Cosa rende un grande vino un vero e proprio mito? Prima di tutto la qualità, quindi la sua storia, fondamentale, poi il riconoscimento della critica, ma un altro elemento imprescindibile è la sua esclusività: certe bottiglie, al di là del prezzo, non si trovano ovunque e non si stappano ovunque, a maggior ragione se si parla di grandi formati e vecchie annate. In questo senso, “Wine Lister” ha analizzato la profondità delle carte dei vini dei 150 migliori ristoranti al mondo, proprio in termini di annate e grandi formati, mettendo in fila 21 griffe del vino mondiale, tra cui spiccano ben 12 italiani. Se al n. 1 c’è il Bodegas Vega-Sicilia Unico, presente in 71 ristoranti con 35 annate/formati diversi, sul gradino più basso del podio, dietro al Trimbach Riesling Clos Saint Hune (Alsazia), troviamo il Parusso Barolo Bussia, con 31 annate/formati diversi. Una profondità, nelle wine list dell’alta ristorazione, di cui possono farsi vanto anche altre griffe di spicco del Piemonte enoico, come il Bartolo Mascarello Barolo ed il Gaja Barbaresco, a quota 30 annate/formati diversi, ma anche il Giuseppe Mascarello e Figlio Barolo Monprivato (24). Bene anche il Soldera Case Basse (22) e, restando a Montalcino, il Cerbaiona Brunello di Montalcino, con 21 annate/formati diversi, come il Dal Forno Romano Valpolicella Superiore. A quota 19 c’è il Domenico Clerico Barolo Ciabot Mentin, con un mito come Ornellaia che segue a 18 annate/formati diversi nelle carte dei vini dei 150 migliori ristoranti del mondo, dove possiamo trovare anche 17 diversi Rocche dei Manzoni Big ’d Big e ben 16 declinazioni de Il Marroneto Brunello di Montalcino Madonna delle Grazie e di Ca’ del Bosco Cuvée Anna Maria Clementi.
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