Il vino italiano viene da una cavalcata di 10 anni di crescita sui mercati mondiali, con una crescita tumultuosa, se si guarda al periodo 2008-2018, che però, soprattutto nell’ultimo anno, ha rallentato il suo ritmo. Ciò nonostante, anche il 2019, ormai prossimo al giro di boa, e con trend abbastanza delineati, dovrebbe essere un anno di crescita, al netto delle difficoltà dell’economia interna, e di uno scenario internazionale che tra un processo della Brexit sempre più confuso, e una guerra dei dazi tra Usa, Cina ed Europa che vive di fiammate improvvise. Una crescita modera, ma solida, fino ad un +5%, almeno secondo il 66,7% degli operatori sondati dall’Osservatorio Wine&Spirits di Federvini, curato da Wine Monitor - Nomisma e Mediobanca, di scena oggi nell’Assemblea Nazionale della Federvini a Roma. Secondo cui, se a crescere sarà il fatturato complessivo del vino italiano, per il 61,1%, questa crescita passerà soprattutto dall’export.
“Veniamo da un anno di luci ed ombre come il 2018, i mercati tengono, ma dazi e altre incognite preoccupano un po’ - ha detto a WineNews il presidente Federvini Sandro Boscaini - e se il 2019 no fosse un anno di crescita tumultuosa non sarebbe un dramma. Veniamo da 10 anni di crescita importante, in cui abbiamo conquistato la leadership in tanti mercati, servono anche dei momenti di riflessione, di consolidamento e di riorganizzazione, anche sulla promozione, che è stata gestita bene dalle imprese, meno dalle istituzioni”.
E che siano stato 10 anni di crescita, lo dicono i numeri. Se tra il 2008 ed il 2018 il mercato del vino ha visto un aumento del +4,2% a livello mondiale, toccando i 32,1 miliardi di euro, l’Italia, nei suoi mercati top (che coincidono con i maggiori importatori di vino mondiale), in molti casi, ha quasi raddoppiato le proprie performance. Come in Usa, dove le esportazioni hanno raggiunto 1,6 miliardi di euro nel 2018 (+90% in 10 anni), o la Germania (971 milioni di euro, +26%), o ancora il Regno Unito (744 milioni di euro, +107% sul 2008), e ancora la Svizzera (367 milioni di euro, +61%), il Canada (354 milioni di euro, +75%), la Russia (265 milioni, +161%), il Giappone (166 milioni, +48%), la Francia (164, +88%), la Svezia (161, +104%) e i Paesi Bassi (148, +100%).
Con il Belpaese che ha conquistato posizioni prominenti in molti Paesi, con i vini fermi che valgono il 33% del mercato dei vini di importazioni in Usa, il 43% in Germania, il 17% in Uk, il 21% in Canada ed il 37% in Svizzera, mentre gli spumanti valgono il 34% in Usa, il 47% in Uk, il 21% in Germania, il 33% in Svizzera, il 31% in canda, il 45% in Francia.
Dai dati, emerge proprio come gli spumanti, locomotiva del mercato e dell’export degli ultimi anni, abbiamo fatto crescere il proprio peso, con i vini fermi imbottigliati che nel 2008 valevano il 78% dell’export, e oggi il 69%, mentre gli spumanti sono passati dal 13% al 25% del valore esportato. Tra i dati interessanti, ed incoraggianti il fatto che nel decennio in esame, l’Italia si l’unico grande Paese esportatore ad aver visto crescere la sua quota sul mercato mondiale, passando dal 18% al 20%, mentre la Francia (che domina, con 9,3 miliardi), è scesa dal 34% al 30%, e la Spagna è passata dal 10% al 9%.
Un export, dunque, che come noto è stato fondamentale per la crescita del vino italiano. Ma gli scenari attuali, e quelli che si intravedono nell’immediato futuro, impongono delle riflessioni, a partire dalla enorme varietà di offerta e dalla crescita della competizione anche da parte di Paesi produttori come Usa, Australia, Cile, Argentina e così via, ma anche dalla struttura del commercio internazionale del vino nel mondo, con il 73% delle aziende che si affida ad intermediari, e con solo il 7,6% delle cantine che ha una rete di proprietà.
Nell’analisi di Federvini, anche un focus sugli spirits, con grappe, amari ed altri liquori che fanno parte della storia del beverage italiano. Un mercato dominato dal Regno Unito (6,7 miliardi di euro di export) e dalla Francia (4,5 miliardi), con l’Italia a 970 milioni i euro, ed una market share a livello mondiale del 4%, ma in crescita.
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