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Vino: a Venezia dall’uva dei Dogi al Venissa Rosso ... Venezia e la sua Laguna, simboli dell’Italia nel mondo, sempre più laboratori a cielo aperto di archeo-enologia, quella “branca” della produzione enoica che mira a riscoprire il passato per reinterpretarlo, “per puntare sempre più sull’esperienza e sull’emozione che chi è appassionato di vino ricerca, attraverso il recupero e il racconto di storie uniche”, come ricorda il produttore Gianluca Bisol. Che, dopo il recupero dell’uva Dorona, “l’uva dei Dogi”, sull’isola di Mazzorbo Burano, e la creazione del vino “Venissa” in versione bianca, ora raddoppia con il “Venissa Rosso”, che rinasce ancora una volta su un’isola, dove un tempo sorgevano le popolate Costanziaca e Ammiana, da una vigna di quasi tre ettari, di oltre 40 anni, piantata dagli Armeni, coltivata a Carmenère allevato a Guyot, prodotto in sole 4.476 bottiglie da mezzo litro, 188 magnum, 88 jeroboam e 36 imperiali. “E’ un vigneto piantato 40 anni fa dagli Armeni - spiega a WineNews Matteo Bisol, direttore di Venissa - che a Venezia hanno diversi possedimenti, affidati loro dalla Repubblica di Venezia dopo la fuga da Costantinopoli. Tra questi ci sono anche isole: la più famosa è San Lazzaro degli Armeni, e poi c’è questa piccola isola con vigneto i cui proprietari ci hanno chiesto di prendercene cura. A Venissa abbiamo piantato i vitigni, qui invece il vigneto era già maturo. Un’esperienza affascinante”. Ma anche il Consorzio Doc Venezia ha investito in ricerca sulla viticoltura della Laguna, ed in particolare a Torcello, dove è stato piantato un vigneto sperimentale “con tutte le varietà di vite ritrovate nella laguna - spiega a WineNews il professor Attilio Scienza - che abbiamo censito e di cui abbiamo mappato il Dna, con sorprese interessanti”. Ma il progetto, dice ancora Scienza, che prevede la creazione di un vigneto nel giardino del Convento dei Carmelitani Scalzi di Venezia e la produzione di un vino dallo stile simile a quello che si faceva a Venezia nel 1600, è prima di tutto un progetto di recupero storico. “Abbiamo ricostruito la storia del ruolo centrale di Venezia nel mercato del vino dal 1300 fino al 1700, che e’ un esempio virtuoso e utile che fa riflettere anche ai giorni nostri. Venezia fu tra le prime a capire che il vino andava venduto con il territorio, come fece con la Malvasia, che i veneti scoprirono nel mediterraneo orientale nella seconda crociata, e con la quale, nell’era della piccola glaciazione, conquistarono le tavole dei nobili di tutta Europa, puntando su questo vino dolce, medicamentoso e che si conservava bene, che veniva dal Mediterraneo. Ed e’ una storia affascinante perché poi, quando Venezia perde Creta, che nel frattempo era diventata il territorio più importante per la produzione di questo vino, spinge i suoi viticoltori a realizzare prodotti simili, dando il via alla diffusione delle tante malvasie, e anche vinsanti, che oggi abbiamo in Italia, e che sono tanto diverse tra loro”. La presentazione del libro che racconta tutto questo, e del progetto futuro, di scena il 10 ottobre a Torcello, a Venezia.

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