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AGRI-POLITICA

“Sovranità alimentare” e non solo: l’agricoltura nella visione del Governo Meloni

Le prime parole del Ministro Lollobrigida, e quelle dei leader dei partiti di maggioranza prima e dopo le elezioni, per il futuro del settore

Ancora, ovviamente, non ha emesso un solo provvedimento, non ha neanche giurato. Ma il Governo Meloni, se può avere un merito precoce, ha quello di avere riacceso il dibattito sull’agricoltura, non tanto con la nomina (come già avvenuto in passato, da parte di ogni schieramento, ndr) di un Ministro, Francesco Lollobrigida, tra i leader di Fratelli d’Italia, che in materia, per usare un termini vinicolo, è “novello”. Quanto con il rinominare il fu Ministero delle Politiche Agricole, Agroalimentare e Forestali in “Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare”. Termine, quest’ultimo, che, tra reazioni anche un po’ schizzofreniche, come tipico del dibattito politico italiano - con molti saltati subito a conclusioni affrettate, come se un Paese come l’Italia, il cui successo dell’agroalimentare made in Italy dipende sostanzialmente dall’export, e che è tra i maggiori contribuenti e beneficiari del sistema di tutela europeo delle Dop e Igp potesse di improvviso chiudersi su se stesso - e altre più pacate e per certi versi sorprendenti, almeno per chi ragiona ancora per visioni monolitiche “di destra e di sinistra”, come quella del fondatore Slow Food, Carlin Petrini - che ha preso tempo, saggiamente, per giudicare il Ministro, pur sottolineando, al quotidiano “Corriere della Sera” come la sovranità alimentare “valorizza i prodotti del territorio e la biodiversità. E oggi va sostenuta se pensiamo che la nostra realtà agricola sta morendo e che arrivano derrate di qualità discutibili. Se poi ci sono alcuni prodotti che il nostro territorio non produce o non ce ne sono a sufficienza, allora sì bisogna pensare a importarli” -, ha riportato quanto meno il tema agricolo al centro dell’attenzione, sulle primissime pagine dei giornali e nel focus dei talk show, come raramente accade. A dire la sua, in questi giorni, nei quotidiani nazionali, è stato lo stesso Ministro Lollobrigida: “sovranità alimentare non è un concetto fascista, ma un principio che nazioni con governi socialisti hanno addirittura inserito in Costituzione: penso all’Ecuador, al Venezuela. La denominazione è identica a quella del Ministero dell’Agricoltura francese. Lo abbiamo copiato perché la Francia ha la capacità di difendere i propri interessi nazionali. E credo che ogni nazione dovrebbe avere il dovere e il diritto di difendere le proprie eccellenze alimentari”, ha detto al quotiano “Corriere della Sera”. Mentre sul “Il Giornale”, Lollobrigida oggi spiega che “bisogna togliere il limite ai terreni incolti: abbiamo 1 milione di ettari coltivabili. Dobbiamo aumentare la resa delle produzioni attraverso un piano nazionale di coltivazione che non può prescindere da contratti di filiera chiari. Attivare una legge sulle pratiche sleali, affinché non ci siano schiacciamenti sull’anello debole della filiera, ovvero il produttore. Investire sull’innovazione e mettere un freno alla speculazione sulle materie prime come il grano. Difendere le proprie eccellenze alimentari è un dovere di ogni esecutivo. Il nostro obiettivo è tutelare l’economia agricola dalle aggressioni del mercato del falso che distorce miliardi di euro, rimettere al centro il rapporto con il settore per proteggere la filiera e il concetto di cultura rurale. Tutti i popoli hanno il diritto di definire le politiche agricole e alimentare. Anche gli italiani”, ha detto Lollobrigida. Che già, a luglio 2022, da Coldiretti, aveva riassunto così la visione del suo partito: “dobbiamo proteggere i prodotti italiani, sostenere uno dei settori più importanti dell’economia di questa nazione, avere un’Europa più forte nella difesa e nella programmazione, e che incida di meno per danneggiare altri settori per avvantaggiare altre nazioni”.
Una visione che non sorprende, dunque, di fatto, e che è in linea con quanto detto anche nel passato, più o meno recente, dai leader dei partiti che formano la coalizione al Governo, ovvero Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio e n. 1 di Fratelli d’Italia, ed i due vice premier, Matteo Salvini, guida della Lega e Ministro delle Infrastrutture, e Antonio Tajani, esponente di spicco dei Forza Italia e Ministro degli Esteri. Partiamo dalla Meloni, che, non casualmente, per la sua prima uscita, dopo il suo trionfo elettorale ha scelto la platea Coldiretti. Dove, tra le altre cose, ha parlato proprio di sovranità alimentare, definendolo un tema centrale per la filiera agroalimentare. La grande sfida che Italia ed Europa hanno davanti è un approccio pragmatico e serio alle catene di approvvigionamento. Perchè parliamoci chiaro: ci hanno raccontato per decenni che il libero commercio senza regole avrebbe risolto tutti i problemi, che la globalizzazione ci avrebbe reso più ricchi, avrebbe reso più democratici sistemi che lo sono meno del nostro, e che tutto sarebbe andato bene. Non è andata così, la ricchezza si è concentrata verso l’alto, che le autocrazie e i sistemi meno democratici hanno guadagnato campo nel mondo, e noi ci siamo indeboliti. Abbiamo scelto di non controllare più quello che era necessario controllare per decidere del nostro destino. Oggi - ha detto ancora Giorgia Meloni - ci accorgiamo che dipendiamo da tutti, per tutto. E quando questo accade vuol dire che il destino è legato a cose che non puoi controllare. Non vuol dire essere autarchici. Ma che l’Italia e l’Europa devono fare una strategia sul tema delle catene di approvvigionamento strategiche, ripensandolo, partendo da catene nazionali quando possibile, poi europee, poi ad alleanze con Paesi alleati e così via, ma devi controllarle le catene di approvvigionamento, altrimenti sei in balia degli eventi. E vale ovviamente per l’agroalimentare. Che è anche una questione di sicurezza, oltre che ad essere una di quelle attività non delocalizzabili, e che quindi aiuta a far crescere la ricchezza del Paese”.
Parole e concetti che, di fatto, riepilogano quanto previsto al capitolo “agricoltura” nel programma presentato agli italiani prima del voto del 25 settembre. O meglio nel punto 5 del programma di Fratelli d’Italia, dove si parlava di “Made in Italy e orgoglio italiano”, mettendo al centro la promozione dell’eccellenza italiana anche in campo enogastronomico. E di “Agroalimentare pilastro del sistema Italia”, dando come priorità il “contrasto all’introduzione di ogni strumento di classificazione dei prodotti pregiudizievole per l’agroalimentare italiano (Nutriscore), la promozione della dieta mediterranea e dell’agroalimentare di qualità contro i cibi sintetici, la lotta ai fenomeni di concorrenza sleale che penalizzano il nostro marchio agroalimentare (italian sounding)”, e citando anche la tutela della biodiversità, la ricerca, i contratti di filiera e non solo. Questa la visione di un partito la cui leader, Giorgia Meloni, in un’intervista a WineNews del 2009, quando era Ministro per la Gioventù nel quarto Governo Berlusconi, a proposito di un tema oggi attuale come non mai per il mondo del vino, come il dibattito sul rapporto tra alcol e salute, tra consumo e abuso, diceva: “non dobbiamo fare attenzione a non considerare l’alcol alla stregua delle droghe, perchè delle droghe fa male l’uso, dell’alcol fa male l’abuso. C’è una cultura dello sballo che sta dilagando tra le nuove generazioni che non tiene conto, però, di quello della sostanza che usa. Noi abbiamo un rapporto con l’alcol legato ad una cultura mediterranea, moderato, legato ai pasti, conviviale e che fa parte della nostra identità, ma si sta affermando una cultura del bindge drinking che appartiene ad una cultura che non è la nostra, più nord europea, che racconta di una debolezza strutturale di parte dei giovani. Dobbiamo investire sul ritorno ad una cultura mediterranea al rapporto con l’alcol”. La stessa Meloni che, nel 2019, a Vinitaly, nello spazio della griffe del Lambrusco, Ceci, dove, tra le altre cose, si era definita “appassionata di vino, punto di riferimento e assoluto tesimonial dell’eccellenza italiana nel mondo”, sottolineando la forza degli imprenditori del vino come ambasciatori del made in Italy, “nonostante uno stato che fa di tutto per mettere loro il bastone tra le ruote”.
Tornando a Forza Italia ed a Tajani, invece, sempre da Coldiretti, nel luglio 2022, il neo vicepremier e Ministro degli Esteri, aveva riassunto così la visione dell’agricoltura di Forza Italia: “siamo per una politica agricola che sia compatibile con la lotta al cambiamento climatico. Vanno riviste, vista la situazione (eravamo in piena emergenza grano, che poi non è mai mancato, olio di semi e così via per la guerra tra Russia e Ucraina, ndr), sia il “Farm to Fork” che la Pac. Va affrontata in maniera forte la situazione relativa alla siccità e all’uso dei fitofarmaci. Va introdotta una produzione guardando anche alle Tea, le tecniche di evoluzione assistita, che non sono Ogm, per piante più resistenti alle malattie e alla siccità”. Così parlava Antonio Tajani, caldeggiando anche interventi dall’Unione Europea “per la tutela dell’alimentazione europea, cioè autosufficienza alimentare e agroalimentare Europea”. E ribadendo anche il no al “Nutriscore” perchè “va a colpire al cuore la dieta mediterranea, e noi la difendiamo non solo perchè sostenitori del made in Italy e della qualità italiana, ma perchè siamo convinti che faccia bene alla salute”. Ed invocando anche regole per la reciprocità sul fronte dell’import/export, con una visione a difesa di un’agricoltura che “deve continuare ad essere fiore all’occhiello della produzione agroalimentare, e anche per questo spingeremo le nostre imprese ad acquistare italiano per sostenere la nostra agricoltura”. Anche qui, parole perfettamente in linea con il programma elettorale poi presentato da Forza Italia, dove nel capitolo “agricoltura” si parlava di rafforzamento della filiera agroalimentare italiana; no definitivo al Nutriscore: promozione di un piano strategico Re-food Eu per la sicurezza alimentare, per la competitività delle nostre imprese e per sostenere la produzione agricola europea; sostegno all’innovazione in agricoltura con nuove biotecnologie agrarie; agrofarmaci: studio di adeguate ed efficaci alternative che evitino il crollo delle produzioni agricole a seguito della misura proposta dalla Commissione Unione Europea di ridurre gli agrofarmaci del 50% entro il 2035; promozione dei marchi di qualità; contrasto ai danni causati dalla fauna selvatica e peste suina; no all’inserimento del gasolio per agricoltura e pesca nella lista dei cosiddetti sussidi ambientalmente dannosi; attuazione delle nuove leggi sul biologico e sulle pratiche sleali approvate dal Parlamento.
Meno “prolifico” di dichiarazioni sul tema agricolo, in tempi recenti, invece, è stato Matteo Salvini, che, nel totoministri, è stato più volte ipotizzato come titolare dell’Agricoltura, prima di approdare alle Infrastrutture. Lo stesso Salvini che, nel 2018, alla platea di Confagricoltura, aveva parlato di viticoltori, contadini e pescatori come di “eroi”, puntando il dito soprattutto sulla sburocratizzazione. Ma anche il programma agricolo della Lega sembra in linea con quello di Fratelli d’Italia e Forza Italia, visto che in campagna elettorale il partito di Salvini si proponeva di impegnarsi “nella difesa del budget riservato alla promozione dell’agroalimentare sui mercati dei Paesi terzi; nella richiesta di tutelare il mercato europeo dalle importazioni che non rispettano uguali standard produttivi e di rispetto dei diritti del lavoro; nel vigile controllo sulla sottoscrizione da parte dell’Unione Europea di accordi commerciali di libero scambio, affinché non aprano le porte del mercato unico a settori agricoli di Paesi terzi naturalmente competitivi per la loro poca ambizione verso standard produttivi analoghi a quelli europei”. Ed ancora, tra gli obiettivi, quello di “tendere ad una maggiore autosufficienza e garantire la sicurezza alimentare del Paese è un obiettivo strategico, dobbiamo puntare a tener tenacemente aperta la trattativa con la Commissione europea per una verifica degli impegni relativi all’architettura verde della nuova Pac che potrebbero penalizzare eccessivamente il potenziale produttivo delle aziende”. Altro cardine delle proposte della Lega (che piace anche a Forza Italia e Tajani, ndr) è “l’utilizzo del voucher in agricoltura in maniera stabile, che risponda alle necessità di tracciamento del pagamento e che sia reso più efficace rivedendo alcune limitazioni del passato. È uno strumento che potrebbe coinvolgere ed aiutare milioni di italiani, anche in difficoltà, nella ricerca di lavoro”. Insomma, almeno sul fronte agroalimentare, emerge una sostanziale unità di visione e di intenti da parte delle forze di Governo. Al quale intanto sono arrivati i complimenti e gli auguri delle principali organizzazioni di settore.

Focus - La visione di Slow Food: “la sovranità alimentare è un diritto che riguarda tutti gli individui, quanto mai attuale oggi”
“La sovranità alimentare non è sinonimo di autarchia: è il diritto dei popoli a determinare le proprie politiche alimentari senza costrizioni esterne legate a interessi privati e specifici. È un concetto ampio e complesso che sancisce l’importanza della connessione tra territori, comunità e cibo, e pone la questione dell’uso delle risorse in un’ottica di bene comune, in antitesi a un utilizzo scellerato per il profitto di alcuni” dichiara Barbara Nappini, presidente Slow Food Italia.
Nel 2008, l’International Assessment of Agricultural Science & Technology for Development (IAASTD) - panel intergovernativo con il patrocinio delle Nazioni Unite e della Banca Mondiale - ha definito la sovranità alimentare come “il diritto dei popoli e degli Stati sovrani a determinare democraticamente le proprie politiche agricole e alimentari”. Ma questo concetto fondamentale è stato introdotto più di dieci anni prima da Via Campesina, movimento internazionale che coordina le organizzazioni contadine dei piccoli e medi produttori, dei lavoratori agricoli, delle donne rurali e delle comunità indigene dell’Asia, dell’Africa, dell’America e dell’Europa.
“Un concetto quanto mai attuale oggi, che ci riguarda tutti: non a caso da molti anni Slow Food si occupa di sovranità alimentare, supportando e promuovendo in tutto il mondo i sistemi locali del cibo, fortemente legati ai territori, basati sulle connessioni, sulle comunità, in grado di combattere lo spreco alimentare, di valorizzare la produzione di piccola e media scala e di proteggere la biodiversità. Sistemi di produzione a bassi input esterni e ad alto tasso di competenze, creatività e buone pratiche” conclude Barbara Nappini.

Focus - Le organizzazioni delle imprese agricole al Governo: taglio della burocrazia, bollette, tutela del made in Italy e no al Nutriscore sono le priorità

Tra i primi ad esprimersi sul nuovo Governo, dal mondo del vino, con una visione che di fatto riflette quella della filiera, è il Consorzio Vino Chianti, uno dei più grandi ed importanti d’Italia, guidato da Giovanni Busi, che chiede al nuovo Esecutivo di “tagliare e semplificare la burocrazia, intervenire in maniera decisa sui costi energetici per ridurre il caro bollette e introdurre una moratoria sui mutui per dare una boccata di ossigeno alle imprese”. Anche il comparto vitivinicolo, sottolinea il Consorzio del Chianti, sta soffrendo l’aumento dei costi energetici e i rincari delle materie prime, per questo tra le priorità del Consorzio c’è l’intervento sul fronte energetico. “A causa della crisi energetica questo è un momento veramente difficile per le nostre imprese - spiega Giovanni Busi, presidente del Consorzio Vino Chianti - in alcuni casi i viticoltori si trovano a dover decidere se pagare le bollette o pagare i fornitori. Questa è qualcosa di inaccettabile, è necessario che il nuovo Governo metta subito in campo misure sui costi energetici. In parallelo per dare sollievo alle imprese che si stanno accollando i rincari, chiediamo di introdurre immediatamente una moratoria su tutti i mutui”. Come terzo elemento, il presidente del Consorzio Vino Chianti torna su uno dei problemi strutturali del Paese. “Una cosa che ormai ci attanaglia da anni - spiega - è la burocrazia. È necessario sburocratizzare il più possibile, e ciò significa soprattutto ridurre le operazioni da fare”.
“Apprezziamo la scelta di accogliere la nostra proposta di cambio del nome del Dicastero - ha detto, invece, il presidente Coldiretti, Ettore Prandini - che significa nei fatti un impegno per investire nella crescita del settore, estendere le competenze all’intera filiera agroalimentare, ridurre la dipendenza dall’estero e garantire agli italiani la fornitura di prodotti alimentari nazionali di alta qualità. Sfruttare i fondi del Pnrr per garantire la sovranità alimentare, ridurre la dipendenza dall’estero e ammodernare la rete logistica; difendere i 35 miliardi di fondi europei oggi a rischio; no al Nutriscore, al cibo sintetico e agli accordi internazionali sbagliati che penalizzano il made in Italy: fermare l’invasione di cinghiali; realizzare un piano invasi per garantire acqua in tempi di siccità sono le priorità per il nuovo Governo indicate dalla Coldiretti. Bisogna intervenire subito sui rincari dell’energia che mettono a rischio una filiera centrale per le forniture alimentari delle famiglie che, dai campi alla tavola, vale 575 miliardi di euro, quasi un quarto del Pil nazionale, e vede impegnati ben 4 milioni di lavoratori in 740.000 aziende agricole, 70.000 industrie alimentari, oltre 330.000 realtà della ristorazione e 230.000 punti vendita al dettaglio”.
“Il nuovo Governo dia al settore agricolo il giusto peso nella vita del Paese. I gravi problemi economici che stanno investendo l’Italia non risparmiano l’agricoltura, anzi - ha detto, dal canto suo, la Cia-Agricoltori Italiani - è proprio questo settore che sta pagando uno dei prezzi più alti, stretto tra gli aumenti delle materie prime e dell’energia e dal contrasto degli aumenti per i consumatori. Se si ferma l’agricoltura si rischia, infatti, di far frenare tutta la filiera agroalimentare del made in Italy. Occorre, dunque, una politica forte a Bruxelles che contrasti, in primis, l’introduzione di uno strumento inutile e dannoso come il Nutriscore. Nel solco della transizione ecologica Cia chiede, inoltre, che non si penalizzi il solo settore agricolo, come rischia invece di avvenire con la proposta di regolamento Ue sui fitofarmaci, che noi bolliamo come inaccettabile”.
“Ci attendono sfide importanti”,ha aggiunto il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, nel congratularsi con Lollobrigida e dicendosi certo che che condividerà con il mondo agricolo il ruolo strategico dell’agricoltura per l’economia del Paese. Dovremo metterci subito al lavoro per rispondere alle esigenze delle aziende agricole che sono chiamate in questo difficile momento a dare risposte in termini produttivi, alle prese con le insidie dettate dai mercati e dalla situazione geopolitica in atto”.
“La cooperazione agroalimentare è pronta ad avviare con il Ministro Lollobrigida un confronto costante e una proficua collaborazione per affrontare tutte le sfide che attendono il settore agroalimentare”, ha detto dal canto suo il presidente di Alleanza Cooperative Agroalimentari Carlo Piccinini.

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