Italiani e francesi che sorseggiano un calice di vino, tedeschi che trangugiano un boccale di birra, e balcanici che brindano con un liquore: non sono solo stereotipi o luoghi comuni, ma veri e propri modelli di consumo radicati e sedimentati nei secoli, che, seppur esposti ai venti di cambiamento in atto nella società odierna - passaggi generazionali, ondate salutiste, nuovi modelli alimentari - sono molto più resilienti di quello che si possa pensare. Lo dimostra una recentissima ricerca della sezione europea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Who, World Health Organization) - che ha riguardato tutti i Paesi dell’Unione Europea, più Islanda, Norvegia e Ucraina, negli anni 2000, 2010, 2015 e 2019 - in cui sono stati individuati 6 cluster di modelli di consumo che hanno mantenuto in maniera abbastanza costante le stesse bevande e comportamenti nel corso del tempo. Inoltre, secondo lo studio, i Paesi che bevono vino hanno registrato i tassi più bassi di decessi e di anni di vita persi legati all’alcol, mentre nei Paesi in cui è predominante il consumo di superalcolici si è verificato esattamente il contrario. Gli indicatori che sono stati presi in considerazione includono il consumo di alcol pro-capite, il consumo specifico di determinate bevande e la prevalenza degli indicatori della modalità di consumo di alcol (astemi, bevitori abituali, ex bevitori e forte consumo episodico). Il danno attribuibile all’alcol è stato misurato utilizzando gli anni di vita persi e i decessi attribuibili all’alcol standardizzati per età per 100.000 persone. Il modello di consumo mediterraneo è noto per avere il vino come bevanda predominante, bevuto quotidianamente o quasi quotidianamente, spesso durante i pasti e (relativamente) di rado bevuto fino al punto di intossicazione. Il modello dell’Europa centrale e occidentale prevede la birra come bevanda predominante, un mix di consumo di alcol con o senza pasti e un livello di intossicazione più elevato rispetto allo stile mediterraneo. Infine, il modello di consumo di alcolici dominante, tradizionalmente visto nei Paesi nordici e orientali, prevede frequenti giorni di astinenza, con consumo principalmente nei fine settimana e nelle occasioni festive, spesso senza pasti e portando all’intossicazione. È stato collegato a tassi più elevati di violenza e lesioni, nonché a disturbi legati all’uso di alcol non diagnosticati e non trattati.
Questi i sei cluster individuati dalla ricerca: nel primo, i Paesi caratterizzati dal più alto consumo di vino e dal più basso consumo di birra e liquori (nonché dal più basso consumo complessivo di alcol), localizzati principalmente nel sud dell’Europa. Comprende Francia, Grecia, Italia, Portogallo e Svezia (31,3% della popolazione adulta di tutti i 30 Paesi). Il secondo gruppo, nell’Europa centro-occidentale, è caratterizzato da un elevato consumo di birra e da un consumo relativamente basso di superalcolici: comprende Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Norvegia, Slovenia e Spagna (36,9% della popolazione). L’elevato consumo di birra e prevalenza di “heavy episodic drinkers” (abuso episodico di alcol, o binge drinking) caratterizzano Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Romania e Slovacchia (17,7% della popolazione). Il quarto gruppo è composto dai Paesi che consumano superalcolici e altre bevande alcoliche, presentano un elevato consumo complessivo e inoltre hanno il più basso consumo di vino: sono Estonia, Lettonia e Lituania (1,2% della popolazione). In un altro gruppo di Paesi dell’Europa orientale si registra la più alta prevalenza di astemi e la più bassa prevalenza di bevitori, nonché la più bassa presenza di episodi di abuso, pur avendo un elevato consumo di alcolici: è composto da Ucraina, Bulgaria e Cipro (10,6% della popolazione).
Infine, nel sesto cluster, ci sono i Paesi che fanno parte di un insieme non raggruppato geograficamente, ma con la più alta prevalenza di bevitori, nonché la più alta prevalenza di abuso occasionale, sia considerando la popolazione adulta totale che solo tra i bevitori. Questi sono Finlandia, Islanda, Irlanda, Lussemburgo e Malta (2,3% della popolazione).
Nel complesso, dal 2000 al 2019, sono stati identificati gli stessi cluster, con due terzi dei Paesi (20 su 30) rimasti nello stesso cluster per tutte le misurazioni. “Ciò dimostra che fattori culturali, come le preferenze tradizionali delle bevande, le norme sociali sul bere e i modelli di consumo storici contribuiscono - afferma Daniela Correia, tra gli autori principali dello studio - in modo significativo alla stabilità dei modelli di consumo: ad esempio, il vino è stato, per secoli, un alimento base nei Paesi del Mediterraneo, mentre la birra ha radici profonde nei Paesi dell’Europa centrale”. Inoltre, secondo lo studio, i Paesi che bevono vino hanno registrato i tassi più bassi di decessi legati all’alcol e di anni di vita sana persi nel 2019. Invece, il gruppo baltico, caratterizzato da un elevato consumo di alcolici, ha registrato i tassi più alti, con 90 decessi legati all’alcol in più ogni 100.000 persone rispetto a quelli che bevono vino.
Il dottor Jürgen Rehm, coautore della ricerca presso l’Università di Toronto, ha affermato che “i risultati contrastano con una serie di studi che suggeriscono cambiamenti nel comportamento del bere nei singoli Paesi. Siamo rimasti piuttosto sorpresi che di fatto non sia cambiato molto”. Rehm spiega che lo studio ha importanti implicazioni: “l’alcol fa parte del tessuto della vita europea ed è qui per restare. E non c’è niente di male in questo: fa semplicemente parte della nostra cultura e le culture non cambiano così rapidamente”. Ma, ha aggiunto Rehm, è importante ridurre il consumo di alcol per diminuire il tasso di malattie, infortuni e morti legati all’alcol.
La conclusione dello studio è che l’Europa presenta ancora modelli di consumo chiaramente distinti, che sembrano essere profondamente radicati nella cultura e sono, quindi, difficili da cambiare. Eccezioni come la Svezia (che, nel 2015, apparteneva al gruppo caratterizzato da un alto consumo di birra, per passare nel 2019 ad un consumo prevalente di vino) non fanno altro che sottolineare questa generalizzazione. Poiché i modelli di consumo sono ancora fortemente associati al carico di malattie e mortalità, dobbiamo trovare modi, a livello europeo, per intervenire sui modelli caratterizzati da binge drinking e consumo di superalcolici fuori dai pasti.
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