All'Italia va il primo round della disputa sul Parmesan: la nostra delegazione italiana al Codex Alimentarius in corso in Nuova Zelanda è riuscita ad ottenere per i prossimi due anni il divieto del nome Parmesan. Ad annunciarlo in anteprima è stato il ministro delle Politiche Agricole e Forestali, Giovanni Alemanno a Verona. “La battaglia per il Parmesan - ha dichiarato Alemanno - è stata vinta. La battaglia sostenuta in favore del Parmigiano italiano ha tutelato la qualità di un prodotto ma, al tempo stesso, ha rappresentato la difesa a livello europeo e multilaterale delle tradizioni del nostro paese, della nostra cultura e complessivamente dell’italianità, proprio per il forte legame territoriale che caratterizza i nostri prodotti. Questa vittoria è un traguardo che ci permetterà di affermare il sistema delle denominazioni registrate anche in sede Wto”. La vittoria ha soddisfatto: “se ne riparlerà tra due anni - ha detto il presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano, Andrea Bonati - quando il sistema europeo delle Dop sarà divenuto ancora più forte e la sentenza della Corte di Giustizia di Lussemburgo sarà stata emessa, come auspichiamo, positivamente sul contenzioso sempre in tema di Parmesan. La partita è importante: se sarà vietato ai produttori di utilizzare il nome “Parmesan”, il Parmigiano Reggiano avrà più possibilità di essere esportato e venduto all’estero”.
La difesa delle specificità alimentari dall’agropirateria per l’Italia non significa solo salvaguardare l’immagine del Paese nel mondo, ma anche valorizzare un importante settore economico con un valore al consumo del paniere italiano delle Dop e Igp stimato attorno ai 7 miliardi di euro e un indotto di oltre 100.000 occupati.
La querelle sul Parmigiano e Parmesan
Lo scontro scontro fra Parmigiano e Parmesan si trascina ormai da diverso tempo. L’ultima battaglia, in ordine temporale, risale al 9 ottobre 2001 quando l’avvocato generale della Corte di Giustizia europea, Philippe Leger, nelle sue conclusionia ha sottolineato come l’appellativo Parmesan sia la traduzione fedele, in diverse lingue, del termine italiano Parmigiano Reggiano e, pertanto, possa essere usato solo per commercializzare il “vero” Parmigiano Reggiano e non le numerose imitazioni che, avvalendosi dell’assonanza linguistica, traggono in inganno il consumatore. Il lungo dibattito trae, comunque, origine da un contenzioso in sostanza linguistico. Da una parte tedeschi e austriaci che sostengono che “Parmesan” è un termine ormai generico che ha conquistato un significato autonomo, slegato dal Parmigiano Reggiano, diventando sinonimo di formaggio duro e grattugiato. Dall’altro capo, l’Italia, con tutti i suoi alleati (Francia, Grecia, Portogallo e Spagna), che sostengono, invece, come Parmesan non sia un nome generico, ma semplicemente la traduzione di Parmigiano. Ad originare il caso Parmigiano Reggiano-Parmesan è stata la commercializzazione nel 2000, da parte della ditta Bigi, di un formaggio grattugiato preparato con una miscela di formaggi ed esportato in vari paesi dell’Unione Europea con la denominazione “Parmesan”. L’iniziativa ha infatti provocato la reazione del Consorzio che riunisce i produttori di parmigiano reggiano che si sono rivolti al Tribunale di Parma perché il loro marchio di qualità fosse tutelato. Il tribunale di Parma si è però dichiarato incompetente rinviando la questione a livello europeo. Il contenzioso è, quindi, approdato, una prima volta, davanti alla Corte di Giustizia del’Unione Europea il 6 giugno 2001 per poi ritornare davanti ai giudici di Lussemburgo il 9 ottobre 2001, dove il Parmigiano Reggiano ha incassato il primo round.
Secondo una recente indagine della Coldiretti, il Parmigiano Reggiano risulta essere il formaggio più imitato al mondo, mentre i paesi nei quali vengono prodotti formaggi generici denominati Parmesan sono l'Argentina, l'Uruguay, gli Stati Uniti, il Canada, la Nuova Zelanda ed il Giappone. All’estero é ormai sempre più facile trovare sui banchi dei supermercati prodotti fatti a imitazione di quelli tipi italiani. Si gioca sul nome, talvolta sull’etichetta. Sembra cosa da poco, e invece questa concorrenza sleale porta a una vera e propria truffa ai danni dei prodotti italiani che ha dimensioni tali da far impallidire la pirateria musicale e informatica di cui si parla certamente molto di più. Tra i prodotti imitati, distribuiti sui vari mercati mondiali, non manca nulla: vini, paste alimentari, riso, formaggi, conserve di pomodoro, prosciutti, salami e insaccati, olio d’oliva, caffé espresso, aceto balsamico e addirittura polenta, pesto e altri condimenti vari. Ma è sui formaggi che la varietà di imitazioni è senz’altro grande. Oltre ai classici “Parmesan”, ricotta, mozzarella e mascarpone di produzione locale, vengono commercializzati anche formaggi tipo Provolone, Fontina, Gorgonzola e Pecorino Romano. Tuttavia, questi ultimi, essendo formaggi Dop, vengono venduti al di fuori dei Paesi dell’Unione Europea dove la protezione e la repressione per questo tipo di imitazioni sono meno efficaci. Qualora non possano essere usati nomi ufficialmente registrati presso le autorità locali, si gioca sull'assonanza.
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