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IL REPORT

L’export agroalimentare italiano corre: vendite a +6% nel primo semestre 2025. Ma i dazi ora pesano

Nomisma per Italia del Gusto: il vino passato da +17% del primo trimestre a -10% nel secondo. Pantini: “effetti non circoscritti al solo mercato Usa”

In una geografia del commercio internazionale più fragile, tra dazi e oscillazioni delle materie prime, l’export del food & beverage italiano conferma la propria centralità nel posizionamento internazionale dell’Italia e anche nel primo semestre 2025 continua a correre: dopo il record 2024 (+9%, oltre 58 miliardi di euro), le vendite all’estero dei trasformati alimentari nei primi sei mesi crescono ancora del +6%. A trainare i valori è anche l’effetto-prezzi: l’anno scorso l’olio d’oliva ha segnato un boom di +43% a valore a fronte di un modesto +6% in volume, dinamica che nel primo semestre 2025 ha interessato anche caffè e cioccolato, con forti rincari delle rispettive commodity (+73% e +27%). Bene, in quantità, i prodotti lattiero-caseario, bakery e acque minerali, mentre sono in calo, invece, vino, aceti e spirits. È la fotografia scattata dall’Osservatorio Nomisma per Italia del Gusto, nell’Idg Export Meeting a Villa Berio a Vecchiano (Pisa), l’appuntamento annuale dedicato all’export agroalimentare italiano.
Con un focus sui mercati chiave a partire dagli Stati Uniti, dove sono già evidenti gli impatti delle nuove politiche commerciali con dazi (attualmente) al 15%: secondo Nomisma, infatti, l’export del food & beverage italiano oltreoceano nel primo semestre si attesta sul +11,7% su un anno fa, con lo Stivale che è il terzo fornitore degli Usa con una quota del 5,7%, dietro a Canada (20,7%) e Messico (17%). Ma come viene evidenziato dallo studio, all’anticipazione delle spedizioni pre-dazi che ha fatto segnare +14% nel primo trimestre, diversi segmenti hanno poi frenato nel secondo trimestre, come per esempio il vino, passato da +17% a -10%, ma anche i formaggi, scesi dal +18% al -41%.
Oltre a questa registrata penalizzazione per le due singole filiere (con il rischio della perdita di quote di mercato), tra le possibili ripercussioni delle nuove politiche commerciali Usa, come evidenziate da Nomisma, viene ipotizzato anche un aumento dei prezzi a scaffale negli Stati Uniti fino al +20%, con rischio di erosione di competitività rispetto ai concorrenti, oltre ai possibili effetti indiretti anche su altri mercati di sbocco, a causa della ridistribuzione dei flussi commerciali globali.
Inoltre, secondo una stima del report, con i dazi Usa al 15%, le esportazioni di vino calerebbero del -10%, dietro a derivati del pomodoro (-13%) e davanti ai formaggi (-9%). Ma stando a un sondaggio Nomisma, anche se le tariffe doganali Usa dovessero aumentare al 20%, il 52% del campione intervistato dichiara che continuerebbe ad acquistare regolarmente vino italiano, mentre un 40% ridurrebbe la frequenza di acquisto e solo l’8% smetterebbe di comprarlo.
Per quanto riguarda l’Europa invece, la Spagna si conferma un mercato in forte crescita e che ha fatto registrare il +12,9% di acquisti dall’Italia, con boom per formaggi (+65%) e bakery (+55%). Va bene lo Stivale anche in Polonia con +15,7% nel semestre, trainato da cioccolata (+33%), prodotti da forno (+28%) e formaggi (+23%).
“Lo scenario di mercato a livello globale evidenzia un’alterazione negli scambi di prodotti alimentari, in larga parte determinato dagli impatti della nuova politica commerciale dell’amministrazione americana e i cui effetti per l’Italia non si circoscrivono al solo commercio diretto verso gli Stati Uniti, ma si espandono anche agli altri mercati di sbocco del nostro food & beverage - ha spiegato Denis Pantini, responsabile Agrifood Nomisma - lo sviluppo di nuovi mercati in una logica di maggior diversificazione diventa quindi prioritario in questo nuovo contesto geopolitico, da raggiungere sia attraverso il supporto istituzionale (ad esempio mediante nuovi accordi di libero scambio), ma anche mediante sinergie promozionali e commerciali tra imprese”.
Per un settore, quello agroalimentare italiano, che nonostante tensioni geopolitiche e nuove barriere commerciali continua a rappresentare uno dei motori più solidi della bilancia commerciale del Paese, come ha ribadito Alberto Volpe, dg Italia del Gusto, primo consorzio privato di imprese italiane operanti nel settore alimentare e vinicolo, che rappresenta, ad oggi, 30 aziende associate e 37 brand, con un fatturato aggregato di 25 miliardi di euro e 55.000 dipendenti: “i dati confermano la resilienza del nostro export, ma anche la necessità di strategie comuni - ha detto - senza mercati più aperti e senza una forte regia istituzionale e associativa, l’Italia rischia di perdere quote in segmenti chiave”.

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