve bastare a far sì che le ingenti risorse (il Governo parla di 400 miliardi di euro) arrivino a chi davvero ne ha bisogno, per finanziare le spese urgenti, senza strane deviazioni o usi impropri, ma che arrivino subito. Perchè soprattutto le realtà più piccole, le pmi, che sono la struttura portante dell’economia italiana, anche nel wine & food, di ossigeno non ne hanno molto. Il tutto in un quadro in cui l’Unione Europea si deve dimostrare davvero tale, unite e solidale. Riflessioni, in estrema sintesi, che arrivano da imprenditori e manager di alcune delle realtà più importanti del vino italiano, come Renzo Cotarella, ad Antinori, Matteo Lunelli, guida di Ferrari e del Gruppo Lunelli, e presidente di Altagamma, ad Oscar Farinetti, fondatore di Eataly e produttore con tutto il gruppo Fontanafredda (che invoca il “debito di guerra, il Dl Liquidità è un prestito a breve termine, non un misura straordinaria”), da territori del vino come la Toscana e le Marche, e da grandi osservatori della ristorazione e della gastronomia italiana, come Paolo Marchi, ideatore di “Identità Golose”.

“Innanzitutto - commenta Matteo Lunelli - credo che per quanto riguarda approccio a vino e cucina di qualità anche in questa quarantena si sia confermato l’interesse delle persone per i buoni sapori e per il buon vino. Si vede sui social, quanto si sta parlando di cibo e di vino, di quanti magari cercano di gratificarsi con un buon piatto o una buona bottiglia di vino. È un segnale che da speranza perchè conferma un trend di lungo corso nel nostro settore, e poi c’è anche tanta voglia di convivialità, seppur a distanza tutti cerchiamo condivisione, magari per un brindisi in videochiamata, tutto questo mi fa dire che quanto potremo tornare a riabbracciarci lo faremo con ancora più voglia ed entusiasmo di prima. È chiaro che ci vorrà grande attenzione, un processo graduale, e ancora è difficile capire quanto tempo servirà per tornare completamente alla normalità.
Purtroppo la ristorazione - sottolinea il presidente di Altagamma - non sarà una delle prime cose a ripartire, prima ci sono altri tipi di attività. La ristorazione dovrà ripartire lentamente, rispettando nuove regole, nuovi parametri, ed è un peccato perchè è sicuramente uno dei settori insieme al turismo più duramente colpiti, e ritengo che sia molto importante che Governo ed Europa facciano ragionamenti importanti. È un settore che va tutelato, e vanno aiutate soprattutto le Pmi a superare questa crisi, il rischio è che molti chiudano e non riescano ad aprire. Si rischia di perdere qualcosa che è molto importante del made in Italy, sia dal punto di vista economico, ma anche come leva di comunicazione e di promozione di tutto quello che è cibo e vino, e made in Italy in generale”.
Sui provvedimenti messi in campo e su quelli annunciati, secondo Lunelli, “il Cura Italia andava nella giusta direzione ma non era adeguato in termini di dimensione e di modalità di intervento, mentre il Dl Liquidità sembra più significativo, se le cifre saranno confermate. Ora è fondamentale che lo Stato garantisca le banche, e che le banche garantiscano liquidità alle imprese e al commercio, altrimenti molte aziende soffocheranno, senza fatturato per mesi non possono sopravvivere. È importante, è il modo per salvare le aziende e le filiere. Noi, con Ferrari e le Tenute Lunelli, abbiamo un’azienda grande per il mondo del vino, è solida e pensiamo di poter affrontare questa tempesta, ma è fondamentale che si salvi la filiera. A valle, quindi penso a ristorazione, enoteche, wine bar, e a monte, ovvero fornitori e clienti, e sono fiero da imprenditore di dire che abbiamo già onorato tutti i pagamenti di marzo, anche per senso di responsabilità, dato che abbiamo le spalle larghe. Ma la filiera fa oggettivamente molta fatica. È una situazione difficile, questo decreto del Governo aiuta a facilitare gli scambi ed è fondamentale, ma poi serviranno ragionamenti più strutturali, anche iniziative che ricostruiscano export, comunicazione e crescita”.
In molti, però, sottolineano come il limite di 25.000 euro per i prestiti senza istruttoria garantiti dallo Stato, così come le tempistiche di restituzione in 6 anni, rendano la misura poco utile. “Vedremo il testo definitivo del provvedimento, ora serve che la liquidità arrivi velocemente le imprese, portando al minimo la burocrazia per erogare i prestiti. Ma qualche norma di discernimento serve, perchè sennò si rischia che questa grande liquidità vada a finire non solo a chi ne ha bisogno e va aiutato. Ma, in ogni caso, serve un intervento forte su famiglie ed imprese, altrimenti si crea un circolo vizioso: se chiudono le attività e le imprese, ci sono meno posti di lavoro, meno consumi e, in un effetto perverso, meno incasso per le finanze pubbliche, ed ecco perchè molti Governi sono orientati a manovre di grande impatto. Anche in un Paese come il nostro che ha già un debito pubblico molto importante, che chiaramente aumenterà. In questo momento, come dicono in tanti, c’è anche una Unione Europea che deve mostrarsi davvero unita, e rilanci il sogno europeo, con senso di solidarietà e coesione tra gli stati”.
Sulla stessa linea di pensiero anche Renzo Cotarella, ad di Antinori, la più grande realtà privata del vino italiano: “è difficile più che mai interpretare il futuro e capire come superare questa situazione. Se davvero sul piatto del Dl Liquidità ci sono i 400 miliardi, il 20-25% del nostro Pil, è una somma imponente, in proporzione più dei 2.000 miliardi di dollari che ci hanno messo gli Usa, per esempio. Ma è certo che l’Italia ha bisogno di una cura da cavallo dal punto di vista economico, ma anche organizzativo. Il nostro sistema è troppo complesso per poter essere funzionale, in un momento come questo, ma non solo, in un mondo che di norma è velocissimo. Serve uno Stato moderno, veloce nei movimenti, chiaro nelle cose che fa, che non abbia troppi vincoli e lacci, che comunque hanno un senso perchè derivano dalla “mala gestio” di libertà e vantaggi dati in passato.
Agli italiani, parlando in generale, manca un po’ di approccio calvinista, fatto di etica e responsabilità, mentre spesso, in passato come oggi, si cerca di approfittare delle situazioni più del dovuto. Ma tutto tutto può funzionare se c’è facilità, elasticità, concretezza, necessarie perchè le misure allo studio vengano applicate con rapidità, come quelle per dare liquidità alle aziende.
Un nostro importatore americano ci raccontava che in Usa lo stato ha dato i soldi alle aziende, tramite le banche, fino ad un massimo di 2,5 volte il salario netto dei dipendenti. Con una sorta di patto. Se con quei soldi non licenzi e paghi gli stipendi, te li trasformo in sovvenzione e non li restituisci, se li usi per altre cose sono un prestito e me li ridai, per semplificare al massimo. È un esempio, il senso è che se non rimuoviamo tanta parte della burocrazia, ora in emergenza, come nell’ordinarietà, di burocrazia si muore. La burocrazia ha dei costi pazzeschi, come è ora è un mostro. Serve, ma nella giusta misura. E poi serve un’Europa che sia davvero unita”.
Molto più tranchant, sulle misure annunciate dal Governo, invece, è Oscar Farinetti: “noi imprenditori - spiega a WineNews - siamo abituati a farla la carità, non a chiederla, e quindi siamo sempre imbarazzati in queste situazione, non siamo tipi da far casino. Tuttavia delle cose chiare vanno dette. Questo decreto è un prestito, e anche a breve termine, con interessi abbastanza altini, perchè alcune aziende in trattativa riescono a spuntare tassi migliori del 2% previsto, che peraltro è solo per quelli garantiti dalla Sace. Presentare questa manovra come “straordinaria” è imbarazzante, vuol dire non capire, non sapere cosa è un impresa. Quando hanno parlato di 400 miliardi di euro mi son detto contentissimo, poi quando ho letto il testo mi sono meravigliato, anzi è pericoloso, destabilizzante. Le tasse sono rimandate di pochi mesi, non serve a niente. É una bozza per fortuna, va cambiata. Ci sono un sacco di imprenditori che pretendono iniezione di liquidità senza vincoli, ma su questo non sono d’accordo, si rischia di darli a chi non merita facendo casino.
Facciamo debito, facciamo una misura davvero straordinaria, ovvero un “debito di guerra” che non costerà nulla perchè il 90% delle imprese quel debito lo restituirà. Facciamolo almeno a 20 anni, se non si riesce a 30 anni, magari per i primi 6 anni senza interessi. Da concedere con un’autocertificazione per erogare subito i soldi, poi l’Agenzia delle Entrate controllerà, oggi è semplice incrociare i dati, e chi ha fatto il furbo rubato vada anche in galera, ma intanto agiamo.
E nel frattempo poi si velocizzino gli strumenti già messi in campo: ancora oggi non sono arrivati i soldi della Cassa Integrazione, i 600 euro per i professionisti. Muoviamoci. La cosa preoccupante, è che in questo Governo non si percepisce cultura di impresa, che è il fondamento dell’Italia, 5 milioni di imprenditori che creano lavoro. Quindi senza forconi, senza chiasso, chiediamo misure urgenti, con dignità, e mettiamo al centro l’impresa”.
Se questa è la voce che si leva da grandi aziende, a far capire quanto l’urgenza di liquidità e di azione sia qualcosa di comune e condiviso, arrivano anche le voci dei territori, o meglio delle Regioni. Anche di realtà diversissime tra loro, come la Toscana, terra grandi vini affermati da anni in tutto il mondo, o le Marche, una delle realtà rampanti del Belpaese enoico degli ultimi anni. A parlare a nome di tutti i consorzi del vino di Toscana (dove il valore alla produzione del vino è stimato in 1 miliardo di euro) è stato Francesco Mazzei, alla guida dell’associazione che li raggruppa, Avito: “il decreto Cura Italia e l’ultimo decreto liquidità sulla carta sono positivi ma devono avere i termini dell’urgenza - sia in termini di procedure, sia in termini di dotazione delle risorse - per consentire alle nostre imprese di superare questo momento. Le aziende vitivinicole toscane, senza gli indispensabili introiti garantiti dalle vendite di vino e dall’attività̀ di accoglienza, si trovano a fronteggiare già̀ adesso una forte crisi di liquidità, mettendo a rischio non solo i propri bilanci, ma anche e soprattutto la propria sopravvivenza”. Perchè gli incassi mancano ovviamente, ma le spese per mandare avanti le attività di vigna e cantina, che non si possono fermare, restano.
E ora, il grido di allarme arriva anche dall’Istituto Marchigiano Vini, guidato da Alberto Mazzoni, che riunisce le denominazioni del vino della Regione (15 Doc e 5 Docg, del vino marchigiano, per un comparto che conta oggi 150 milioni di euro di fatturato, quasi 12.500 aziende e 17.000 ettari complessivi di vigneto a livello regionale): “al blocco quasi totale delle vendite - specie per le piccole imprese il calo arriva fino al 90% - si aggiunge una tensione finanziaria sempre più evidente - spiega l’Istituto - per un settore che ha necessità di lavorare i campi e che allo stesso tempo non riesce a incassare nemmeno i pagamenti pregressi. Serve uno shock finanziario che vada ben oltre i prestiti a 6 anni annunciati dal Governo che rischiano di appesantire con un ulteriore fardello, da estinguersi in tempi troppo brevi, una posizione finanziaria già molto critica delle aziende”.
Per il direttore Imt, Alberto Mazzoni, “assistiamo ad uno shock simmetrico dell’economia nazionale, con il settore del vino delle Marche che più di altri sta pagando un prezzo alto. Nella griglia delle ripartenze è chiaro che il nostro comparto si posizionerà giocoforza in coda, al pari dei suoi principali canali partner come quello della ristorazione e del turismo, ma c’è voglia di reagire con altrettante misure shock da intraprendere assieme alla Regione. Per rispondere a questo terremoto economico - ha proseguito il direttore del Consorzio - stiamo infatti studiando una campagna promozionale di tutto il sistema agroalimentare marchigiano, che vale 2 miliardi di euro l’anno e conta su 43.000 imprese. L’attivazione dei fondi Psr in favore della campagna potrebbe permetterci di fare una promozione di bandiera sin qui solo auspicata, mentre oggi con l’emergenza c’è la consapevolezza che si possa mettere a segno un’accelerazione decisiva per il futuro. In questo momento è imperativa la salvaguardia del valore del prodotto e delle imprese, ma contestualmente ci adopereremo con iniziative speciali per cercare di differenziare ed evolvere il più possibile i canali di marketing e di vendita. Un mix comunicativo e commerciale che passi sempre più dal digitale, dalla vendita diretta, dall’affermazione del brand Marche sugli scenari nazionali e internazionali”.
Ma per far ripartire il vino italiano, almeno a livello nazionale, come detto da molti, sarà fondamentale la ripartenza di una ristorazione che, come detto, sarà tra gli ultimi settori a ripartire, anche per le norme di sicurezza sanitaria che andranno osservate per un po’ di tempo. “Sarà dura - spiega a WineNews l’ideatore di “Identità Golose” Paolo Marchi - all’inizio si dovranno ripensare spazi, che dovranno per forza essere più larghi, che vuol dire meno coperti. Ma anche il lavoro in cucina, perchè per rispettare distanze e norme, ci potrà stare meno gente. Quindi, per esempio, anche i ristoranti italiani, dove il pranzo è il pranzo e la cena è la cena, e quasi da nessuna parte si fanno i turni di servizio come in Usa o in Inghilterra, dovranno adattarsi, ripensando il servizio su più turni. Ma la cosa più difficile da superare, secondo me, sarà la paura della gente, far tornare nelle persone, che anche una volta dato il via libera probabilmente avranno paura di grandi assembramenti o di stare molto vincine a persone che non conosco, a tornare nei ristoranti. Vedremo. Certo è che l’impatto economico sarà fortissimo, se si pensa anche all’indotto che ha il turismo, praticamente fermo, nella ristorazione. Penso ai ristoranti stellati, per esempio: oggi in Italia sono 370, molti sono in alberghi che, probabilmente, essendo sostanzialmente vuoti, nel breve termine non potranno più permetterseli. Non mi stupirei, e spero ovviamente di sbagliarmi, se da qui alla prossima edizione della Guida Michelin, molte di quelle stesse si spegnessero”.

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