Vino e giovani, i “millennials” d’America “pesano” molto di più di quelli d’Italia: secondo una recente indagine di Wine Monitor Nomisma, negli States rappresentano il 42% dei consumi (stimati in 30 milioni di ettolitri di vino), quasi quanto i “baby boomers “(30%) e la “Gen X” (20%) messe insieme, mentre nel Belpaese i consumatori più giovani valgono appena l’11% dei 22 milioni di ettolitri consumati, ancora meno degli over 70% (17%), e lontanissimi da “boomers” (38%) e “X” (34%). Ma non sono solo queste le differenze tra i giovani consumatori di vino italici e quelli americani. Per quelli del Belpaese, per esempio, il primo criterio di scelta è di gran lunga il tipo di vino (varietale o denominazione) con il 51%, seguito dal Paese o territorio di origine (21%), dal prezzo (11%), dalla notorietà del brand del produttore (10%), e solo ultimo il packaging (5%).
Meno netta la classifica di priorità dei “millennials” americani, che mettono al primo posto tra i criteri di scelta la notorietà del brand del produtttore (31%), poi la tipologia di vino (21%) appena davanti al prezzo (20%), e ancora il Paese o territorio di origine (15%), e infine il packaging (10%).
Diverse, ancora, anche le direttrici che secondo i giovani guideranno i prossimi trend di consumo: in Usa si parla soprattutto di vini sostenibili (29%), poi di vini da vitigni autoctoni (17%) e infine di vini bio (15%), mentre in Italia i vini da vitigni locali sono al vertice (31%), seguiti dai vini sostenibili (26%), e infine al bio (18%).
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