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WINENEWS HA SCELTO LA FAMOSA ENOTECA PINCHIORRI PER ANDARE ALLA SCOPERTA DEI SEGRETI DI UN PRANZO DI NATALE O DI UN CENONE DI FINE ANNO

Italia
Giorgio Pinchiorri e Annie Feolde nella cantina dell'Enoteca Pinchiorri di Firenze

Fuori il freddo, il traffico, il carosello di turisti e passanti frettolosi. Ma quando si entra dentro l’Enoteca Pinchiorri lo stress se ne va, d’improvviso. Luci calde, tappeti, un profumo lieve di giglio, colori pastello e una musica vagamente new age: tutto questo accoglie il visitatore di fine anno e lo avvolge in una calda sensazione di benessere. E’ davvero un angolo di Paradiso lo storico ristorante di via Ghibellina a Firenze fondato dal grande sommelier Giorgio Pinchiorri nel 1973 e ormai celebrato nelle più importanti guide enogastronomiche internazionali.
Qui, proprio qui, in questo Eden, con una cantina di 10.000 bottiglie e oltre, mille varietà di vini scelti personalmente da Giorgio Pinchiorri, WineNews è andato a scoprire i segreti di un cenone di Natale e di fine anno. E soprattutto quale abbinamento di vini occorre fare, quali sapori accostare ai raffinati piatti che, nella cucina, vedono la guida della signora Annie. Consigli doppiamente preziosi, visto che l’Enoteca per Natale e per San Silvestro rimarrà chiusa ai suoi numerosi estimatori.
“Per Natale non abbiamo mai aperto – racconta Giorgio Pinchiorri –, mentre per la fine dell’anno di recente abbiamo deciso di chiudere. I motivi? Il caos che c’è nella città, l’impossibilità, da parte dei miei clienti di prendere un taxi o di posteggiare vicino al ristorante”. Se a Firenze l’Enoteca Pinchiorri farà una sosta, ciò non avverrà nel ristorante gemello che da dieci anni esiste a Tokyo: qui il Natale non viene festeggiato, in compenso in questi giorni di fine dicembre i giapponesi celebrano la festa di San Valentino e il compleanno dell’Imperatore.
Ma passiamo ai menu e ai vini di Natale e San Silvestro. Nel primo caso, spiega Giorgio Pinchiorri, bisogna tener conto della presenza di bambini o di persone anziane e quindi occorre scegliere una quantità di vini maggiore, proprio per venire incontro ad esigenze diverse. Giorgio Pinchiorri con i suoi 18 cuochi compresi i pasticcieri e un gruppo di agguerriti e giovani sommeliers consiglia per Natale un menu degustazione che è quello di questi ultimi giorni e che comprende:
Crema di broccoli con astice allo zenzero e grissini (fatti rigorosamente dai cuochi) all’aglio
Capesante avvolte nel prosciutto allo spiedo, con insalata di carciofi e scaglie di Pecorino di fossa
Filetto di rombo con cavofliore rosolato e salsa di fegato grasso d’oca
Tagliolini con farina di castagne in ragù di gamberoni all’aceto balsamico
Tortelli di fagiano e zuppa di lenticchie al tartufo bianco. Medaglioni d’agnello con stracotto di spalla e polenta dorata
Gnocco fritto con ricotta e cavolo nero: fonduta di parmigiano
Budino di nocciole tostate, con biscotto croccante al miele e cioccolata fondente
Sorbetti e piccola pasticceria

Ed ecco i preziosi suggerimenti del grande sommelier che, come vedremo, alterna vini francesi a quelli italiani. Si inizia con spumante italiano brut millesimato come un Ferrari Riserva del Fondatore ’88 o uno champagne Krug Clos du Mesnil ’85 o ’89. Si passa poi ai vini bianchi francesi quali Mersault Coche-Dury ’96, Chablis Gran Cru Valmur Raveneau ’98 e un Bêtard Montrachet Leffaive ’96. Per gli italiani andiamo in Trentino Alto Adige con un Blaspichl-Gewürztraminer, un Cervaro della Sala Antinori o, spiega Giorgio Pinchiorri, un altro vino siciliano o del Sud. “Comunque - continua – tutti vini non troppo vecchi, di due-tre anni, quattro al massimo, soprattutto per gli italiani”. Dopo, per il pesce e la pasta, tagliolini con la castagne, Pinchiorri vede bene un rosso giovane, che può essere, per i francesi, un vino dalla Borgogna (e ce ne sono ben 75 tipi a base di Pinot nero, tra questi un Romanée Saint Vivant Leroy o un Dominique Laurent ‘96) e anche per l’Italia non ci sono problemi: ne esistono tanti di vini doc o Igt. “Ma io direi visto che le castagne vengono dalla Lucchesia, di rimanere in Toscana, in onore dell’Ornellaia ’98 premiato dal Wine Spectator”. Per la carne, Pinchiorri torna in Francia “con un bel Bordeaux, come un Château Margaux ’90, che tra parentesi è italiano perché appartiene alla famiglia Agnelli”, dice il patron dell’enoteca fiorentina. “Per l’Italia – continua – abbiamo tantissimi vini, dal Nord al Sud, dal Barolo al Barbaresco, ma soprattutto qua vedrei bene un bel Sangiovese di Toscana, un Brunello di Montalcino ’90, Madonna del Piano Riserva, che per me uno dei più grandi brunelli”. Ancora: “Per lo gnocco fritto di ricotta e tartufo proseguirei con lo stesso rosso della carne, poi abbiamo il dolce che è accompagnato da altri mini dolci che cambiano di volta in volta, e sono al caffè, alla cioccolata, al frutto della passione. Qua vanno bene i numerosi vini da dessert francesi, dal classico Sauterne (come il Château d’Yquem) o alsaziano (come il Pinot Gris Muenchberg Ostertag ‘90) e in Italia, dalla Valle d’Aosta fino alla Sicilia ogni paesino ha un vino da dessert che può andare benissimo. Però, direi che in questo caso, per rimanere in Toscana, visto che c’è il predominio della nocciola, vedrei bene il classico Vinsanto, e per la precisione l’Occhio di Pernice di Avignonesi (annata ‘87-’88) che secondo me è uno dei migliori vini da dessert. Ma potrebbe andar bene anche un bicchierino di Moscato d’Asti, visto che ci sono anche i bambini”.
E per Capodanno ? Giorgio Pinchiorri descrive il menu: il fegato grasso preparato al momento, astice o delle piccole aragostine, zuppa di tartufo con della pasta dentro, poi la pasta a base di tartufo, come tortelli, cannelloni, lasagne, due secondi di carne tra lepre, fagiano, agnello o piccione. Infine un paio di dolci, uno tradizionale e uno innovativo. Per questo menu, occorrono grandissimi vini: “Ho sempre alternato – dice – un grande francese e un grande italiano”. Quindi, come per Natale, lo champagne Krug Clos du Mesnil ’88 o per gli spumanti italiani il Ca’ del Bosco Riserva o un Ferrari Riserva del Fondatore. Poi per i vini tre a scelta, o chi prende il menu degustazione, tutti, ovvero: Château Haut Brion bianco ’89 o un Montrachet di Lafon Comptes ’93, o un Gaia & Rey ’94. Poi i rossi: un grande Borgogna o un Sassicaia ’90, continuando ancora: un Château Mouton o Château Pêtrus ’82, o Solaia ’78. Per finire Château d’Yquem 1975 o Malvoisie di Nus 1979, “la perla”, come racconta con orgoglio Giorgio Pinchiorri.
E terminiamo proprio con un racconto che sembra una favola, come ben si addice in questi giorni. Giorgio Pinchiorri ha nella sua cantina un “tesoro”, appunto: la Malvoisie di Nus, località che si trova prima di Aosta arrivando in autostrada. E’ l’unico ristoratore a possedere questa “collezione” che arriva fino agli anni Ottanta. Ogni anno il sommelier si recava lassù, tra le montagne, a prelevare alcune bottiglie del vino da dessert realizzato da un sacerdote, don Augusto, ora scomparso. “La perpetua – racconta Pinchiorri – ne metteva via ogni anno alcune bottiglie e io in seguito sono riuscito ad acquistarle tutte. Sono l’unico ristoratore ad avere le annate quasi al completo”. Ma perché così tanto valore? “Il parroco aveva un vigneto sopra il cimitero, sopra, non sotto! – dice ridendo Pinchiorri -. L’uva doveva ghiacciare, ma non troppo, e allora Don Augusto usava degli speciali scaldini per mantenere una temperatura di notte che doveva abbassarsi, ma non troppo. E’ una perla enologica, un grande vino, un grande ricordo del passato”. E, aggiungiamo noi, una testimonianza di passione per il vino e per la sua cultura che ritroviamo per fortuna ancora oggi in persone come Giorgio Pinchiorri.
Donatella Coccoli

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